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Con-Tatto – Il 25 luglio 1943 la “Notte del Gran Consiglio del Fascismo”: Alfredo De Marsico tra i protagonisti della caduta di Mussolini

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Nei giorni scorsi abbiamo dedicato ampio spazio alla manifestazione di Salerno dove due torri del nuovo Palazzo di Giustizia sono state dedicate a Diego Tajani, avvocato e ministro dopo l’Unità d’Italia, e ad Alfredo De Marsico, avvocato, docente universitario, parlamentare, ministro di Grazia e Giustizia nell’ultimo Governo Mussolini.

Torniamo ad occuparci di Alfredo De Marsico nel nostro “Con-tatto” perché siamo alla vigilia dell’80esimo anniversario della “Notte del Gran Consiglio” del Fascismo che il 25 luglio del 1943 provocò la caduta di Mussolini e del suo Governo e la fine del Fascismo con l’apertura di una fase nuova nella storia del nostro Paese.

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Contrario all’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale e scettico di fronte all’esito delle operazioni belliche, Alfredo De Marsico, iniziò a mettere in discussione la stessa dittatura fascista, tanto da svolgere un ruolo determinante nelle vicende che portarono al voto di sfiducia a Mussolini da parte del Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943.

De Marsico ne faceva parte in quanto il 6 febbraio del 1943 era stato nominato Ministro di Grazia e Giustizia a seguito di un rimpasto ministeriale deciso da Mussolini. La nomina lo aveva colto di sorpresa perché era considerato dai vertici del Partito un fascista non conformista o, per lo meno, non abbastanza conformista da potere, nell’ambito di un Governo autoritario, esplicare una funzione di tale responsabilità.

Infatti, all’indomani del giuramento De Marsico presenta a Mussolini il suo programma da Ministro che, tra l’altro, prevede: “Nessun favore ai fascisti, nessuna persecuzione agli antifascisti. Sarò Ministro dello Stato e non del Regime. La mia azione avrà di mira, disinteressatamente, la verità e il bene del Paese; io non verrò mai meno alle mie convinzioni per tornaconto e spero che dissensi fra noi non vi saranno mai; quando non riuscirò a superarli, vi prego restituirmi al lavoro e agli studi da cui mi avete fatto l’onore di trarmi”.

Nei cinque mesi in cui rimane alla guida del ministero non mancano divergenze con il segretario del partito, Carlo Scorza, e con lo stesso Mussolini.  Del resto l’esito della guerra non prometteva nulla di buono dopo la sconfitta in Grecia, la perdita dell’Etiopia e della Libia, la disfatta in Tunisia.

A ciò si aggiungeva l’occupazione della Sicilia da parte degli alleati che Mussolini, in un discorso al direttorio nazionale del partito, aveva addirittura sfidato pubblicamente per recuperare l’entusiasmo della popolazione che non capiva affatto il motivo di quella guerra. In quel frangente De Marsico trova un primo alleato nel Ministro delle Comunicazioni, Vittorio Cini, e nella seduta del Consiglio dei Ministri del 19 giugno ‘43 si apre “la prima breccia nella dittatura”.

Quando Mussolini decide la convocazione del Gran Consiglio Dino Grandi, De Marsico, Cini, Bottai ed altri decidono di presentare un ordine del giorno contenente un elenco specifico di tutte le violazioni che il Regime aveva fatto alle sue stesse leggi costituzionali e che lo avevano trasformato in una dittatura personale.

Inoltre, Grandi, che ne sarà il primo firmatario, De Marsico Federzoni e Bottai stabiliscono anche l’ordine di coloro che avrebbero preso la parola, la distribuzione degli argomenti e, in caso di necessità, finanche l’ordine delle repliche.

L’ordine del giorno Grandi

Alle ore 17 del 24 luglio 1943 ha inizio l’ultima seduta del Gran Consiglio che si svolge a palazzo Venezia, nella sala detta del Pappagallo, adiacente al salone del Mappamondo dove Mussolini lavorava.

Nel corso del suo intervento durante la seduta del Gran Consiglio (il tempo a disposizione non ci consente di leggerlo integralmente) Alfredo De Marsico con abbondanza ed efficacia di argomentazioni giuridiche pone in risalto tre punti: la frattura tra Partito e Nazione; la necessità costituzionale dell’appello al Re; il superamento del regime.

Al termine di un lungo dibattito l’ordine del giorno viene messo ai voti ed approvato con 19 voti su 28. Nel dichiarare chiusa la seduta, Mussolini afferma che quel voto aveva determinato la crisi del regime fascista che, in pratica, terminava il suo corso in seguito ad una decisione presa dal suo massimo organo: il Gran Consiglio. Per De Marsico, il 25 luglio del ’43 è la rivolta dei diciannove firmatari dell’ordine del giorno Grandi contro gli abusi e gli errori di Mussolini.

All’indomani del voto Alfredo De Marsico invia una lettera alla moglie Resia per metterla al corrente degli ultimi avvenimenti. Dopo averla tranquillizzata comunicandole “di essere sereno, di stare bene e di non avere preoccupazione di sorta, né ragione di averne”, illustra le sue sensazioni in relazione alla seduta del Gran Consiglio e scrive: “fu di una importanza che solo la drammaticità uguagliò, ed io ne serberò il ricordo come del più alto privilegio toccatomi nella vita. Ho potuto percorrere fino in fondo la via tracciatami dalla coscienza e dalla religione della Patria ed aperta da me e da Cini nella seduta del Consiglio dei Ministri del 19 giugno. Speriamo che coloro cui sono affidate oggi le sorti della Nazione riescano a compiere il loro dovere come noi lo abbiamo compiuto”.

Con le dimissioni di Mussolini il Re nomina Badoglio Capo del Governo ed assume il comando delle Forze Armate. Con la nascita della Repubblica di Salò ci fu l’arresto di alcuni dei 19 che avevano votato contro Mussolini; Alfredo De Marsico scampò all’arresto e, quindi, al successivo processo di Verona dove, però, fu condannato a morte in contumacia.  

Alfredo De Marsico fascismo
Alfredo De Marsico

Con la nascita della Repubblica Alfredo De Marsico fu privato della toga e della cattedra che ottenne dopo alcuni anni grazie a Mario Berlinguer perché “un uomo della levatura di De Marsico non può stare lontano dalla toga”.

Alfredo De Marsico riprese a frequentare le aule universitarie e quelle dei palazzi di giustizia fino a diventare il più grande avvocato d’Italia, “il mago della parola”,“ineguagliato e ineguagliabile”. Enrico De Nicola lo paragonò a Demostene e Cicerone; Genunzio Bentini “il gioiello di Minerva”.

A Salerno l’avv. Nicola Buccico, al quale è stata affidata la commemorazione di De Marsico, lo ha definito “un Maestro, la cima irraggiungibile, un alimento dello spirito, nato per la storia”.


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Alfredo De Marsico fascismo

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1 comment

  1. Sono grato per avermi fatto conoscere una figura significativa e verace della nstr storia. Pasquale Mazzarella

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