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Con-Tatto – Città Vallo, 25 anni dopo: un Referendum “che s’ha da fare” (VIDEO)

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Parafrasando la celebre frase pronunciata dai bravi di Don Rodrigo in merito al matrimonio tra Renzo e Lucia che non s’aveva da fare, possiamo dire che, invece, il referendum consultivo per l’istituzione del comune unico del Vallo di Diano s’ha da fare. È questo il dato saliente emerso dalla conferenza stampa sul tema “Stare insieme per il futuro del Vallo di Diano” che si è tenuta nei giorni scorsi a Padula. Indetta dal presidente dell’Associazione dei Giuristi Cattolici del Vallo di Diano, Angelo Paladino, vi hanno preso parte il consigliere regionale Tommaso Pellegrino, il promotore del referendum, Carmelo Bufano e, da remoto, il presidente del Coordinamento Nazionale per le fusioni tra Comuni Antonello Barbieri.

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Il 16 marzo scorso, in occasione delle manifestazione organizzata dal PSI a San Pietro al Tanagro per ricordare nel 40esimo della scomparsa il sen. Enrico Quaranta, l’ex parlamentare Enzo Mattina durante il suo intervento si è soffermato sul progetto Città Vallo evidenziando le differenze tra il progetto avviato negli anni ’70 e quello presentato nel 1999, riproposto nel 2014 e nel 2022, finora senza esito. Come era prevedibile, le parole di Enzo Mattina, che non ha nascosto la sua contrarietà al nuovo progetto e, in particolare alla scomparsa dei singoli comuni, hanno suscitato reazioni. Una settimana dopo è stata indetta la conferenza stampa.

A Padula, Paladino, Pellegrino e Bufano si sono detti d’accordo sul fatto che il referendum per l’istituzione del comune unico del Vallo di Diano s’ha da fare. Il dubbio è su come farlo, e soprattutto, sul quorum necessario perché sia valido. Quorum che, in base alle leggi vigenti, per essere valido deve superare il 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto. Quorum che, lo hanno ammesso i partecipanti alla conferenza stampa, è difficile da raggiungere per cui lo stesso Bufano ne chiede l’abbassamento: perché sia valido bisognerebbe raggiungere la soglia della metà più uno non degli aventi diritto al voto, bensì la metà più uno del numero dei cittadini che si sono recati alle urne nella precedente consultazione per l’elezione del Presidente della Regione e dei componenti del Consiglio Regionale.

Il consigliere reginale Tommaso Pellegrino, favorevole al progetto di unificazione, ha affermato che “bisogna cogliere l’opportunità dell’Altra Velocità ma non ha nascosto le sue perplessità di realizzazione sostenendo che possiamo farcela solo se i comuni si muovono in modalità unitaria. È un tema attuale ma noto che paradossalmente c’è grande disattenzione nel territorio. Il tema del quorum è importante: difendo il principio del 50 per cento più uno perché se sul progetto di unificazione c’è il disinteresse della gente dobbiamo prenderne atto”. Su questo si è pronunciato anche il presidente del Coordinamento Nazionale per le fusioni tra Comuni, Antonello Barbieri, il quale ha affermato di condividere l’iniziativa, “sempre che ci siano le motivazioni e la volontà della popolazione e realizzando uno studio di fattibilità perché le fusioni consentono di accedere ai fondi ma vanno fatte bene”. D’accordo sulla necessità di indire il referendum anche Angelo Paladino il quale, rispondendo ad una precisa domanda su chi debba indire il referendum ha risposto in modo chiaro: “Tocca al presidente della Regione, Vincenzo De Luca”. Per dovere di cronaca va ricordato, però, che De Luca pochi mesi fa proprio in occasione di una manifestazione a Padula non ha nascosto la sua contrarietà al progetto.

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Questo è quanto emerso dalla conferenza stampa. Premesso che si può essere favorevoli o contrari al progetto, riteniamo che il referendum vada fatto perché è giusto che la popolazione finalmente si esprima. Ci sia consentito esprimere qualche considerazione sul progetto partendo da un dato storico. Il progetto degli anni ‘70 di dare dare vita alla Città Vallo attraverso l’unificazione dei 19 comuni dell’allora Unità Sanitaria Locale 57, figlio di una cultura residente, era stato affidato per la parte tecnica al prof. Paolo Portoghesi, preside della Facoltà di Architettura presso l’Università di Roma e Presidente della Biennale di Venezia, un’autentica archistar. Per Portoghesi, si legge nel suo introvabile libro La Città Vallo di Diano, “prima di essere un progetto urbanistico il progetto elaborato è un progetto percettivo. Con esso si intende anzitutto rafforzare nella mente dei suoi abitanti il concetto dell’unità paesaggistica e antropologica del Vallo. Si intende così operare una serie di piccole trasformazioni del territorio volte a raggiungere tre principali obiettivi: 1) avvicinare psicologicamente i 19 paesi; 2) creare strutture produttive che rilancino l’agricoltura e l’industria di trasformazione dei prodotti agricoli in modo da invertire il processo di depauperamento delle risorse; 3) dotare il complesso dei 19 comuni di servizi a livello delle nuove comunità di circa 100.000 abitanti”. Per Portoghesi il primo obiettivo (avvicinare psicologicamente i 19 paesi) era alla base della struttura fondamentale scelta per il piano generale. Questo obiettivo è stato raggiunto? C’è una cultura dell’unità del territori?  Ognuno può porsi questa domanda e darsi una risposta.

Per quanto riguarda Portoghesi possiamo aggiungere che nel maggio dello scorso anno, pochi mesi prima della scomparsa, rilasciò una lunga intervista a Vallopiù e così commentava il suo progetto: “Era un progetto che faceva del Vallo di Diano anche una meta di attrazione turistica allargata, di fulcro organizzativo e abitativo anche in questo senso. Le possibilità del territorio sono moltissime, non solo legate all’economia locale, ma anche al fatto che intorno ci sono tante altre zone interessanti, la Val d’Agri, il Cilento, il parco nazionale del Pollino… L’idea era di farne un centro diffuso unificante anche per queste zone”. Alla precisa domanda se ritenesse ancora ancora possibile uno strumento di pianificazione adeguato, Portoghesi così rispondeva: “In questo momento non mi sembra che ci siano le forze adatte… Però c’è da dire che quello che sicuramente porta verso soluzioni del genere è il fatto che la tutela dell’ambiente e, in genere, la difesa da una tecnologia troppo aggressiva in risposta ai terribili fenomeni che viviamo e che ci aspettano, possano veramente passare attraverso una riorganizzazione del territorio in questo senso. Per far ciò è necessaria una classe politica che abbia progettualità, capacità di vedere al di là della barriera del presente con i tutti i suoi problemi portando delle idee originali”.

Un’analisi lucidissima sulla quale politici, amministratori e cittadini farebbero bene a riflettere nel rispetto dei propri convincimenti. È giunta l’ora di decidere. Per questo riteniamo giusto indire il referendum consultivo. È l’unico modo per porre una parola definitiva su un progetto di unificazione che si trascina stancamente dal 1999, cioè da 25 anni, cioè da un quarto di secolo. In tempi moderni un’era giurassica.

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1 comment

  1. Una sola semplice domanda, prescindendo dalle altre e già ripetute molteplici considerazioni: se i comuni, ad esempio, di Padula e Sassano votassero contro la istituzione della Città, avremmo due Città Vallo, quella a Nord e quella a Sud?

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