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UN VALLO DI STORIE – 1869, Vallo di Diano presente all’inaugurazione del canale di Suez con Giovanni Florenzano

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Dal 7 ottobre 2023 il mondo segue con il fiato sospeso le vicende dell’attacco di Hamas contro Israele sia per le vittime provocate quel giorno (1194 e250 prigionieri), sia per la reazione di Israele contro i Palestinesi che vivono nella striscia di Gaza. Da allora per dimostrare il loro sostegno a Gaza, gli Huthi stanno intensificando gli attacchi nel mar Rosso contro navi commerciali che considerano legate a Israele.  Sempre più navi da tutto il mondo evitano di passare per il canale di Suez che non è più sicuro proprio a causa dell’aumento degli attacchi Huthi. Un duro colpo anche in campo economico e sociale per l’Egitto ma anche per le compagnie di navigazione che utilizzano il canale.

1869, inaugurazione del Canale di Suez

Perché il canale di Suez è così importante per la navigazione? E come si giunse alla sua realizzazione? Fu realizzato nel XIX secolo per mettere in comunicazione il Mediterraneo col Mar Rosso, tagliando l’istmo per una lunghezza di 169 chilometri. Per la sua realizzazione ci vollero venti anni. Il progetto iniziale, nato da un’idea del francese Ferdinando Lesseps, fu firmato da un italiano, l’ing. Luigi Negrelli di Mondelba, che diresse i lavori fino al 1858, anno in cui morì. Il canale fu inaugurato il 17 novembre del 1869 con una grande manifestazione alla quale parteciparono importanti personalità provenienti anche da diversi paesi europei tra i quali l’imperatore d’Austria, l’imperatrice di Francia, i principi di Prussia, d’Olanda ed uno stuolo di diplomatici più o meno illustri. Una nota di colore fu rappresentata da un nutrito gruppo di giovani blasonati napoletani, definiti dai giornalisti “elegantissimi, attillatissimi, che fanno gruppo a parte e sembrano anzi evitare il contatto col resto dei viaggiatori. Tengono le mani imprigionate in guanti freschissimi, i piedi imprigionati -nel vero senso della parola- in stivali lucentissimi”.

Festeggiamenti per l’inaugurazione del Canale di Suez
Prime navi ad attraversare il Canale di Suez

Anche in Italia la pubblicistica fece da cassa di risonanza all’iniziativa in quanto era forte la convinzione che il canale avrebbe consentito di accorciare i tempi del trasporto di qualsiasi tipo di merci consentendo notevoli fortune ai paesi europei e, in particolare, all’Italia. Non a caso i giornali del nostro Paese fecero a gara per assicurarsi i servizi dei giornalisti che ebbero la possibilità di recarsi in Egitto. Tra i giornalisti italiani presenti il più noto era Ruggero Bonghi, direttore della Perseveranza di Milano, deputato e ministro, docente universitario e membro del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione che diventerà famoso anche nel Vallo di Diano perché fu lui a proclamare la Certosa di Padula “monumento nazionale”. Piace ricordare il monito che lo stesso Ruggero Bonghi pronunciò nel 1888 quando, da ministro, visitò insieme a Giovanni Camera la Certosa di Padula: “Facciamoci a dirlo chiaro, edifici così vasti non si mantengono, checché vi si spenda, se non si usano”. Un monito che mantiene intatta la sua validità!.

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Giovanni Florenzano

A Suez c’era anche Giovanni Florenzano, avvocato e giornalista originario del Vallo di Diano, che si recò in Egitto a proprie spese e vi rimase due mesi. Dall’Egitto Giovanni Florenzano inviò sette lettere (oggi diremmo servizi) al giornale Riforma di Firenze, quattro al Pungolo di Napoli, considerato uno degli artefici dell’organizzazione politica ed elettorale della Sinistra campana, e due al Popolo Italiano di Genova. L’arrivo in Egitto era atteso non senza timore soprattutto per verificare la tenuta del canale; invece, tutto andò per il meglio tanto che nella lettera del 19 novembre, inviata al deputato Oliva per la Riforma di Firenze, dopo una riflessione sui risultati immediati determinati dalla riuscita dell’impresa, Florenzano scrive: “Tutta l’Europa temeva che le navi non potessero entrare nemmanco nel Canale e in Alessandria d’Egitto e trovammo avvalorati i medesimi timori. Però con tutte queste previsioni, il giorno 17, come era annunziato orbi et urbi, entravano solennemente le navi di molte nazioni dallo sbocco di Port Said nel Canale…Non parea vero che 37 legni, quanti ne son giunti fino a ieri, potessero traversare la lunga linea da Port Said a Ismailia”. In un’altra corrispondenza inviata all’avv. Luigi Priario per il Popolo Italiano di Genova lo stesso Florenzano, letteralmente affascinato dall’Egitto, dopo avere precisato di non avere attraversato il canale a bordo di un battello, bensì in treno su una ferrovia costruita da poco, scrive: “Viaggiammo per 14 ore è vero, ma se tu sapessi ciò che si vede, ciò che si ammirò per via, avresti invidia anche della polvere da noi respirata…Eravamo in un treno lunghissimo almeno 500 persone. Bisogna sapere che su quel treno, espresso per gli invitati, non si paga nulla, come nessuno paga nulla oggi, domani, e per molti giorni”.

Ma soprattutto, Giovanni Florenzano era rimasto affascinato dal palazzo di S.A. il Khédive che aveva avuto modo di ammirare in occasione del gran ballo dato dal Vice-Re di Egitto ai Sovrani presenti e a tutti gli invitati. Nel tracciare un bilancio del suo viaggio così prosegue: “…Forse fra 50 anni il telegrafo ed il vapore, le colonie estere, l’istruzione, e speriamo anche il governo di Ismail Pascià, potranno redimere questo popolo di selvaggi dalla abbiezione e dalle tenebre in cui vive. A siffatto risorgimento contribuiranno, io ho fede, i nostri viaggi di oggi, richiamando l’attenzione dell’Europa su questa bella parte dell’Oriente. Da questo punto di vista il nostro viaggio non è solo una curiosità, non è solo un diletto artistico, o una cognizione storica, ma è uno studio di paesi e di popolazioni, di avanzi antichi e di costumi moderni…Da questo studio trarremo molti insegnamenti per noi, e sarà felice quegli che con la penna o con la parola avrà meglio dipinto il ritratto di questo paese, o gli avrà procurato maggiori simpatie nella civile Europa”.

Apertura del Canale di Suez

Al momento di lasciare l’Egitto per fare ritorno in Italia, Florenzano scrive: “…Provo una emozione grandissima. Ci accompagneranno le memorie dell’Oriente per tutta la vita, ma noi anche di lontano manderemo a questo classico paese i voti più caldi per la sua redenzione. Né i miei voti sembrino una poesia. L’istmo stringeva due grandi contrade, l’Asia e l’Africa, sottraendole alla civiltà del mondo. Il canale oggi le ha divise, ed il Mediterraneo vi è entrato coi tesori della civiltà europea. Chi non vede in questa promessa lo innesto della libertà?… È la legge suprema delle nazioni che fa il suo corso e ricorso, è l’umanità che cammina verso un polo fatale, e spezza sulla sua via le catene dello schiavo e le barriere della corruzione”. Che Giovanni Florenzano avesse correttamente valutato l’importanza del canale lo dimostra una successiva iniziativa di Giuseppe Mazzini che due anni dopo, nel 1871, pubblicherà un saggio sulla Politica Internazionale in cui chiama l’Europa ad incivilire le regioni africane.

Giovanni Florenzano visto da Enrico Coiro

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Giovanni Florenzano era nato a Salerno il 3 gennaio del 1840. Primogenito di Candido, originario di Rivello, docente di medicina all’Università di Napoli, e di Francesca Carimando, figlia del notaio Antonio e della gentildonna Irene Ciliberti. Quindi, fu santarsenese per parte di madre. Sia il padre che il nonno Giovanni erano stati degli illustri personaggi nel campo medico; il padre Candido fu docente di Medicina Pratica nella Regia Università di Napoli, socio di accademie scientifiche, presidente della Commissione vaccinica di Basilicata, era amico degli alchimisti Antonio Cardarelli e Domenico Ridola, il nonno farmacista di Rivello e dei paesi limitrofi. Trascorse la sua infanzia in un ambiente alto-borghese e di rigidi principi morali; sin da ragazzo sviluppò un’estrema curiosità per tutto ciò che lo circondava e, aiutato dalla sua innata intelligenza e da una spiccata intuizione creativa, ebbe la possibilità di farsi conoscere ed apprezzare in svariati campi sia sociali che culturali. Dimostrò una capacità immediata nel passare dall’idea all’azione: pensiero e coraggio lo spinsero a tentare con successo l’arte dello scrivere sia nel campo giornalistico che letterario. Dopo gli studi umanistici, che completò presso il Collegio di Montecassino, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza della “Federico II” di Napoli, laureandosi a soli 21 anni; si iscrisse all’Ordine degli Avvocati di Napoli e svolse il praticantato presso il penalista napoletano Enrico Pessina.

La passione per la politica lo portò ad essere uno degli animatori del Movimento Liberale anche nel Vallo di Diano e a Sant’Arsenio organizzò un folto gruppo di armati santarsenesi, che accorsero incontro al Generale Garibaldi, a Sala, il 5 settembre 1860. A Garibaldi dedicò la cantata dall’Etna al Vesuvio, rappresentata al Real Teatro di San Carlo in Napoli il 6 settembre 1861 in occasione del primo anniversario della spedizione dei Mille. Tra i suoi scritti figurano poesie, romanze, orazioni, inni e canti, composti tra il 1859 ed il 1869. Pubblicò poi una raccolta di inni, idilli e cantate dal titolo Patria e Amore (1862). Compose altresì Idillio (1860), A Lisa e La Giovinezza (1862). Nel 1871 sposò la nobildonna Agnese Costa, figlia di Don Domenico e donna Maria Giuseppa Mele di Sant’Arsenio. A seguito della scomparsa della consorte, nel 1895 in seconde nozze sposò donna Rachele de Magistriis, figlia di don Michele e donna Grilli Anna originaria di Sulmona. Fu proprio la triste condizione dei contadini del Vallo di Diano e della vicina Basilicata a spingerlo a dare alle stampe, nel 1874, il suo lavoro editoriale più importante, “Dell’emigrazione italiana in America, studi e proposte”, che ancora oggi è un punto di riferimento per chi intende dedicarsi agli studi sull’emigrazione.  

Notevole il suo impegno in politica che, sempre a Napoli, gli valse la carica di Vice-sindaco del quartiere Vicaria, poi consigliere ed assessore comunale. A lui si deve il riordino della statistica municipale sotto l’amministrazione Giusso, e per un anno diresse, sindaco Nicola Amore, l’assessorato per l’istruzione secondaria. Nel 1877 pubblicò un breve ma incisivo saggio “Sulle condizioni morali e politiche del Paese” in cui affrontò problematiche di cui si discute ancora oggi: pubblica istruzione, lotta alla criminalità e alle mafie, legalità e riforma della Legge elettorale. Nel 1886 venne eletto Deputato al Parlamento del Regno nella XVI legislatura (1886-1890), per il Collegio Salerno III. Di cultura polivalente, si mostrò particolarmente preparato nelle questioni di statistica e di diritto amministrativo. Il suo impegno per il Vallo di Diano si concretizzò con la creazione di una Banca Popolare Agricola del Circondario di Sala Consilina, Società Anonima Cooperativa di Credito. Sollecitato dagli amici di partito e dagli amministratori locali s’interessò a che fosse realizzata la costruzione della ferrovia Sicignano-Lagonegro (1884-1892). Nel 1884, a seguito del colera che aveva colpito Napoli, si mostrò disponibile e generoso verso gli ammalati. A lui è ascrivibile la fondazione nell’ex convento di Sant’Antonio a Tarsia, della scuola di lavoro. E quando il morbo non era ancora definitivamente scomparso, a lui si deve il primo lavoro sulla necessità della bonifica della città intitolato “Bisogna sventrare Napoli”. In riconoscimento dei suoi indiscussi meriti politici e professionali, su proposta del Ministro di Grazia e Giustizia, fu nominato Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia. Morì nel 1916 a Sant’Arsenio.

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