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DONNE e Discipline Scientifiche, storia di un amore infinito: ma l’Italia supporta la ricerca scientifica? – Rosa Mega per Vallo Più

Di Rosa Mega

Ogni anno il secondo martedì di ottobre ricorre la giornata dedicata alle donne che si sono distinte nella scienza e nella tecnologia nonché alle studentesse che vogliono intraprendere percorsi universitari in ambito STEM. STEM è l’acronico utilizzato per le discipline scientifiche (scienze, tecnologia, ingegneria, matematica ) da sempre considerate appannaggio dei soli uomini.

La giornata di oggi, chiamata ADA LOVELACE DAY,  è dedicata all’incantatrice dei numeri Ada Byron-Lovelace (Regno Unito 1815-1852) che  scrisse l’ algoritmo di programmazione grazie al quale, più di un secolo dopo, fu creato il primo computer. Tuttavia la strada delle presenze femminili nel campo scientifico non è mai stata semplice spesso anche a causa di una storiografia tradizionale che da sempre ci ha tramandato l’immagine dello scienziato maschio. Di là da questa riflessione e considerate le donne che nel corso della storia si sono distinte per grandi meriti in ambito scientifico, il focus va spostato su un terreno altrettanto importante: quanto investe l’Italia in ricerca e sviluppo?

Sulla base di uno degli ultimi aggiornamenti “EUROSTAT R&D” la nostra nazione investe in questo campo appena l’1,5% del Pil che va a finanziare i seguenti settori istituzionali: università pubbliche e private, istituzioni pubbliche e, fanalino di coda, enti no profit.  In quest’ultimo campo rientra l’EBRI (European Brain Research Institute), un centro di ricerca internazionale non-profit fondato dal Premio Nobel Rita Levi-Montalcini.

Rita Levi-Montalcini

 Si tratta di un piccolo centro che ha dimostrato però di essere competitivo a livello internazionale con pubblicazioni, brevetti, interesse da parte dei privati. Tuttavia, come sottolineato dalla responsabile Dott.ssa Francesca Malerba, i contributi statali sono una tantum e non si può accedere a bandi competitivi del Ministero della salute o del Ministero dell’Università e della Ricerca. Il prestigioso Ente, orgoglio tutto italiano, vive di grant di fondazioni e donazioni che non possono essere usati per pagare bollette.  A rendere tutto ancora più complicato è arrivato l’open access. Nato con l’intento nobile di rendere accessibile la scienza a tutti, l’open access ha reso difficile le pubblicazioni i cui costi elevati sono a carico dei ricercatori. Quando si hanno risorse risicate, quindi, spesso la scelta è anche quella di dover comprare reagenti per gli esperimenti o pubblicare e, se non si non fanno pubblicazioni non si ottengono finanziamenti, in un circolo vizioso che penalizza i centri piccoli e, in questo caso, giovani ricercatrici e ricercatori.

A fronte di tutto ciò è evidente quindi che c’è necessità di incrementare gli investimenti nella ricerca scientifica per diventare competitivi in questo campo e, se questo obiettivo non verrà realizzato, la domanda iniziale non sarà più quella del rapporto fra le donne e le STEM ma più in generale: avrà ancora senso intraprendere una carriera scientifica di là dalle questioni di genere?

ROSA MEGA

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