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“Le luci di Polla”: nella poesia di Cono Cimino il rimpianto per la ferrovia – Commento di Geppino D’Amico

Poesia di Cono Cimino – Commento di Geppino Giuseppe D’Amico

Ha un cuore antico; non ha un presente ma, chissà chi lo sa, potrebbe anche avere un futuro che per ora è solo una speranza. Stiamo parlando del caro vecchio treno nel Vallo di Diano. Il motivo ci è stato offerto da Cono Cimino. Da quando ha lasciato l’Arma dei Carabinieri, che ha servito con abnegazione ed onore per molti anni, si dedica con sempre maggiore impegno alla Cultura. In particolare allo studio del dialetto, non disdegnando poesie in vernacolo teggianese o, se preferite, “rianese”. I suoi ultimi versi pubblicati, “Le luci di Polla”, sono dedicati alla vecchia locomotiva che fa bella mostra di sé sul binario “morto” dell’ex stazione ferroviaria di Polla.  Pubblichiamo volentieri questa poesia e, a seguire, una ministoria della ferrovia nel Vallo di Diano.

 Le luci di Polla

L’ultima corsa della littorina
era romantica e misteriosa;
nel silenzio della notte vicina,
ansimante viaggiava fumosa,
 
per le appese rotaie arrancava
quando in vista del vecchio mulino
il sottostante Tanagro ammirava
d’acque limpide e placide nel bacino.
 
Quelle sere accaldate di giugno
al passaggio della littorina chiassosa
lucciole, a sciami, armoniose  
davan luce sul ramato stagno
donde la vettura s’ammirava vanitosa.
 
Fischiava vibrante il locomotore
e incantevole appariva Polla
il vecchio convoglio ripigliava vigore
e annunciava il suo arrivo la campanella.
 
Polla città laboriosa, leggiadra e vivace
antico scrigno di storia e fede verace
cullata dal fiume con intesa felice,
solidale, accogliente, amante lettrice.
 
La stazione non era affollata
e il treno fermava sul primo binario
sempre quello per il ritorno e l’andata
e il bar era aperto a quell’orario.
 
Consumato un caffè e forse una fiesta
m’incamminavo per strada, zaino in spalla,
sperando un passaggio da una persona giusta,
nella notte cupa in compagnia delle luci di Polla.
CONO CIMINO

***

La poesia “Le luci di Polla”, densa di ricordi personali non disgiunti da un pizzico di nostalgia per gli anni della gioventù, che Cono Cimino ha dedicato alla stazione ferroviaria di Polla e che con piacere pubblichiamo su vallopiu.it, consente alcune riflessioni sul vecchio treno che nel Vallo di Diano è ormai solo un ricordo del quale fra tre anni festeggeremo (si fa per dire) il quarantennale.

La storia ci dice che il primo tratto di ferrovia in Italia fu inaugurato il 3 ottobre del 1839 su un percorso di 7,6 chilometri con a bordo passeggeri di alto lignaggio: Ferdinando II di Borbone con la famiglia, i dignitari di corte e un bel numero di militari di scorta. La “carrozza senza cavalli” li portò in gita da Napoli a Portici.  Quel tratto ferroviario fu realizzato a proprie spese dall’ingegnere francese Armand Bayard al quale fu garantita una concessione di lunga durata. Bayard e lo stato di pubblica utilità dell’opera per facilitare l’esproprio dei terreni. Indubbiamente la Napoli-Portici rappresenta un primato un po’ fine a se stesso perché nel regno delle due Sicilie, territorialmente il più vasto d’Italia con regioni come Campania, Molise, Puglia, Calabria, Basilicata e Sicilia, la realizzazione di ulteriori tratti camminò a rilento.

Infatti, la storia ci dice che all’indomani dell’unità d’Italia nel regno delle Due Sicilie c’erano soltanto 128 Km di linea ferrata: Napoli-Vietri sul Mare; Napoli-Caserta e Portici-Castellammare. La linea era parte di un progetto più vasto che però proseguì a rilento specialmente se si considera la situazione nelle altre regioni al momento dell’unità d’Italia. Nel 1861 nel Piemonte vi erano già 850 Km di ferrovie; nel Lombardo-Veneto 607 Km; nel Granducato di Toscana 323 Km; nello Stato Pontificio 132 Km; nel Ducato di Parma 99 Km e nel Ducato di Modena 50 Km. Sempre per quanto riguarda lo Stato Pontificio, pur avendo ottimi rapporti con il papato, il regno delle Due Sicilie era isolato dallo Stato Pontificio in quanto le due ferrovie non erano collegate tra loro.

***

Nella seconda metà dell’800, il progetto della ferrovia prevedeva l’attraversamento del Vallo di Diano fino a Lagonegro. Anche allora ci fu un’aspra lotta politica se dovesse passare per le zone interne seguendo la direttrice dell’antica via Romana del II secolo a.C. da Reggio a Capua, oppure per quelle costiere e non mancarono le polemiche: il progetto fu cambiato per cui la ferrovia attraversò la costa già a partire da Battipaglia. Fu finanziata anche la linea interna che, partendo da Sicignano, dopo avere attraversato il Vallo di Diano proseguì fino a Lagonegro senza proseguire per Castrocucco come pure era stato previsto.

Cosa è successo nel 1987 è cosa ben nota: proprio in occasione del centenario, la tratta fu chiusa per consentire i lavori di elettrificazione della Battipaglia-Potenza-Taranto. Avrebbero dovuto riaprirla dopo due anni ma da allora di anni ne sono trascorsi 36 e la ferrovia non è più stata riaperta nonostante sollecitazioni e proteste di politici, amministratori locali e associazioni varie. Quindi esiste, ma solo sulla carta. Eppure un anno prima della chiusura la tratta era stata interessata da lavori di sistemazione che, rispetto a quanto previsto, presentavano già uno stato di avanzamento del 50 per cento fino a Sala Consilina. In base a quanto annunciato dal ministero dei trasporti il progetto prevedeva “nella prima fase, prioritaria l’elettrificazione e le rettifiche con predisposizione della sede a doppio binario sulla linea Sicignano-Lagonegro per un importo di 230 miliardi a livello dei prezzi 1982, nonché la realizzazione del nuovo collegamento di 250 miliardi, sempre a livello dei prezzi 1982.  Nella seconda fase, non prioritaria, la realizzazione a Sicignano del collegamento diretto anche verso Potenza senza inversione di marcia”.

A leggere la risposta data dal ministro dell’epoca, Claudio Signorile, ad una interrogazione presentata da alcuni parlamentari si dava addirittura precedenza alla Sicignano-Lagonegro rispetto alla linea per Potenza. Invece, l’esito è stato ben diverso: nel 1987 Signorile lascia il ministero e in quello stesso anno la Sicignano-Lagonegro viene chiusa, ufficialmente per consentire i lavori di elettrificazione della Battipaglia-Sicignano-Potenza-Taranto che verrà riaperta sette anni dopo, mentre la Sicignano-Lagonegro è rimasta abbandonata a se stessa. Resta lo squallore di binari letteralmente travolti dai rovi, e quindi non più utilizzabili, e la desolazione delle stazioni abbandonate e spesso vandalizzate.

Oggi l’attenzione è tutta per il progetto dell’Alta Velocità che dovrebbe attraversare il Vallo di Diano. Nei giorni scorsi vallopiu.it ha anticipato la notizia in base alla quale Rete Ferroviaria Italiana, società capofila del Polo Infrastrutture del Gruppo FS Italiane, ha aggiudicato la gara per la progettazione esecutiva e la realizzazione dei lavori del lotto funzionale Battipaglia-Romagnano, parte della nuova linea Alta Velocità Salerno-Reggio Calabria, utilizzando le risorse del PNRR. Il completamento della nuova linea ferroviaria Salerno-Reggio Calabria, è parte integrante del Corridoio della rete Ten-t “Scandinavia – Mediterraneo” prevede il collegamento Palermo-Helsinki. Sulla possibilità che l’Alta Velocità venga realizzata non mancano, pero, le Cassandre. Non ci resta che attendere gli eventi

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