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Con-Tatto – Parigi “val bene una messa”, ma per una poltrona a Roma si digerisce (male) anche il 25 aprile

Francia 1594: alla fine di una sanguinosa guerra passata alla storia come la guerra dei “Tre Enrichi”, a Parigi Enrico di Navarra viene incoronato con il nome di Enrico IV, primo re Borbone di Francia. Si dice che, nell’occasione, abbia pronunciato la celebre frase “Parigi val bene una messa”, abiurando il calvinismo e farsi cattolico pur di conquistare il regno.  Ancora oggi l’espressione si usa quando si vuole sottolineare che vale la pena compiere un sacrificio se questo consente di raggiungere una posizione migliore. Italia 2023: sono trascorsi oltre 400 anni ma qualcosa di simile (con le dovute proporzioni) sembra essersi verificata il 25 aprile scorso in occasione della festa della Liberazione, un evento complesso sul quale ancora oggi permangono giudizi e memorie non condivisi. Per una poltrona a Roma va bene anche la Resistenza.

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Con il 25 aprile del 1945 finivano una guerra che ci aveva stremati e un Ventennio che ci aveva privato della sovranità individuale. Purtroppo, anche quest’anno, in occasione del 25 aprile, 78° Anniversario della Liberazione dal Nazi-fascismo, non sono mancate interpretazioni, distinguo e posizioni quanto meno inopportune. Del 25 aprile di quest’anno, il dato di maggiore rilievo è rappresentato dall’intervento di altissimo profilo del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha impartito a tutti una lezione di storia e di etica nel corso di una manifestazione a Cuneo, “la città della Costituzione”.  

Mattarella che è stato docente di Diritto Parlamentare, ha esordito ricordando una frase pronunciata nel 1955 nel corso di un incontro con i giovani a Milano dal giurista Piero Calamandrei, uno dei Padri Costituenti:  “Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”. Poi l’omaggio di Mattarella al Cuneese: “È qui che la Repubblica celebra oggi le sue radici, la Festa della Liberazione”. Il discorso del Presidente ha ottenuto unanimi consensi. Ma siamo certi che sia stato davvero così? Non è che, sotto sotto, alla lezione di Calamandrei e Mattarella qualcuno abbia preferito la lezione di Enrico IV?

C’è chi ha partecipato alle manifestazioni controvoglia (le immagini televisive ne hanno dato ampia dimostrazione) perché non poteva farne a meno in quanto titolare di incarichi istituzionali; c’è chi ha affermato di non avere partecipato perché “non invitato” e c’è chi non lo ha fatto perché continua a considerare il 25 aprile la festa di una parte e c’è chi, pur essendo solitamente loquace, stavolta ha preferito applicare l’arte di tacere. Eppure, soprattutto in Campania, c’era un qualcosa in più su cui riflettere: il 2023 segna l’80° anniversario delle “Quattro Giornate di Napoli”, la prima città che riuscì a liberarsi del Fascismo da sola.

Anche se sono trascorsi 80 anni da allora non è possibile dimenticare le vittime di quegli anni: “100.000 i partigiani che combatterono; 35.000 quelli che morirono; 21.000 quelli che rimasero mutilati e 9.000 i deportati dai nazisti. Tutti lottarono fondamentalmente per restituire sovranità agli Italiani”. Senza dimenticare il dolore delle loro famiglie che non può placarsi.

Non poteva passare inosservato l’atteggiamento di coloro i quali proprio non riescono a pronunciare la parola “Antifascismo”. Nonostante la Meloni avesse invitato i suoi a non creare problemi con dichiarazioni inopportune in questo momento, qualche scivolone non è mancato, come nel caso di Ignazio Larussa, presidente del Senato, seconda carica dello Stato, il quale continua a dire che nella Costituzione non c’è alcun riferimento all’antifascismo, salvo tentare una retromarcia, ai più apparsa poco convincente, sostenendo di “condividere appieno i valori della Resistenza, vista come superamento di una dittatura. Il problema è che di quei valori si sono appropriati il Pci e poi la sinistra”.  Nella nostra provincia sono state organizzate diverse manifestazioni, a cominciare dalla città capoluogo dove è stata intitolata una piazza al 25 aprile “per rendere onore ai martiri ed ai combattenti per la Libertà e la Democrazia”.

Altri hanno organizzato manifestazioni nel proprio territorio; altri, invece, non hanno organizzato nessuna manifestazione. Il caso più clamoroso si è verificato a Campagna, la città della memoria, la città di mons. Palatucci, la città del museo che ricorda le migliaia di Ebrei internati: solo un manifesto che ha provocato le proteste di molti cittadini che hanno organizzato una marcia spontanea fino al monumento ai caduti, situato di fronte al Municipio. Purtroppo, anche nel Vallo di Diano non tutti i comuni hanno ricordato il 25 aprile.

Restiamo in tema con una notizia che riguarda il sacrificio di alcuni figli della nostra terra, morti in Germania, e lì sepolti. Questi alcuni dei nomi rinvenuti:

Nicola Grippo di Caggiano; Antonio Gaeta di Montesano sulla Marcellana; Ciro Camardella di Polla; Michele Durante, Pasquale Lopardo e Giovanni Paladino di Sala Consilina; Vincenzo Isoldi e Vincenzo Romanzi di Salvitelle; Ottavio Arenare, Giovanni Ferro e Giuseppe Petrizzo di Sassano; Giovanni Del Duca di Camerota; Giuseppe Liotti di Ispani; Francesco Cariello di San Giovanni a Piro; Vito Bello di Vibonati.

Purtroppo, non sappiamo se nel frattempo le Spoglie di qualche Caduto potrebbero essere state rimpatriate. Se ciò non è avvenuto sarebbe giusto riportare i loro resti nel paese dal quale erano partiti senza farvi più ritorno.

Un’ultima considerazione: la Resistenza è entrata a pieno titolo nella Storia e nella Letteratura del nostro Paese. Tra le tante poesie sulla Resistenza, ci piace ricordare gli ultimi versi della poesia “25 aprile”, scritta da Alfonso Gatto che partecipò alle Resistenza: fu arrestato dai Fascisti e lottò per liberare Milano:

 E fummo vivi, insorti con il taglio // ridente della bocca, pieni gli occhi
piena la mano nel suo pugno: il cuore // d’improvviso ci apparve in mezzo al petto
.

P.S. Per questo elenco ringrazio vivamente Salvatore Gasparro, da tempo impegnato in questa ricerca.

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