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Moliterno, Carmine Pinto al Festival dell’800: “C’è un grande bisogno di memoria”

Di Giuseppe Geppino D’Amico

“Il Mezzogiorno nell’Ottocento”: il tema che ha dato il titolo alla terza edizione del “Festival dell’Ottocento” è stato al centro della serata finale della manifestazione organizzata dal Comune di Moliterno che per due giorni ha richiamato l’attenzione di tantissimi appassionati della storia del territorio.

Tra i vari eventi della seconda serata ha suscitato particolare interesse proprio il convegno sul tema “Il Mezzogiorno nell’Ottocento”, incentrato sul confronto coordinato da Mario Migliaccio, che ha visto impegnati Carmine Pinto (Docente di Storia Contemporanea dell’Università di Salerno), Donato Verrastro (Docente di Storia Contemporanea dell’Università di Basilicata) ed Enzo Alliegro (Docente di Antropologia Culturale dell’Università Federico II di Napoli.

Particolare attenzione è stata prestata anche alla storia di Moliterno che proprio nel XIX secolo svolse un ruolo importante nella storia della Basilicata.

Meritano di essere ricordati alcuni moliternesi illustri quali lo storico Giacomo Racioppi, il generale Giuseppe Parisi (fondatore a fine ‘700 della scuola militare della Nunziatella a Napoli), il giornalista e noto cospiratore antiborbonico Ferdinando Petruccelli della Gattina ed il pittore Michele Tedesco.  

Nel suo intervento introduttivo Mario Migliaccio si è soffermato sui cambiamenti irreversibili registrati nell’Ottocento ed ha sostenuto l’importanza della storia locale per il contributo che ha dato a quella nazionale.

Come evidenziato da Carmine Pinto, fu proprio il moliternese Giacomo Racioppi, un liberale conservatore, che si impegnò particolarmente a negoziare tra le varie anime della rivoluzione che dopo sette secoli durante i quali Napoli era stato un regno autonomo segnò il passaggio allo Stato nazionale, quindi da Monarchia assoluta a Monarchia costituzionale, convinto che fosse questo il solo modo per fare l’Italia unita.

Unificazione e rivoluzione dovevano camminare insieme per scrivere il futuro. In pratica, questo il Racioppi pensiero, “La nuova Monarchia succede ma non continua”. Per il docente salernitano un anno cruciale per costruire l’Unità è il 1848 che è un momento importante per l’intera Europa, mentre il 1860 è importante solo per l’Italia.

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Carmine Pinto a Moliterno

Nel 1848 la parola d’ordine è “libertà”, garantita dalla Costituzione rispetto all’assolutismo precedente. E la parola libertà viaggia insieme all’altra parola chiave che è la rivoluzione, che è un atto necessario per costruire un mondo nuovo rispetto al mondo vecchio.

La grande rivoluzione è data proprio dalla lotta per la conquista della libertà. A conclusione del suo intervento Pinto ha evidenziato la necessità di evitare di ridurre a battute la storia come, purtroppo, sta avvenendo negli ultimi trent’anni ed ha lanciato alcune proposte per la prossima edizione del Festival che è ormai un punto fermo per la cultura locale e non solo.

Per Enzo Alliegro l’Ottocento è importante per porre il problema del Mezzogiorno: è necessario distinguere tra paese reale e paese immaginato. Soprattutto, non c’è molta differenza tra i paesi rurali del Nord rispetto al Sud: siamo di fronte ad una meridionalizzazione del fenomeno.

Nel XIX secolo nasce, anche in Basilicata, lo stereotipo del meridionale brigante e assassino mentre nel Novecento c’è rassegnazione e apatia con la nascita, negli anni ’50, del familismo amorale. In tema di libertà, ricordando il ruolo svolto da Petruccelli della Gattina, l’antropologo lucano ha precisato un dato: il concetto di libertà vissuto nel Mezzogiorno è diverso rispetto a quello vissuto durante il soggiorno a Parigi.

Altro elemento importante della storia del mezzogiorno (e non solo) è il fenomeno emigrazione che presenta aspetti diversi tra quella della seconda metà dell’800 e quella dei primi decenni del 900.

Per Francesco Saverio Nitti è uno dei grandi processi sui quali riflettere: causata dalla mancata modernizzazione dello Stato può essere un’opportunità: parto, faccio fortuna e poi ritorno.

Poi magari non torna ma questa è un’altra storia. Quindi, ha concluso evidenziando che iniziative come quella di Moliterno aiutano a coltivare le radici ed a cogliere nel presente le tracce del passato.

Per Donato Verrastro l’Ottocento è stato un secolo di transizione, caratterizzato dalla maturazione di un nuovo processo in quanto lo Stato unitario, nato con una visione “accentralista”, ha bisogno di conoscere un territorio enorme che in gran parte non conosceva, diviso com’era in tanti stati diversi tra loro.

Erano note le problematiche del Nord ma non quelle del Sud dove si conosceva la capitale ma non le zone periferiche. Lo Stato unitario, quindi, ha il problema di approfondire la conoscenza del Mezzogiorno e in quest’ottica va evidenziato il ruolo svolto dalla deputazione lucana in parlamento.

Particolare importanza va riconosciuta alle varie inchieste sul territorio del Mezzogiorno: se l’inchiesta di Iacini si caratterizza per l’attenzione al mondo agrario quella che porta il nome di Sanjust studia i problemi veri della Basilicata e da essa nasce la legge speciale per la Basilicata che precede la legge speciale per Napoli, scaturita dall’inchiesta Saredo.

Purtroppo, si è persa la memoria del viaggio di Zanardelli nel Mezzogiorno che, comunque, fu molto importante per gettare le basi per nuove iniziative.

A conclusione del convegno l’intervento del sindaco, Antonio Rubino. Dopo avere ringraziato i relatori il primo cittadino di Moliterno ha espresso soddisfazione per i risultati ottenuti dalla terza edizione del “Festival dell’800” ed ha annunciato importanti novità per la prossima edizione ed ha così concluso: “Non c’è possibilità di predire il futuro ma conoscendo il passato possiamo avere la possibilità di vivere meglio il presente”.

Carmine Pinto a Moliterno

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