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Nel libro-intervista dell’Avvocato Raffaele Della Valle l’orrore del “Caso Tortora”: 40 anni dopo è sempre attuale

Di Giuseppe Geppino D’Amico

È stato presentato a Sala Consilina, presso l’Auditorium Comunale (Polo Cappuccini), il libro intervista dell’avvocato Raffaele Della Valle, frutto di una conversazione con il giornalista Francesco Kostner dal titolo “Quando l’Italia perse la faccia. L’orrore giudiziario che travolse Enzo Tortora”. Nel corso dell’incontro, organizzato dalla Camera Penale “Alfredo De Marsico” e dall’Ordine degli Avvocati di Lagonegro, con il patrocinio del Comune di Sala Consilina, sono intervenuti il sindaco della città, Francesco Cavallone; Carmine Viglione, Presidente della Camera Penale “Alfredo De Marsico”; Eugenio Di Bisceglie, vice Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati; Silvio Maria Piccinno, Presidente del Tribunale di Lagonegro, e i due Autori, Francesco Kostner e Raffaele Della Valle. Ha coordinato gli interventi Salvatore Mazzeo, segretario della Camera Penale. Il libro (Luigi Pellegrini Editore) si avvale della prefazione dell’ex ministro Salvo Andò con postfazione di Santo Emanuele Mungari, ed è stato pubblicato in occasione del quarantennale dell’arresto del presentatore genovese, avvenuto il 17 giugno 1983 su ordine della Procura di Napoli.

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Il volume ricostruisce con la necessaria acribia la vicenda giudiziaria che travolse Enzo Tortora, all’epoca al massimo della popolarità (il suo “Portobello” sulla Rai faceva 28 milioni di telespettatori). L’accusa? Far parte della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e con un ruolo di primissimo piano nel traffico di droga gestito dall’organizzazione criminale napoletana. Responsabilità gravissime e infamanti, per Della Valle apparse subito prive di fondamento (“Il più grande esempio di macelleria giudiziaria del nostro Paese”, definì il caso Giorgio Bocca), ma che non impedirono a Tortora di essere condannato in primo grado a dieci anni di reclusione. Un’assurda e indimostrata impalcatura probatoria che cadde miseramente nel processo di Appello, conclusosi il 15 settembre 1986, per poi essere definitivamente smentita dalla Corte di cassazione.

Nel libro, per la prima volta in modo compiuto ed analitico, l’avvocato della Valle, che fece parte del collegio difensivo di Tortora insieme con il professor Alberto Dall’Ora e l’avvocato Antonio Coppola, racconta la storia giudiziaria assurta nell’immaginario collettivo a simbolo di una Giustizia contraria ai principi costituzionali e alle fondamentali regole di un equo ed equilibrato processo penale. Dopo la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’Appello, per stoppare le tesi colpevoliste che ancora trovavano spazio sui giornali, il consigliere estensore della sentenza, Michele Morello (originario di Teggiano, n.d.r.) per porre fine alle inutile quanto sterili polemiche ad opera di quei soliti e ben orchestrati “irriducibili” (simili agli ultimi giapponesi della Marina Militare) pronunciò le seguenti ferme parole: “Per poter condannare Enzo Tortora avremmo dovuto affermare un’infinità di bestialità”.

“Il libro –ha precisato Della Valle- non è stato scritto per processare la Magistratura al punto che in diverse presentazioni anche i magistrati sono intervenuti nel dibattito”.

Quello di Sala Consilina è stato un dibattito vero non privo di quale punta polemica come avviene quando si confrontano avvocati e magistrati. Ha iniziato il giudice Piccinno affermando che “il titolo del libro è forte. Dopo 40 anni, sembra una contrapposizione tra la Magistratura e il resto d’Italia. È stato un bruttissimo errore giudiziario come ce ne sono stati altri. Dobbiamo prendere atto che parlare di assenza di errori significa postulare un giudice perfetto che non esiste”. Parlando del presente il magistrato ha così concluso: “Sono favorevole alla non pubblicazione delle ordinanze di custodia; bisogna fare attenzione ai processi mediatici. La vicenda Tortora va contestualizzata anche perché oggi c’è una gestione diversa dei pentiti perché la normativa è diversa”. La risposta di Francesco Kostner non si è fatta attendere: “Il libro non ha funzioni vendicative ma dopo 40 anni dalla vicenda era giusto riproporre la vicenda di Enzo Tortora a chi non era presente allora. Non di errore si trattò ma di orrore. Fu una vicenda terribile e devastante così come altre che si sono verificate in seguito. Sono convinto che abbiamo fatto bene a pubblicare il libro e per più motivi: perché l’Italia dimentica facilmente e non dobbiamo dimenticare; perché i giovani vanno informati in quanto da Mani Pulite è iniziato lo sprofondamento dell’Italia; infine, la forza dell’avv. Della Valle: la sua umiltà è un elemento fondamentale e insegna qualcosa anche da questo punto di vista. E questo non è poco”.

Denso di patos l’intervento di Raffaele Della Valle:Nel ricordare il mio Maestro (Alfredo De Marsico) nella sua città io mi commuovo. Se avessi la sua eloquenza avrei un’arma fondamentale ma non ce l’ho. Della vicenda Tortora parlo non per sentito dire ma per avere vissuto gli eventi in presa diretta. Nel processo di primo grado furono tutti responsabili: magistrati (i pubblici ministeri furono definiti dalla stampa e non solo i “Maradona della Giustizia”) ma anche avvocati e giornalisti: sembravano tanti picadores impegnati in una corrida. Noi non siamo contro la magistratura perché nel libro facciamo nomi e cognomi dei personaggi e degli interpreti della vicenda. Le giustificazioni per quanto accaduto sono inammissibili per travisamento dei fatti. Siamo in presenza di un orrore e non di un errore giudiziario”. Quindi ha ripercorso tutto l’iter del processo per poi accennare alla vicenda Palamara (“E’ lui il responsabile di tutto?”) per poi concludere affermando con forza che “gli avvocati devono avere rispetto dei magistrati ma non devono chinare la testa”.

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