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Antonio Bassolino “a tutto campo” a Moliterno sul ruolo di Napoli nel Mezzogiorno che cambia

Di Giuseppe Geppino D’Amico – Foto di Pasquale Dicillo

“Il ruolo di Napoli nel Mezzogiorno che cambia. Dall’800 a oggi”. Questo il tema dell’incontro con Antonio Bassolino che a Moliterno ha dialogato con il giornalista e scrittore Andrea Di Consoli presso la Bibliomediateca comunale “Giacomo Racioppi”. 

L’iniziativa rientra negli incontri organizzati dall’Amministrazione Comunale nell’ambito della terza edizione del FESTIVAL DELL’800. Si tratta di una manifestazione storica dedicata al secolo XIX che l’Amministrazione organizzatrice ha inteso portare avanti con la collaborazione attiva del territorio, in particolare con le scuole e con le Università.

“Gli argomenti e le esibizioni di questa terza edizione -ha spiegato il sindaco Antonio Rubino- rievocano e indagano le grandi trasformazioni sociali, politiche e culturali dell’Occidente nel secolo XIX. In quest’ottica, il liberalismo e il nazionalismo hanno avuto un impatto senza precedenti”.

Non va dimenticato che nell’800 la Basilicata in generale e Moliterno in particolare hanno contribuito al dibattito, alle iniziative e ai moti liberali che consentirono l’Unità d’Italia.

In particolare, il Festival sta favorendo la riscoperta del patrimonio ottocentesco della Moliterno di Ferdinando Petruccelli della Gattina, Giacomo Racioppi e Michele Tedesco.

C’era molta attesa per questo incontro con Antonio Bassolino, protagonista indiscusso di quella che è passata alla storia come “Prima Repubblica” e l’attesa non è andata delusa.

Bassolino, infatti, ha risposto con garbo alle puntuali sollecitazioni dell’intervistatore che ha ricordato la lunga carriera dell’ospite: Sindaco di Napoli, Presidente della regione Campania, Parlamentare e Ministro.

Rispondendo alla domanda sui motivi che all’indomani dell’Unità d’Italia provocarono il declassamento dell’ex capitale del regno borbonico, Bassolino, premesso che Napoli e il Sud sono due facce della stessa medaglia, ha affermato che “Napoli visse un trauma politico, civico e istituzionale. Era una città-mondo con una grande forza simbolica ed era l’unica città ad avere dato il proprio nome ad un grande regno.

Inoltre, Napoli esprime il meglio quando si apre al mondo; esprime il peggio quando si chiude provincialisticamente in sé stessa”. E questo vale anche oggi.

Commentando la situazione contemporanea, Bassolino ha sostenuto che “ognuno cerca di fare i conti con questa storia. Quando è iniziato il dibattito sulle città metropolitane avevo proposto tre Città Stato dotate di potere legislativo: Roma, Napoli e Milano.

L’idea non è passata e si è preferito aumentare il numero della città metropolitane con i risultati che vediamo ogni giorno”.

Per quanto riguarda la vocazione plebea e quella proletaria della città Bassolino ha ricordato che nella prima metà dell’800 c’era una grande industria e che proprio a Napoli nacquero le prime borse lavoro. Quindi, ha riportato l’opinione di Emilio Sereni il quale nel 1926 sostenne che “la classe operaia deve conservare la propria purezza senza dover subire l’inquinamento da parte della plebe”.

In merito al ruolo avuto dalla borghesia napoletana nel corso degli anni Bassolino non ha dubbi e il ritratto che propone all’uditorio è in chiaro-scuro della borghesia intellettuale ed imprenditoriale.

Se si pensa ai danni fatti dai palazzinari denunciati da Francesco Rosi nello suo straordinario film “Le mani sulla città” fu un massacro edilizio. In politica e in urbanistica non esiste il vuoto: è indispensabile avere un piano urbanistico la cui assenza consentì ai costruttori di farla da padroni. E quando nel 1993 fui eletto sindaco il primo punto del programma c’era l’adozione del piano regolatore.

In proposito, molto interessante la disamina tracciata da Bassolino sulla sua prima candidatura ed elezione a sindaco di Napoli dopo una dura battaglia con Alessandra Mussolini, candidata della Destra: “Avevo avuto incarico dal Enrico Berlinguer di scegliere tra varie designazioni ma quando ci si rese conto che si poteva anche perdere si decise la mia candidatura per sconfiggere la popolarità che lei stava acquisendo. Smisi di cercare un candidato; decisi di scendere in campo personalmente e vincemmo le elezioni. Fu una battaglia durissima anche perché la Mussolini era forte tra la plebe mentre io ero forte tra la classe operaia”.

Non poteva mancare una domanda sulla Camorra che Bassolino considera il principale nemico del Mezzogiorno: “Non è l’anti-Stato; non è un tumore maligno perché in questo caso basterebbe il bisturi.

La Camorra non è fuori ma è dentro lo Stato; è nell’economia e nella società. È cultura della sopraffazione ed è la battaglia più importante da combattere ancora oggi. Per farlo bisogna muoversi tutti insieme (politica, cultura e imprenditoria).

Favorendo la tolleranza e praticando il rispetto favoriremmo la crescita civile. Bisogna offrire ai ragazzi delle prospettive concrete. I camorristi non sono marziani, hanno le nostre facce, li incontriamo ovunque e non solo nei Quartieri Spagnoli”.

Un avvenimento importante per la città fu il G7 del 1994 “quando a Napoli vennero i grandi della terra la cui presenza spinse stranieri di ogni parte del mondo a visitare Napoli. Purtroppo, però, la crescita è stata incontrollata”.

Alla precisa domanda sui motivi per cui il Mezzogiorno ha bisogno di una “capitale” Bassolino ha affermato deciso: “Il mezzogiorno ha bisogno di una testa intellettuale e scientifica come era in passato con la Federico II e l’Orientale. Quando Napoli si stacca dal Mezzogiorno soffrono sia Napoli che il Mezzogiorno. Bisogna lavorare per far crescere la testa (Napoli) e il corpo (Mezzogiorno). Quando si separano sono guai per tutti”.

Sui momenti più tragici vissuti nel corso della sua lunga attività politica Antonio Bassolino non ha avuto dubbi: “In primis, il terremoto del 23 novembre 1980: è’ stato una spartiacque dal punto di vista politico, sociale ed antropologico perché nasce allora la Camorra imprenditrice.

Si perde il senso di comunità e Cutolo e la Nuova Famiglia acquistano un ruolo e un potere che prima non avevano. C’è stato un prima e un dopo così come è avvenuto nel 1978 con il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro; così come è avvenuto nel 1984 con la morte di Enrico Berlinguer: il PCI finisce allora. Berlinguer si era spinto al limite estremo rompendo con la Russia. Berlinguer non era solo il segretario nazionale del PCI ma era un uomo stimato da persone lontanissime politicamente”.

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Antonio Bassolino a Moliterno

Al termine dell’incontro rispondendo ad una nostra domanda sui motivi per cui la “stagione dei sindaci” iniziata con la legge che stabiliva l’elezione diretta nel 1993 ebbe breve durata Antonio Bassolino ha così risposto: “Il discorso è abbastanza complesso. Comunque, la riforma elettorale che portò all’elezione diretta dei sindaci non è stata accompagnata dalla riforma dello Stato. In pratica, il discorso è rimasto incompleto”.

Si ringrazia Pasquale Dicillo per avere messo a disposizione le foto dell’incontro.

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