Search

Sala Consilina, ricordati Giorgio Ambrosoli e i numerosi avvocati caduti nell’adempimento del dovere

di Giuseppe Geppino d’Amico

L’11 giugno del 1979 veniva assassinato a Milano l’avvocato Giorgio Ambrosoli, Commissario liquidatore della Banca Privata Italiana di Michele Sindona. Da allora sono trascorsi 44 anni ma quella drammatica vicenda non è stata avvolta nel silenzio.

Se ne è parlato ieri a Sala Consilina nel teatro “Mario Scarpetta” nel corso di un convegno sul tema “Caduti per la toga” organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Lagonegro in ricordo di Giorgio Ambrosoli e di tutti gli avvocati uccisi dalla criminalità organizzata. L’evento ha potuto contare sulla collaborazione dell’Associazione Giorgio Ambrosoli di Salerno e di altri sodalizi del Vallo di Diano.

La vicenda Ambrosoli possiamo considerarla storia oppure è ancora presto? Alla domanda posta dall’avvocato Antonello Rivellese ha risposto il Procuratore Capo della Repubblica presso il Tribunale di Lagonegro, Gianfranco Donadio: “Non possiamo considerare storia eventi che ancora producono conseguenze. Esiste un debito di verità su cose che non sono state dette (o che non si sono volute dire). Purtroppo, abbiamo il vizio della memoria: la storia moderna a scuola finisce con la seconda guerra mondiale ma da allora gli avvenimenti hanno avuto una forte accelerazione ma non tutti li conoscono. Eppure la storia ha ancora molto da insegnarci e nei suoi confronti abbiamo un debito di riconoscenza perché ci consente, se la conosciamo, di interpretare il presente e la vicenda Ambrosoli ci consente di leggere la storia con strumenti idonei a comprenderla”.

Entrando nel merito della vicenda il Procuratore Donadio ha ricordato che nel 2017, componente esterno della commissione parlamentare Moro “mi sono imbattuto negli atti Sindona (molti erano coperti dal segreto) e non sono mancati i tentativi per salvarlo. Purtroppo, l’Italia produce i Sindona ma, per fortuna produce anche gli Ambrosoli la cui vicenda ci consente di leggere la storia con strumenti idonei a comprenderla”.

In precedenza, il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lagonegro, Enzo Bonafine, ha illustrato le motivazioni dell’iniziativa: “La data di oggi non è casuale perché in questo stesso giorno nel 1979 venne assassinato Giorgio Ambrosoli. Al suo ricordo e a quello di tutti gli avvocati uccisi per mano della criminalità organizzata è dedicata l’iniziativa di oggi con la quale vogliamo ricordare i tanti colleghi, molto o poco conosciuti che non si sono arresi e non si sono lasciati vincere, facendo quel che era giusto, pur con la consapevolezza di dover pagare a prezzo “molto caro” la scelta di fare il proprio dovere sino in fondo. Il loro testamento spirituale deve essere guida quotidiana nel sostenere il peso della toga, macchiatasi di sangue proprio come quella di tanti magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine, anche se pochi lo ricordano”.

ENZO BONAFINE
presidente Consiglio Ordine Avvocati Lagonegro

A porgere ai presenti il saluto delle associazioni che hanno collaborato all’evento sono stati il sindaco di Sala Consilina, Francesco Cavallone, gli avvocati Antonello Rivellese (Rotary), Carmine Viglione (Presidente Camera Penale), Rosy Pepe (Lions), Pasquale Gentile (Banca 2021), Marianna Tamburrino (Libera Basilicata) e, per l’Associazione Giorgio Ambrosoli di Salerno, Pasquale D’Auto il quale ha avuto un colloquio telefonico con Francesca Ambrosoli. La figlia di Giorgio Ambrosoli ha ringraziato “per questo importante momento di riflessione” evidenziando “l’importanza di far conoscere soprattutto nelle scuole storie come questa ed altre che hanno lasciato il segno nonostante il tempo trascorso”.

Sull’importanza dell’iniziativa si è soffermato anche il Presidente del Tribunale di Lagonegro, Luigi Pentangelo, che ha poi evidenziato “l’isolamento in cui venne a trovarsi Giorgio Ambrosoli che, come altri colleghi avvocati, è caduto per avere fatto il proprio dovere”. Nel corso del convegno sono intervenuti gli avvocati Pietro Di Tosto e Aldo Minghelli, coautori del volume “Tributo di Toga. Le vittime nell’avvocatura -1948/2018”, pubblicato da Herald Editore per l’Ordine degli Avvocati di Roma.

PIETRO DI TOSTO
avvocato foro Roma

Profili virtuosi, testimonianze drammatiche, uomini straordinari proprio perché assolutamente normali, con i loro problemi e le loro paure che, però, come Giorgio Ambrosoli, “hanno portato la croce fino alle estreme conseguenze e se dopo oltre 4° anni ancora vengono ricordati vuol dire che la battaglia l’hanno vinta, non l’hanno persa”. Sono oltre 40 gli avvocati ricordati nel volume, tra i quali figurano i salernitani Marcello Torre e Dino Gassani.

ALDO MINGHELLI
avvocato foro Roma

***

Chi era Giorgio Ambrosoli

Giorgio Ambrosoli nasce il 17 ottobre del 1933 a Milano da una famiglia borghese. Il padre, Riccardo Ambrosoli, è un avvocato ed è impiegato nell’ufficio legale della la Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. Nel 1952, concluso il liceo, decide di seguire le orme del padre e di iscriversi alla facoltà di Giurisprudenza; laureatosi nel 1958 alla Statale (tesi sul Consiglio Superiore della Magistratura) supera l’esame da procuratore (in diritto costituzionale) e inizia a fare pratica nello studio legale Cetti Serbelloni. All’inizio degli anni ‘60 si sposa con Anna Lori. A partire dal 1964, si specializza in ambito fallimentare e nelle liquidazioni coatte amministrative; per questo viene scelto per cooperare con i commissari liquidatori che si occupano della Società Finanziaria Italiana.

Nel settembre del 1974 viene nominato da Guido Carli – Governatore della Banca d’Italia – commissario liquidatore della Banca Privata Italiana, che il banchiere siciliano Michele Sindona aveva portato verso il crack finanziario: compito dell’avvocato milanese è quello di analizzare la situazione economica derivante dagli intrecci tra finanza, politica, criminalità organizzata siciliana e massoneria. Il nuovo incarico gli offre l’opportunità di scoprire e analizzare da vicino le intricate operazioni intessute dal finanziare di Patti.

L’avvocato lombardo si accorge delle numerose e gravi irregolarità commesse da Sindona, e soprattutto i falsi che compaiono nelle scritturazioni contabili; si rende conto, inoltre, delle connivenze e dei tradimenti compiuti da vari pubblici ufficiali. A questo punto Ambrosoli inizia a subire tentativi di corruzione e pressioni che mirano a indurlo ad avallare documenti che testimonino la buona fede di Michele Sindona, in modo da evitargli qualsiasi coinvolgimento sia civile che penale.

Ambrosoli, pur essendo conscio dei rischi a cui sta andando incontro, non cede: nel febbraio del 1975, in una lettera indirizzata alla moglie Anna, le comunica di essere in procinto di effettuare il deposito dello stato passivo della Banca Privata Italiana, spiegandole di non avere timori nonostante i problemi che tale atto causerà a molte persone. Nella missiva, l’avvocato Giorgio Ambrosoli dimostra di essere consapevole che tale incarico sarà pagato “a molto caro prezzo: lo sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un’occasione unica di fare qualcosa per il paese“. Quindi, sottolinea come questo compito gli abbia creato solo dei nemici, che “cercheranno in ogni modo di farmi scivolare su qualche fesseria“.

Le sue indagini

Durante le sue indagini, l’avvocato scopre anche le responsabilità di Michele Sindona verso la Franklin National Bank, un istituto statunitense che versa in pessime condizioni economiche: per questo motivo le indagini non coinvolgono unicamente la magistratura italiana, ma anche l’FBI.

Nei mesi successivi Ambrosoli, oltre ai consueti tentativi di corruzione, deve fare i conti con vere e proprie minacce esplicite: ciò non lo distoglie, in ogni caso, dall’intenzione di riconoscere la responsabilità penale di Sindona e di liquidare la banca. Può avvalersi del supporto politico di Ugo La Malfa e di Silvio Novembre (un maresciallo della Guardia di Finanza) come guardia del corpo, senza, però, ottiene alcuna protezione dallo Stato nonostante le numerose minacce di morte ricevute.

Ambrosoli ha anche il sostegno del governatore di Bankitalia Paolo Baffi e del capo dell’Ufficio Vigilanza Mario Sarcinelli, ma entrambi nella primavera del 1979 vengono incriminati per interesse privato in atti d’ufficio e favoreggiamento personale nell’ambito della vicenda Banco Ambrosiano – Roberto Calvi. Gli viene chiesto, in maniera sempre più esplicita, di ritrattare la testimonianza che aveva fornito ai giudici che stavano indagando sul fallimento del Banco Ambrosiano. Nonostante il clima di tensione sempre più rischioso, Giorgio Ambrosoli continua a condurre la propria inchiesta, pur osteggiato da pressioni politiche evidenti.

La sua ostinazione gli costa cara. La sera dell’11 luglio del 1979, mentre sta tornando a casa dopo avere passato qualche ora in compagnia degli amici, l’avvocato Ambrosoli viene avvicinato da uno sconosciuto davanti al portone di casa: l’uomo (William Joseph Aricò, un malavitoso americano pagato da Sindona 50.000 dollari secondo alcune fonti mentre altre fonti parlano di 115mila dollari), dopo essersi scusato, gli spara quattro colpi 357 Magnum, che lo uccidono.

Ai funerali di Giorgio Ambrosoli non parteciperà nessuna autorità pubblica, a parte alcuni esponenti di secondo piano della Banca d’Italia.

Dopo la morta

Venti anni più tardi, nel luglio del 1999 ad Ambrosoli sarà assegnata la Medaglia d’oro al valor civile quale “splendido esempio di altissimo senso del dovere e assoluta integrità morale, spinti sino all’estremo sacrificio”. Inoltre, è stato inserito nel calendario dei santi laici (alla data del 12 luglio) con la seguente motivazione: “L’uomo nasce libero e non servo, coraggioso e non vigliacco”.

Condividi l'articolo:
Write a response

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Close
Magazine quotidiano online
Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
Close