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Con-Tatto – I Patti prematrimoniali? Utili per vivere felici: anche nel Vallo di Diano sono esistiti da sempre

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Sono trascorsi oltre 60 anni da quando il mitico Renato Carosone cantava “T’è piaciuta”, il brano il cui divertente incipit potete ascoltare all’inizio del video della puntata odierna di Con-Tatto. All’epoca, secondo la tradizione, il matrimonio era un vincolo indissolubile. Pochi anni dopo, il 1° dicembre 1970, entrava in vigore la legge 898 (nota come Fortuna-Baslini) che dava il via libera alla “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio” e poneva fine ad un tabù della società italiana che considerava il matrimonio una scelta indissolubile. Il divorzio, confermato dal risultato del Referendum del 1974, ha consolidato i patti prematrimoniali che non sono una scoperta di oggi, bensì un retaggio antico.

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In tema di celebrazione e indissolubilità del matrimonio la Chiesa ha sempre rivendicato una competenza esclusiva, sancita dal Concilio di Trento: bisognerà attendere il 1784 per registrare la prima introduzione del matrimonio civile in Italia con l’estensione alla Lombardia della “patente austriaca” del 1783. Con l’entrata in vigore della legge Fortuna-Baslini la situazione è notevolmente cambiata. Particolarmente interessante è il libro di Daniela Missaglia e Valeria De Vellis, “Patti prematrimoniali. Per vivere felici, contenti e lontano dai tribunali”, di recente pubblicazione. In Italia i patti prematrimoniali non sono previsti ma neppure vietati per cui vengono stabiliti con una scrittura privata. In questi casi ci si affida ad un avvocato matrimonialista. Non a caso il libro è stato scritto da due avvocate per spiegare come impostare le strutture private che non devono essere necessariamente legate ad una ipotesi di divorzio ma possono essere un deterrente: prevenire è sempre meglio che vedersela in un tribunale con un giudizio dall’esito incerto.

I patti prematrimoniali, sono sempre esistiti anche nel nostro territorio. Infatti, il matrimonio era preceduto da veri e propri accordi stipulati in presenza di un notaio “ante fores ecclesiae”, cioè davanti alle porte della chiesa. Particolarmente interessanti sono alcuni documenti a conferma che, in tema di dote, nel Vallo di Diano e nel Cilento le famiglie continuavano a seguire nei secoli basso-medievali il diritto longobardo.

Nel primo documento, redatto nella terra di Sala il 28 settembre 1348, Riccardo, Giacomo e Giovanni, figli del fu Ruggero di Minasso, davanti le porte della chiesa di San Salvatore, per conto della sorella Billella danno a Nicola de Pasca i seguenti beni dotali: una catena di ferro per il fuoco, una grattugia (grattarolam) in ferro, due padelle (sartaginas) una nuova e una vecchia, due caldaie mediocri, coperte di lana, lenzuola ed altri beni apprezzati un’oncia e un tarì. Inoltre, Nicola dichiara di avere già ricevuto, oltre il ferro, il rame e i panni, 3 once e 15 tarì in danaro, una casa nella parrocchia di San Pietro di Sala.

Il secondo documento, redatto a Teggiano in data 17 novembre 1437, stabilisce i patti matrimoniali tra Nicola de Notaria e Mariella de Zocta (rappresentata dal padre Giovanni). La sposa porta in dote danaro (5 once) e corredo: una catena di ferro per il focolare, una grattugia, due caldaie di diverso formato, due padelle di diverso formato, un saccone, un materasso de illis de Dyano, un paio di tende, due coperte, alcune tovaglie, un fazzoletto decorato con ricami in oro, un capiczellum (cappello) e tre camicie da donna, secundum usum et consuetudinem hominum terre Dyani. Lo sposo, invece, assegna alla sposa la somma di 1 oncia e 20 tarì, e la quarta parte di tutti i suoi beni. In caso di scioglimento del matrimonio per la morte di uno dei coniugi, Nicola o i suoi eredi restituiranno a Mariella o ai suoi eredi la dote, la roba e la quarta.

Il terzo documento, redatto a Polla l’8 agosto 1490, interessa gli sposi Antonello Pellegrino e Serena, figlia del nobile Nicola Antonio di Polla. Stabiliscono, davanti alla chiesa di San Nicola dei Latini, patti matrimoniali formulati more nobilium et iure Francorum: la sposa porta in dote 30 once, di cui 20 in contanti e 10 in beni dotati (mataratia duo plena lane etc.); l’uomo dona alla donna una somma (10 once) corrispondente alla terza parte della dote, nonché alcune robe. Il quarto documento, redatto a Polla l’8 agosto 1490, interessa gli sposi Antonello Pellegrino e Serena, figlia del nobile Nicola Antonio di Polla. Stabiliscono, davanti alla chiesa di San Nicola dei Latini, patti matrimoniali formulati more nobilium et iure Francorum: la sposa porta in dote 30 once, di cui 20 in contanti e 10 in beni dotati (mataratia duo plena lane etc.); l’uomo dona alla donna una somma (10 once) corrispondente alla terza parte della dote, nonché alcune robe.

Concludiamo con il matrimonio più sfarzoso di sempre, almeno nel nostro territorio. È quello celebrato nel 1484 a Diano tra la sorella di Antonello Sanseverino, Giovanna (detta madama Ilaria), da poco vedova di Ferrante d’Aragona (figlio naturale del re di Napoli, Ferdinando I d’Aragona), e Luise Gesualdo, conte di Conza. Per far fronte alle ingenti spese per la dote e per i festeggiamenti Antonello, che aveva voluto quel matrimonio per motivi politici, impose una tassa speciale detta del maritagio alla città di Diano e agli altri paesi che facevano parte del feudo. Dal Liber rationum del principe di Salerno e signore di Diano apprendiamo che furono acquistati moltissimi animali bovini e caprini, notevoli quantità di caciocavalli, farina per il pane, pezze di caci, animali da cortile e orzo per i cavalli degli invitati. Inoltre, per dare il massimo dell’eleganza alla festa, Giovanna fece arrivare a Diano da Salerno e da Napoli un grande assortimento di stoffe preziose quali tela de Lando, panno de Londres e taffectà per dotare di abiti eleganti le dame invitate allo sfarzoso ricevimento. Tutto a spese dei contribuenti del feudo.

Oggi sono cambiate molte cose. I patti matrimoniali prevedono ben altro, soprattutto nel mondo dorato dello spettacolo e dell’imprenditoria. Anche il sesso viene disciplinato: si pensi all’accordo prematrimoniale del 1968, tra il magnate greco Aristotele Onassis e Jaqualine Bouvier (vedova di John Kennedy); oppure allo scalpore (accompagnato da un pizzico di ilarità) per l’accordo sottoscritto da Priscilla Chan e Mark Zuckerberg e quello tra Jennifer Lopez e Ben Afflek, i cui dettagli sono troppo noti per ricordarli. Per l’avvocata Daniela Missaglia una simile clausola in Italia (culla del diritto) potrebbe essere nulla perché limita la libertà personale. Un fatto è certo: di fronte al contenuto di simili patti Catone il Censore, vissuto nel II secolo a.C., famoso per la sua austerità ed il suo moralismo, avrebbe commentato: “O tempora, o mores!”  (“O tempi, o costumi!”) .

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