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Con-Tatto – La satira, croce e delizia della politica (VIDEO)

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Nella società contemporanea un ruolo particolarmente incisivo lo ha assunto la satira con la quale ci confrontiamo quotidianamente attraverso giornali, televisioni e social network. È un genere con alle spalle una storia millenaria; risale all’antica Grecia ma è nel mondo romano che si afferma maggiormente. Già presente nel II° secolo a.C. con Gaio Lucilio, è Quintiliano (I secolo dopo Cristo) a rivendicarne la titolarità nel libro “Institutio oratoria”: “satura tota nostra est” (la satira è tutta nostra, è un’invenzione nostra). Argomenti diversi che, almeno all’inizio, non avevano necessariamente un intento polemico.   

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La satira non conosce confini. Chi non conosce il Nerone-Mussolini usato da Petrolini per attaccare il regime fascista? Oppure, in epoca contemporanea, le mascalzonate di Forattini su “Repubblica”, i Sassi di Marassi su “Il Mattino” e le vignette di Giannelli sul “Corriere”? Pubblicate in prima pagina incidono più di un editoriale. Nella Napoli dell’800 la satira era pane quotidiano. Si pensi alle Anacreontiche del giudice Ferdinando Incarriga ma anche ai tanti autori che preferivano l’anonimato per evitare la reazione dei potenti presi di mira. È il caso dei versi che vi proponiamo, dedicati al primo ministro Giovanni Giolitti, accusato di trasformismo:

 È Giolitti quella cosa / Presidente dei Ministri:
Or coi destri, or coi sinistri, / Va nel centro di ciascun.

Molto apprezzati erano i versi del Marchese di Caccavone, al secolo Raffaele Petra, autorevole e temuto critico teatrale, il quale dedicò ben tre epigrammi all’avvocato Giovanni Florenzano (originario di Sant’Arsenio), dopo la sua elezione al Parlamento. Questo uno dei più sferzanti:

 La legge elettorale ha migliorato
e abbiamo Florenzano deputato,
se poi la legge il suo sublime tocca
avremo addirittura Sosciammocca

Per la cronaca, Felice Sosciammocca è una figura comica uscita dalla penna di Eduardo Scarpetta.

Degno di nota un epigramma di Francesco Marzio Proto Carafa Pallavicino, Duca di Maddaloni, il quale, dopo avere letto due versi di Florenzano dedicati alla donna (Iddio fu grande nel crear natura / ma nel formar la donna Ei fu poeta) mette alla berlina il presunto fascino dello stesso Florenzano chiamando in causa il pittore Filippo Palizzi, che per la sua maestria nel dipingere animali veniva chiamato il ciucciaro.  Questo l’epigramma:

 Se Iddio fu grande nel crear natura,
se nel formar la donna Ei fu poeta,
te, Florenzan, plasmando di sua creta,
fu Filippo Palizzi addirittura.

Nella seconda metà dell’800 la satira era presente anche nel Vallo di Diano che subiva l’influenza della grande città dove i rampolli delle famiglie della borghesia venivano mandati a studiare. Un discorso a parte merita il poeta Nicola Marmo, padre sanrufese e madre teggianese, noto per avere scritto una La storia ri Santu Conu in vernacolo e per il pometto satirico “Roma Liberata”. Pur non avendo fatto politica ad alto livello (si era fermato a vice sindaco di San Rufo anche perché pare fosse attratto più dalle donne che dalla politica), nel Vallo di Diano fondò il settimanale Il Tanagrino, che si pubblicava a Sala Consilina, ma collaborò con un giornale umoristico di Salerno, il Don Paolino. Sul comportamento dei governanti piemontesi nei confronti delle popolazioni meridionali, scriveva:

 Hanno spremuto il sangue dalla pietre
E gli onesti son essi e noi siam ladri!
Mazzate nella schiena e corna in fronte...
Questo ci ha fatto il piccolo Piemonte.

Estremamente critico il giudizio sul Parlamento e sui suoi abitanti:

 Ecco amici miei Montecitorio/ Covo di camorristi e di falsari.
Ministri, deputati e senatori/ Un gregge di corrotti e corruttori

E ancora contro i signorotti locali:

 Per voi si vendemmia, per voi si miete
Per voi si raccolgono ghiande e patate,
Il popolo cammina e voi sedete
Il popolo lavora e voi magnate.

Pur essendo cattolico non risparmiava quelli che definiva “cattivi preti”:

 Muovon rissa e litigi ad ogni passo
Non aman che la trippa di se stessi,
Gelosi a più non dir, mangiano il grasso
E predicano il magro ai genuflessi.

Un modo elegante per dire “Fai come dico, non come faccio”! Particolarmente dura la quartina contro i riconoscimenti immeritati:

 In tempi men leggiadri e più feroci
Si appendevano i ladri in su le croci
In tempi men feroci e più leggiadri
S’appuntano le croci in petto ai ladri.

Concludiamo proponendovi la quartina dedicata ad un non individuato sindaco, non sappiamo se di San Rufo oppure di un altro paese:

 Sulle rive di un viscido pantano
Un vecchio rospo ingravidò una rana.
Dal connubio lurido e scortese
Nacque il sindaco del mio paese.

Aggressivo? Sferzante? Pungente? Tagliente? Velenoso? Dite la vostra ché Marmo ha detto la sua!

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Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
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