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Nicola Giacumbi, la storia del Procuratore del Tribunale di Salerno trucidato dalle BR che rifiutò la scorta per non mettere in pericolo altre vite

Di Geppino Giuseppe D’Amico

Il Rotary Club Sala Consilina – Vallo di Diano organizza la 42^ edizione del Premio Vacanze “Nicola Giacumbi”, riservato ai figli degli operatori delle Forze dell’Ordine del Vallo di Diano, privilegiando la migliore pagella conseguita nel 3° anno delle superiori, ed è intitolato al Procuratore della Repubblica di Salerno, Nicola Giacumbi, trucidato dalla Brigate Rosse a Salerno il 16 marzo 1980.  La cerimonia finale si terrà domenica 19 marzo presso il teatro comunale “Mario Scarpetta” di Sala Consilina, con inizio alle ore 17,00. Il vincitore (o la vincitrice) sarà premiato dal Presidente del Club, Giuseppe Lamaida, e dal Governatore del Distretto Rotary 21101 Campania, prof. Alessandro Castagnaro.  La manifestazione di quest’anno coincide con la Giornata della Legalità e si avvale della collaborazione dell’Associazione “I Ragazzi di San Rocco”. Sarà messo in scena ad opera di una compagnia di Venezia lo spettacolo teatrale “La ferita nascosta”, con Francesco Geraldi e Matteo Campagnol, dedicato alla vicenda di Aldo Moro (Testo dello stesso Geraldi con la regia di Gigi Dall’Aglio). Durante il pomeriggio sarà possibile acquistare delle cartoline dedicate all’evento, con annullo filatelico a cura di Poste Italiane.

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Sala Consilina ricordò Nicola Giacumbi nel vecchio palazzo di Giustizia di Sala Consilina in Via Mezzacapo: su proposta del Procuratore della Repubblica dell’epoca, Alfonso Lamberti, in sinergia con l’amministrazione comunale dell’epoca, a Nicola Giacumbi fu intitolata l’aula della biblioteca della Procura della Repubblica. Chi era presente a quella semplice ma significativa cerimonia ricorderà certamente anche la straordinaria prolusione che Alfredo De Marsico, carico di anni ma straordinariamente lucido come sempre, tenne ad un uditorio che ascoltò in religioso silenzio. Due gli argomenti trattati: la legalità e la spiegazione della differenza tra eroismo e martirio.

Il dott. Nicola Giacumbi, “facente funzioni” del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, fu barbaramente assassinato la sera di domenica 16 marzo 1980, mentre stava rientrando a casa in compagnia della moglie. Fu colpito da quattordici colpi di pistola, esplosi alle spalle da un gruppo di terroristi della colonna salernitana delle “Brigate Rosse – Fabrizio Pelli”, dal nome di un giovane già condannato per rapine e arrestato a Pavia nel dicembre 1975 mentre si avvicinava a un appartamento ove le forze dell’ordine avevano da poco rinvenuto denaro e, assieme, documentazione riferibile alle “Brigate Rosse”. L’omicidio ebbe un forte valore simbolico: sia perché avveniva a due anni esatti dal sequestro dell’on. Moro e dall’uccisione degli uomini della sua scorta sia perché, con esso, le “Brigate Rosse” vollero accreditare l’ipotesi della creazione di un blocco di violenza terroristica che cominciava a unire il Nord e il Sud. L’attentato fu compiuto da un nucleo armato i cui componenti furono successivamente identificati. Il magistrato aveva precedentemente rifiutato la scorta per non rischiare altre vite accettando il ruolo di “facente funzioni” di procuratore della Repubblica. Lascia la moglie Lilly ed il figlio Giuseppe di sei anni.

Nell’accettare il ruolo di “facente funzioni” del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, Giacumbi aveva rifiutato di essere tutelato per non rischiare che un attentato contro di lui potesse provocare altre vittime. Stava indagando su un incendio doloso sviluppatosi a seguito di un attacco dinamitardo presso una filiale della Fiat. Otto i brigatisti individuati come autori dell’omicidio di Giacumbi, tutti successivamente condannati dalla Corte d’Assise d’Appello di Potenza.

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In quegli anni anche in Campania si respirava un clima difficile. Prima Nicola Giacumbi, poi Pino Amato(ucciso dalle BR a Napoli il 19 maggio sempre nel 1980) e Raffaele Delcogliano, anch’egli ucciso dalle BR a Napoli il 27 aprile 1981). Nella nostra regione gli anni di piombo del terrorismo si intrecciano con quelli ancor più sanguinosi segnati dalla guerra di camorra senza dimenticare alcune azioni compiute insieme come nel caso dell’oscura vicenda dell’Assessore Regionale all’Urbanistica, Ciro Cirillo, rapito dalle BR guidate da Giovanni Senzani il 27 aprile del 1981. L’agguato costa la vita all’agente di scorta, Luigi Carbone, e all’autista Mario Cancello, mentre il segretario, Ciro Fiorillo, viene gambizzato. Cirillo sarà rilasciato il 24 luglio successivo dopo il pagamento di un forte riscatto e grazie ad una laboriosa trattativa, non del tutto chiarita, tra poteri dello Stato e BR con la mediazione di Raffaele Cutolo, allora ristretto nel carcere di Ascoli Piceno. Sempre a Napoli il 15 luglio del 1982 viene ucciso il commissario di polizia Antonio Ammaturo. Indagava sulla camorra di Cutolo e non sul terrorismo, ma ad ucciderlo furono le Br: forse il prezzo pagato nel baratto tra le Br e Cutolo durante la trattativa per la liberazione di Ciro Cirillo. Per la liberazione di Cirillo vengono condotte trattative segrete con la mediazione della criminalità organizzata comune e viene pagato anche un riscatto, contrariamente a quanto avvenuto in occasione del rapimento Moro.

Durante la guerra di camorra tra NCO e Nuova Famiglia dal 1981 al 1983 si contano 852 morti ammazzati tra camorristi, forze dell’ordine e politici. Va ricordato il medico Mimmo Beneventano, di origini pollesi e consigliere comunale di Ottaviano, fatto uccidere da Raffaele Cutolo il 7 novembre del 1980, colpevole di aver votato contro una lottizzazione che interessava Rosetta Cutolo. Altro omicidio da ricordare è quello del criminologo Aldo Semerari, rinvenuto decapitato nella sua auto il 1° aprile del 1982 sempre ad Ottaviano, nei pressi del castello di Cutolo.

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Perché Giacumbi? All’inizio i motivi sono noti solo agli addetti ai lavori ma poi pian piano cominciano a trapelare provocando non poco sconcerto: Nicola Giacumbi reggeva provvisoriamente la procura di Salerno a seguito delle dimissioni del titolare dell’importante ufficio che aveva deciso di andare in pensione con quattro anni di anticipo perché aveva ricevuto minacce. L’incarico provvisorio in attesa della nomina di un nuovo titolare viene accettato da Giacumbi dopo che un altro collega ha preferito rinunciare perché, evidentemente, non vuole correre rischi. Ben consapevole dei pericoli a cui va incontro, il magistrato non solo accetta ma rifiuta anche la scorta per evitare che, in caso di attentato, potessero rimanere coinvolti anche gli uomini della scorta così come era avvenuto esattamente due anni prima, il 16 marzo del 1978, in occasione del rapimento di Aldo Moro quando vengono trucidati i cinque agenti della scorta. Alcuni retroscena della vicenda emergono subito dopo i funerali di Nicola Giacumbi perché ricevono ampio risalto sulla stampa anche perché alcune “voci di dentro” si lasciano scappare che si, sospettavano un attentato, ma pensavano ad una gambizzazione e non ad una uccisione. Dopo il clamore iniziale, però, lentamente, a differenza di quanto avvenuto per episodi analoghi in altre città italiane, l’eco si affievolisce.

La città continua ad interrogarsi e scopre di vivere una situazione drammatica di cui fino ad allora era venuta a conoscenza solo attraverso i giornali per episodi verificatisi altrove. Prima e dopo di Nicola Giacumbi, infatti, si contano altre vittime tra i magistrati:

  • Francesco Coco, Genova, 8 giugno 1976. Brigate rosse;
  • Vittorio Occorsio, 10 luglio 1976. Ordine nuovo;
  • Riccardo Palma, Roma, 14 febbraio 1978. Brigate rosse;
  • Girolamo Tartaglione, Roma, 10 ottobre 1978. Brigate rosse;
  • Fedele Calvosa, Frosinone, 8 novembre 1978. Unità combattenti comuniste;
  • Emilio Alessandrini, Milano, 29 gennaio 1979. Prima linea;
  • Nicola Giacumbi, Salerno, 16 marzo 1980. Brigate rosse;
  • Girolamo Minervini, Roma, 18 marzo 1980. Brigate rosse;
  • Guido Galli, Milano, 19 marzo 1980. Prima linea;
  • Mario Amato, Roma, 23 giugno 1980. Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR).

Anche i giornalisti hanno pagano un prezzo molto alto: vengono uccisi il vice direttore de La Stampa di Torino, Carlo Casalegno, ed il caposervizio del Corriere della Sera di Milano, Walter Tobagi, mentre altri, tra i quali Indro Montanelli, vengono soltanto gambizzati. Toccherà in seguito ai giuslavoristi Massimo D’Antona e Marco Biagi.

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