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Il Vallo di Diano “narrato” da Repubblica

“Aggirandosi tra i silenziosi e tranquilli paesi – in totale sono quindici quelli coinvolti – sembra di trovarsi di fronte all’elogio della lentezza, un invito a godere di un’atmosfera rilassante. Ovunque, aleggia il silenzio, interrotto qua e là dal suono dei passi, o dai rintocchi di una campana o un orologio, e così si scoprono bellezze da far invidia a località ben più blasonate”. Descrive così il Vallo di Diano la giornalista Isa Grassano sulle pagine di Repubblica.

“Un angolo non ancora battuto dal turismo di massa, a ottanta chilometri da Salerno e confinante con la Basilicata, con il claim “Rallenta, ti portiamo lontano”, aggiunge nell’articolo Vallo di Diano: nella Campania lucana, una terra antica che viaggia a un’altra velocità”.

Il viaggio di Repubblica alla scoperta del territorio valdianese inizia da Casalbuono, in particolare dal castello medievale, per poi proseguire verso Padula. “Il fiore all’occhiello è la Certosa dedicata a San Lorenzo, uno dei più antichi monasteri certosini d’Italia, nonché il secondo più grande in Europa, dopo la certosa di Grenoble in Francia. Si resta subito colpiti dalla facciata maestosa in pietra locale iniziata nel Cinquecento e arricchita agli inizi del Settecento, rispettando i canoni barocchi”, scrive Grassano.

Ma Padula è anche la cittadina che ha dato i natali a personalità come Giuseppe “Joe” Petrosino, il poliziotto leggendario emigrato in America, diventato simbolo della legalità e assassinato per mano della mafia a Palermo il 12 marzo 1909. La sua casa viene descritta dalla giornalista attraverso la voce del suo pronipote Nino Melito che spesso accompagna per le visite.

A Padula non può mancare una visita al Museo del Cognome – diventato una Biblioteca Affiliata a FamilySearch – in cui le genealogie prendono forma e vengono custodite. Un museo, nato da un’idea di Michele Cartusciello, in cui recuperare le proprie origini, soprattutto per gli emigrati.

Lasciata Padula, la giornalista di Repubblica ha fatto tappa a Teggiano, la città museo, dichiarata patrimonio Unesco, che ha conservato integro il suo impianto urbanistico risalente all’età romana.

Viene chiamata anche la “città delle chiese”. Sono ben tredici, tra cui la Chiesa di San Michele Arcangelo, tra le più antiche, e la Cattedrale di Santa Maria Maggiore con un maestoso portale, impreziosito con sculture.

La scoperta del territorio continua ad Atena Lucana, l’insediamento più antico del Vallo, per poi proseguire a Pertosa, famosa per le sue grotte sotterranee. Infine a Polla, la Porta del Vallo, che conserva il prezioso Santuario Sant’Antonio, patrimonio Fai, che mantiene una sobria architettura rinascimentale e toni francescani all’esterno e uno stile barocco all’interno.

E dopo un viaggio alla scoperta dei luoghi, non si può resistere alla tentazione culinaria del Vallo di Diano, dove la cucina affonda le radici nel passato e rivive grazie a persone come Anna di Casalbuono, insegnante in pensione, che ha trasformato l’ex panetteria di famiglia in un luogo conviviale, un “home restaurant” – Anna di Esterina – che accoglie, solo su prenotazione, chi ha voglia di provare attraverso il buon cibo emozioni del passato e soprattutto sente il bisogno di rallentare, magari di scoprire la storia di questi luoghi, visitando il Museo Archeologico di Sala Consilia, all’interno del cinquecentesco Convento dei Padri Cappuccini, nel quale sono conservati oltre 1000 corredi sepolcrali, a partire da quelli del tipo a incinerazione risalenti all’età del ferro (IX secolo a.C.) fino ad arrivare a quelle di età lucana (IV sec. A.C.). Ma prima di visitare il museo, si possono assaggiare salami e formaggi alla “Putia di Kasanna”. E se si ha voglia di provare una varietà insolita di carciofi, basta andare da Ba’Aretz a Pertosa, un’oasi di pace, a trecento metri dalle grotte, immerso nel verde lungo gli argini del fiume Tanagro. Qui si coltiva una varietà di carciofi fra le più insolite della penisola: il carciofo Bianco di Pertosa o del basso Tanagro, caratterizzato da una colorazione tenue (un verdolino chiaro, quasi bianco) e dalla resistenza alle basse temperature, presidio Slow Food.

Nel viaggio alla scoperta delle tradizioni culinarie del Vallo di Diano, non poteva certo mancare il vino, da degustare all’enoteca Tempere a Sant’Arsenio, della famiglia Pica. E per gli amanti delle specialità locali, oltre al vino, a Padula si può assaggiare un antico elisir Silentium, con oltre 70 specie botaniche, tra cui elicriso e zafferano, un omaggio alla maestria dei monaci, alla quale si sono ispirati due giovani del posto, Francesco e Nicola, per dare vita a una piccola realtà imprenditoriale dedita alla tradizione liquoristica.

Ma il territorio non è soltanto eccellenze gastronomiche, arte e storia. Il Vallo di Diano offre anche la possibilità di immergersi nella natura al Parco dei mulini di San Pietro al Tanagro (con mulini recuperati e visibili). Il piacere di fare lunghe passeggiate in mezzo ai boschi di cerri, alberi dai lunghi rami che s’intrecciano spandendosi in arditi arabeschi. “Basta sincronizzare il ritmo del passo con la respirazione, per essere pervasi da una sensazione di benessere immediata. È un paesaggio che incoraggia la virtù della pazienza e del vivere slow. Attraversandolo vi accorgerete che dentro avete già rallentato”, conclude Isa Grassano.

L’articolo integrale di Repubblica

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