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Federico Conte: “Un referendum per la Città del Sele”

Di Giuseppe Geppino D’Amico

“L’unione dei comuni della Valle del Sele è un progetto possibile”. L’on. Federico Conte, presidente dell’associazione Cittadino Sudd, ci crede e lo ha confermato nel corso di un recente convegno che si è tenuto ad Eboli sul tema “I Comuni del territorio uniti per il rilancio del progetto Città del Sele”.

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Federico Conte

“La valle del Sele -ha sostenuto Conte- è una comunità ricca di potenzialità ambientali, turistiche, imprenditoriali e di giacimenti culturali, che vanno messe in rete e produzione sul piano istituzionale e politico, con lo strumento dell’Unione dei Comuni.

Un progetto politico per unire e unificare coscienze ed energie, proteste e proposte, nel segno dell’appartenenza a comunità di interessi e di destino capaci di rivendicare per sé, in autonomia, a prescindere dal colore del quadro istituzionale di riferimento. E che per la sua realizzazione potrebbe essere oggetto di un referendum che provochi una discussione sulla base di una proposta operativa, che può partite dal Masterplan   territoriale e sociale già elaborato.

Un referendum sul fare e l’autonomia dei luoghi per cambiare senza subordinarsi”.  

La proposta del giovane esponente politico ebolitano si basa su una serie di considerazioni che si possono così sintetizzare: “La crisi dei partiti ha determinato il qualunquismo e il populismo, le due facce dell’anti-politica che, esaurita la sua credibilità con le esperienze di governo che ha generato, ha ormai indotto nella società una diffusa a-politica, di cui l’astensionismo è espressione. Segnando la crisi se non la fine della democrazia come l’abbiamo conosciuta”.

Un ulteriore contributo al progetto Federico Conte lo ha individuato nell’ultimo libro del professor Carlo Galli, “Democrazia ultimo atto?” Il potere nazionale concentrato nelle mani di pochi, che peraltro non sono neanche i migliori, si regge sul distacco cinico e calcolato dai territori che, ormai, non hanno più rappresentanza diretta e politica, ma forme differenziate di subalternità.

Alla crisi in atto non è possibile rispondere rilanciando i vecchi partiti, apparsi incapaci di offrire una dimensione unitaria ai problemi della società, né con il civismo collettivo, che vede ridursi la sua efficacia man mano che risale la filiera istituzionale.

Da qui pende corpo la proposta di una nuova questione democratica non di “scuola”, ma di “opera” ovvero una “questione territoriale” di comunità vaste di cui sono espressione, per aspetti diversi, la rivolta di Reggio Calabria del 1970 (fallita perché politicamente strumentale e violenta) e la rivendicazione leghista che ha segnato la seconda repubblica, che ha raggiunto il suo obiettivo perché espressione di un anelito sociale e territoriale, ostile al Sud, ma per sé stessa vitale”.

A giudizio di Federico Conte “la realizzazione del progetto passa attraverso un referendum ed un progetto sociale già elaborato. Un Referendum sul “fare” e “l’autonomia dei luoghi” per cambiare senza subordinarsi”. 

***

La proposta del referendum di Federico Conte fa seguito ad un’altra iniziativa cha sta portando avanti da tempo contro l’autonomia differenziata da lui considerata “l’antitesi della storica e irrisolta questione meridionale”.

La sua è una posizione assunta da tempo e che ha già illustrato in diversi contri pubblici con i cittadini: “Con questa proposta il governo, con la connivenza delle opposizioni intende rafforzare il potere delle regioni, che andrebbero riformate in quanto fonti di arretramento e di malgoverno, per permettere al Nord di competere con la ricca Baviera e rendere il Sud una realtà coloniale.

Si tratta di una politica cieca ed estrattiva per i ricchi contro i poveri che nuocerà all’Italia e anche al Nord. L’asse dello sviluppo dell’Europa e dell’Italia deve convergere verso il Mediterraneo, un bacino naturale intercontinentale (Europa, Asia, Africa)”. Per Federico Conte “il futuro è l’Europa mediterranea e il Mezzogiorno ne è il molo di collegamento”.

Per Federico Conte la proposta del ministro Calderoli è “una svolta antimeridionale del Governo che intende procedere a ritmo serrato, come una priorità assoluta se non unica. Non è più una eventualità ma un disegno politico che emerge chiaramente dalle intenzioni leghiste. Un disegno studiato per attribuire pieni poteri al ministro leghista Calderoli, che potrà trasferire nuove funzioni e risorse alle regioni in barba a Lep, costi standard e perequazione e soprattutto con buona pace del Mezzogiorno d’Italia: “Regionalismo differenziato e federalismo fiscale sono due lati della stessa medaglia che unisce i principali partiti di centro-sinistra e di centro-destra nella prospettiva di una modifica surrettizia della Costituzione in danno del Sud. Il tutto mentre la Svimez con l’ultimo rapporto denunzia l’aggravamento del divario sul piano produttivo, dell’occupazione e della povertà assoluta. Se nessuna forza politica nazionale se ne farà carico, la legittima difesa contro la manovra nordista dovrà partire dalla società meridionale, libera dai condizionamenti di una classe dirigente senza rappresentatività e peso nazionale”.

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Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
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