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Il Tar si pronuncerà il 17 aprile mentre sui Fondi alla Campania bloccati da Fitto Intanto Chiesa, Cgil e Svimez si dicono contrari all’Autonomia differenziata

Non accenna a diminuire l’impegno della Regione Campania contro il governo nazionale sia sul tema dell’autonomia differenziata voluta dal leghista Roberto Calderoli già approvata al Senato, sia sul tema dei fondi di sviluppo e coesione destinati alla Campania che, secondo l’accusa del Governatore Vincenzo De Luca, il ministro per gli Affari Europei, le Politiche di coesione e il Pnrr, Raffaele Fitto, negherebbe alla nostra regione da oltre un anno.

Come è noto, lo scorso 22 gennaio per sbloccare i Fondi di sviluppo e coesione la Regione ha deciso di portare avanti nei confronti di Fitto (da De Luca definito “Buio-fitto”) una vera e propria offensiva con tre iniziative giudiziarie: un esposto alla Procura Generale della Corte dei Conti, un altro alla Procura della Repubblica di Napoli ed un’istanza al TAR della Campania.

I giudici amministrativi hanno fissato per il 17 aprile la trattazione in camera di consiglio. Sarà la prima sezione del Tar Campania a pronunciarsi sul ricorso ex articolo 117 p.a., cioè contro il “silenzio-inadempimento”, del ministro Fitto “in ordine alla definizione e sottoscrizione dell’accordo per la coesione con la Regione Campania”.

Intanto, il disegno di legge Calderoli sull’autonomia differenziata, approvato in Senato dai soli partiti della maggioranza con il voto contrario delle opposizioni, continua a ricevere critiche.

È la volta della Chiesa cattolica ad esprimere pollice verso nei confronti di un progetto che, a giudizio del segretario di Stato, Pietro Parolin, “contiene nel suo corpo la divisione, intesa come volontà egoistica e come perverso progetto politico. La volontà egoistica dei ricchi e dei territori ricchi, il progetto, antico di poco più di quarant’anni fa, di dividere l’Italia, separando il suo Nord, divenuto opulento con le braccia e l’intelligenza dei meridionali, da quel Sud impoverito dalla perdita di risorse, di forze fisiche e intellettuali, svuotato progressivamente di fondamentali ricchezze al posto delle quali sono arrivati a fiumi inganni e false promesse”.

Sulle stessa lunghezza d’onda l’opinione dell’arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, a giudizio del quale “La stessa parola, “differenziata” significa che l’autonomia non è uguale per tutte le regioni, che essa, appunto, si differenzia tra quelle forti, che con l’autonomia diventeranno più forti, dalle regioni deboli, che paradossalmente diventeranno più deboli. Insomma, si realizza, anche nelle istituzioni, quella dinamica che legittima l’ingiustizia più grave. Quella che fa i pochi ricchi nel mondo più ricchi e il novanta per cento degli esseri umani più poveri”. Ma c’è di più, secondo il vescovo di Napoli, “c’è anche un fatto che rende più grave la decisione del Senato e delle forze politiche che l’hanno determinata. Questa trasformazione nel Paese avviene quando due debolezze si intrecciano pericolosamente, quella della politica e quella del Meridione. Basterebbe solo questo per accendere le menti più attente e i cuori più sensibili. E per comprendere meglio che quella parola, accompagnata dal più breve articolo, incomprensibile per la povera gente, i Lep (anche questo a coprire la furbizia dei potenti), risulterà ingannevole anche quando lo Stato, che non ha più soldi, trovasse i tanti miliardi che servirebbero per attuarli. Il vero inizio del buon cambiamento – prosegue il vescovo – si avrà quando tutti partiremo dal Sud. Per una sola volta gli altri, che sono “lontani”, scendano qui. Idealmente si diventi tutti insieme Sud per coglierne tutto il dolore e insieme tutta la sua grandezza, per fare più ricca tutta l’Italia con il prezioso contributo del Mezzogiorno». Infine, dopo la dura reprimenda, un’esortazione: “Che il Vangelo e la Costituzione, in questo tempo complesso e difficile, che chiede la generosità e l’impegno politico di tutti, ci tolgano il sonno, divengano un peso sulla nostra coscienza, fino a quando ogni riforma e ogni legge, anche la più piccola, non sia orientata al bene di tutti, iniziando dai più fragili”, così da far crescere “una comunità rinnovata, fondata sulla solidarietà, sulla giustizia, sulla pace”.

Un “niet” non meno deciso al progetto Calderoli arriva dal sindacato della Basilicata. Il segretario della CGIL, Fernando Mega, non le manda a dire e afferma che i dirigenti politici che appoggiano il ddl Calderoli voltano le spalle “al Mezzogiorno e ai cittadini che dovrebbero rappresentare”

Chiaro il riferimento soprattutto ai governatori di centro destra della Basilicata, Vito Bardi e della Calabria: “La derivazione della Lega Nord, a distanza di trent’anni, può finalmente attivare il suo piano scellerato di divisione del Paese. Sono proprio quelli che si definiscono patrioti a spaccare la patria”. “Bardi -continua Mega- ci spieghi come sarà possibile, con l’autonomia differenziata, garantire i giusti livelli di assistenza e servizi ai 120mila contribuenti lucani, in una regione con il più basso gettito fiscale in Italia e in un Mezzogiorno dove la Svimez stima che al 2080 vi saranno oltre 8 milioni di residenti in meno. Che ne sarà della piccolissima Basilicata quando le gabbie salariali volute dal governo Meloni spingeranno i nostri giovani ancora di più verso le regioni del Nord, dove gli stipendi saranno più alti e dove per chi resterà al Sud sarà sempre più difficile garantire i servizi essenziali, tutelati dalla nostra Costituzione e fatti a brandelli dal ddl Calderoli: istruzione, sanità, energia, mobilità.

“Al senatore Gianni Rosa di FdI – osserva Mega –, che invita chi si oppone a questo disegno scellerato di leggere la Costituzione, il Codice civile e anche il decreto legge sull’autonomia differenziata, rispondiamo che l’autonomia differenziata è si prevista dalla Costituzione ma non quella voluta dal suo governo di maggioranza.

Anche Svimez (l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), demolisce la riforma portata avanti dal ministro Calderoli che il centrodestra intende approvare a tappe forzate. In particolare, Luca Bianchi, direttore di Svimez, ritiene che il modello auspicato dalla Lega sia assolutamente anomalo nel panorama europeo: “L’Autonomia differenziata creerà un ampliamento dei divari tra il Nord e il Sud, soprattutto, in termini di divario della cittadinanza: tra un cittadino del Sud e uno del Nord. Vuol dire minori servizi pubblici erogati in ambiti essenziali della vita come sanità, istruzione assistenza. Questo è il rischio prevalente e aggiungo che complessivamente farà male al Sud senza creare nessun beneficio al Nord perché la conseguenza sarebbe un indebolimento complessivo delle politiche pubbliche (energetiche, industriali e infrastrutturali), con una frammentazione degli interventi rendendo anche le economie del Centronord più deboli rispetto alla competizione internazionale”.

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