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“Mode e modi di donne”, a Buccino la mostra che racconta la storia al femminile – Maria Rosaria Pagnani per Vallo Più

È stata inaugurata a Buccino, nella Casa Comunale (ex Convento Eremitano, Piazza Municipio,1) la mostra permanente “Mode e Modi di Donne”, oggetti d’epoca per raccontare la storia al femminile. Si tratta di una collezione privata di Maria Rosaria Pagnani. “Un momento sentito e partecipato” lo ha definito il sindaco di Buccino, Pasquale Freda, presente alla cerimonia con il collega di Eboli, Mario Conte. “Giorno dopo giorno con iniziative come questa – ha proseguito il sindaco Freda- Buccino cresce, si evolve e si nutre di passione, di impegno e di cultura. Questa splendida mostra, unica al mondo, dona ulteriore slancio e visibilità al nostro amato paese. Grazie di cuore a Maria Rosaria Pagnani per la generosità e l’amore che mostra per il nostro territorio per avere regalato nostra comunità un elemento aggiunto di valore unico”. Abbiamo chiesto alla prof.ssa Maria Rosaria Pagnani, da sempre attenta alle problematiche delle donne, a cui ha dedicato numerosi libri, di illustrarci l’iniziativa. Pubblichiamo volentieri il suo intervento.

Di Maria Rosaria Pagnani

Il mio sogno di un Museo delle donne comincia a prendere corpo con la mostra permanente “Mode e modi di donne”, in attesa che gli spazi si allarghino fino a contenere le migliaia di oggetti della mia collezione. Oltre trent’anni alla ricerca di capi al femminile per raccontare una storia minore, seguendo le tracce dell’ago e del filo, di mani operose, di occhi stanchi, di sospiri d’ amore. 

Dalla prima alla sesta bacheca è un andare a ritroso negli ultimi due secoli, è un attraversare paesi, è un solcare mari. Non c’è discontinuità, tuttavia, tra la filigranata borsetta yemenita e l’abito da sposa buccinese o calabrese.  Non c’è stonatura tra le rustiche tele e le sete fruscianti, perché il mondo delle donne vive gli stessi sentimenti in qualunque tempo e luogo esso palpiti. Nella ricca esposizione vi sono degli oggetti del cuore, dai quali mi sono allontanata con una certa malinconia, ma ha vinto in me la consapevolezza che essi si ergeranno a simbolo di un mondo che fu.

Nella prima bacheca tra fusi e conocchie tanti imparaticci, samplers, quei compiti con letterine e numeri che le fanciulle portavano avanti nelle scuole di ricamo. Molte di loro, incolte e costrette a tacere, con l’ago e il filo, invece, hanno siglato la biancheria intima, hanno firmato i capi di corredo, hanno scritto dolci frasi d’amore. Parole ricamate che hanno vinto sui discorsi maschili dispersi nei mille rivoli dell’oblio.

La seconda bacheca, in cui troneggia un vaso da notte familiare, è il trionfo dell’intimo tra mutandoni, culotte, calze e calzette, mantelline da pettinature, busti, copribusti e matinèe.  E mentre un timido tanga testimonia l’emancipazione femminile, mutandoni spudorati si scontrano sul nome della prima donna che li ha indossati. Fu Lucrezia Borgia o Caterina de’ Medici? La questione, ormai, non interessa più nessuno, mentre un paio di calze in seta dipinte, ricordano ancora l’umiliazione delle “mezze calzette”. 

Nella terza bacheca si respira aria di festa tra abiti da sposa e tanto candido tulle, simbolo di verginità. A proposito di verginità, in un angolo “il fazzoletto del compare” usato per verificare l’illibatezza della sposa, si lascia nascondere in parte dal “fazzoletto della commara” donato per asciugare le lacrime della sposa.Di certo meno raffinati del fazzoletto di nozze della Normandia di fine 1800, lavorato intorno ad un fonde de bonnet. La scena è dominata da una bambola dolcissima dal viso malinconico, pegno d’amore di un marito innamorato per la sua giovane sposa nel settembre buccinese del 1934.

Segue la bacheca elogio della maternità, con oggetti e manufatti che ricordano la vita quotidiana e le grandi occasioni. Tra fasce, bavette, camicine e copertine che hanno riempito l’attesa delle madri, vi sono colletti, abiti per tutte le età con pizzi e merletti ed anche vecchi quaderni ed antiche pagelle.  Si esibiscono in bianco e nero tanti bimbi seminudi ed acconciati negli abiti da battesimo e prima comunione con genitori impettiti e madrine inorgoglite per quegli eventi che segnavano la vita delle famiglie.

La quinta bacheca è il regno delle frivolezze tra ventagli, parasole, borsette e cappellini, scialli ed enormi colletti dalle preziose trasparenze. Si fanno notare una giacchetta del primo novecento buccinese e una mantella napoletana da lutto in seta operata e ricamata in jais, l’unico lusso concesso alle vedove, secondo i dettami imposti dalla regina Vittoria. 

A stemperare il clima di raffinatezza uno scialle in pesante lana bouclè, quel riparo dal freddo, dentro il quale si nascondevano le donne dei nostri paesi abbracciate ai piccoli nati. Sul nero dello scialle, una macchia di colore: due cercini, detti cruogli, panni intrecciati a proteggere il capo dal peso trasportato. I cercini di marmo levigato sul capo delle cariatidi del Foro di Augusto, cruogli ruvidi sul capo delle contadine diventano quelle corone di morbide trecce sulla sommità del capo a donare leggiadria a tanti volti femminili.

L’ultima bacheca è uno sfavillio di ricami in oro su capi laici e religiosi, opere di maestranze femminili in laboratori casalinghi e conventuali: una mantellina da sera del 1860, un velo omerale, una mazzetta o mantellina da confraternita, una pianeta, un gilet con pantalone ricamato a fili argentati, un gilet in seta con ricami a motivi floreali del 1855, con documento accluso a testimoniare la paternità: Giovanni Campagna da Eboli, guardia d’onore di stanza a Persano. Si impone un abito tradizionale, proveniente da famiglia nobiliare di Caggiano, composto da sottoveste, gonnellone, camicia, corpetto e grembiule ricamato a fili dorati.

Ogni oggetto, ogni manufatto ha una sua storia, ogni oggetto, ogni manufatto è legato a un ricordo della mia passione di collezionista. Tutti insieme in una fusione di colori vividi o sbiaditi e di forme, per lo più dimenticate sono, in realtà, racconti sussurrati accanto ai camini, nelle fumose cucine, nei salotti borghesi e destinati a donne e uomini, che ne sanno cogliere il senso profondo, misterioso, arcaico.

Questo e tanto altro è la mostra “Mode e modi di donne”.

MARIA ROSARIA PAGNANI

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