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Intervista a Paolo Portoghesi (II parte) – Il fiume e la Certosa, i due cardini del progetto Città Vallo

di Antonia Marmo

Professor Portoghesi, riprendendo il filo del nostro colloquio, da dove cominciaste nella progettazione?

Il punto di partenza fu quello di rendere più semplice e più breve il tragitto tra i vari centri abitati e quindi ricorremmo a questa immagine geometrica del grafo, che è appunto una struttura geometrica che unisce una serie di punti. Pensammo ad una rete stradale fatta ex novo, utilizzando il più possibile la struttura esistente, che già si prestava perché fatta di molte strade rettilinee in questo territorio pianeggiante”.

Anche il fiume doveva avere un ruolo centrale per voi?

“Sì. Pensammo subito alla valorizzazione del fiume come asse del progetto della città futura. Il fiume è sempre stato una struttura fondamentale della nascita delle città, una risorsa da cui partire, tanto è vero che anticamente le città senza fiume erano città limitate nelle loro possibilità. Nelle città tradizionali, però, si presupponeva un’aggregazione tutta intorno al fiume, noi pensammo invece di regolarizzarne il percorso in parte e di farne un elemento unificante, anche un po’ spettacolare, un attrattore sia per i vari paesi in chiave locale che in una logica di turismo più esteso. Si trattava in fondo di creare qualcosa di nuovo, mettere una struttura rimasta in un certo senso nei secoli lontana dallo sviluppo della civiltà e invece dargli una funzione centrale propositiva e quindi capace di attrarre l’interesse di gente da fuori. Il fiume e la Certosa di Padula sono stati fin da subito due cardini del progetto: anche la Certosa sarebbe diventata il fulcro di una serie di altri momenti paesaggistici di grande rilievo e di grande interesse”.

Disegno del centro agricolo-commerciale che comprende diverse funzioni di scambio

E poi per questa struttura a grafo e nodi, rappresentati dai vari paesi, avevate pensato anche delle porte… Come erano configurate, che funzione avevano nella logica del piano?

“Sì, una delle soluzioni più ovvie nella creazione di una città è quella di pensare alle porte. Avevamo pensato a delle porte di ingresso, anche come strutture architettoniche, ma non le abbiamo mai definite perché poi questo progetto è stato troncato proprio nel momento in cui stava per diventare più promettente in vista di una realizzazione”.

Che cosa puntavate a fare con questo piano urbanistico?

“Cosa pensavamo di fare con questo piano urbanistico? Innanzitutto valorizzare l’aspetto agricolo, realizzare all’interno della vale delle strutture che consentissero di affrontare l’agricoltura nel modo più avanzato e innovativo possibile, utilizzando i mezzi tradizionali ma anche tutte le possibilità che erano offerte dalla tecnologia, già si prospettava in fondo una trasformazione dell’agricoltura. Non c’era ancora la moda dell’agricoltura biologica, ma quello che noi avevamo pensato era più o meno questo, cioè valorizzare le tradizioni, stando al centro di un territorio ricchissimo di tradizioni. Tra l’altro proprio nel libro citato è presentata una indagine preliminare volta a individuare una tradizione architettonica che effettivamente era caratteristica dell’area, una tradizione dell’architettura minore con alcuni elementi propri, per esempio l’invenzione molto significativa di un pilastro-lesena angolare a forma di freccia che poi abbiamo adottato nel progetto delle case popolari”.

Chi fece i rilievi fotografici?

“Il rilievo fotografico fu fatto personalmente da me, amando io la fotografia per descrivere l’architettura. Fu molto utile per mettere in risalto una capacità di fare dell’architettura originale del luogo ispirandosi a un’architettura colta, un’architettura di grande significato che rispecchiava perfettamente delle esigenze materiali ma che aveva anche la volontà di realizzare un fatto estetico”.

Esempio di nodo del progetto della Città Vallo

E da questa indagine sugli elementi costitutivi dell’architettura del luogo avevate tratto ispirazione per alcune soluzioni progettuali del piano?

“Sì, progettai soprattutto una serie di case popolari, alcune sono state realizzate, per esempio a Sanza, ma la maggior parte non furono mai realizzate”.

Due immagini del libro sulla Città Vallo

Quale fu il modello legislativo e politico che permetteva questa fondazione di città diffusa?

“Era una legge del 1970 che sollecitava la riunificazione dei piccoli comuni per ridurre le spese e rafforzare le possibilità di sviluppo. Tra l’altro, da quello che mi diceva Ritorto, l’idea di collegare tutti questi centri era venuta dal fatto che, realizzando il Centro Sportivo Meridionale a San Rufo, quell’impianto aveva attratto tutta la popolazione intorno a u nuovo fulcro. Così avevano pensato che la strada vincente per lo sviluppo del territorio dovesse basarsi sull’intraprendere altre iniziative del genere che toccassero non solo lo sport, ma anche la cultura, la socialità… Il modello del grafo si prestava benissimo ad esprimere la volontà di utilizzare la pianura come un luogo di facili collegamenti, poi all’incrocio delle diverse strutture, dei bracci di questo sistema viario, erano pensati dei centri di servizi che avevano anche un loro disegno architettonico molto caratterizzato”.

Paolo Portoghesi nella sua casa di Calcata illustra il progetto Città Vallo – Foto di Antonia Marmo

Vai alla prima parte dell’intervista. La Città Vallo nel racconto di Paolo Portoghesi (parte prima)

(2 – continua)

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