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Sant’Arsenio, nello splendido scenario del Santuario della Madonna del Carmine celebrato San Gualberto, patrono dei Carabinieri Forestali

Celebrazione di San Gualberto, patrono dei Carabinieri Forestali

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Celebrata questa mattina a Sant’Arsenio, nel Santuario dedicato alla Madonna del Carmine sul Monte Rascini la festa di San Gualberto, patrono dei Carabinieri Forestali (ex Corpo Forestale Italiano).

La celebrazione eucaristica è stata presieduta dal parroco di Sant’Arsenio, don Nicola Fiasco, coadiuvato da don Antonio Breglia e don Luigi Terranova. Presenti diversi Carabinieri Forestali con le loro famiglie. Numerose anche le autorità: il colonnello Maria Gabriella Martino (Comandante Gruppo Carabinieri Forestali di Salerno); il colonnello Mario Guariglia (Comandante Reparto del Parco Nazionale Cilento-Vallo di Diano e Alburni); il tenente colonnello Marcello Russo; una folta delegazione ANFOR di Benevento con il Delegato interregionale Campania e Puglia, cav. Romualdo Coppolaro; il Presidente Associazione Carabinieri Forestali di Salerno, Nicola Capece; il presidente nazionale dell’Associazione Combattenti e Reduci, cav. Antonio Landi. Presente, inoltre, la signora Maria Teresa Angelotti, vedova del Brigadiere Forestale Guida De Santos, medaglia d’oro al valor civile.

Da anni il Santuario sul Monte Rascini, dove è presente una statua del Santo, viene scelto dai Forestali per celebrare il Santo Patrono: “è un luogo del cuore che ci unisce con la bellezza del creato”, ha affermato il colonnello Maria Gabriella Martino nel porgere il saluto ai presenti tra i quali i sindaci di Sant’Arsenio e Polla, Donato Pica e Massimo Loviso ed il consigliere regionale Corrado Matera.

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S. Giovanni Gualberto nacque da una distinta famiglia di Firenze verso la fine del X secolo (si ipotizza l’anno 995). Da giovane fu addestrato nelle armi perché dotato di ottime qualità naturali e destinato dal padre a reggere i suoi vasti possedimenti. La carriera militare però gli fu dannosissima, perché spingendolo all’orgoglio e alla prepotenza, disseccò nel suo cuore i nobili sentimenti cristiani ispiratigli dall’ottima sua genitrice. Ancora giovane, un suo cugino gli uccise a tradimento il fratello e Giovanni giurò di vendicarlo. Incontrato il cugino disarmato il Venerdì Santo 26 marzo 1003, colla spada sguainata gli si avventò contro minacciandolo di morte. Il poveretto vedendosi perduto si gettò ai suoi piedi chiedendogli di perdonarlo. Colpito da quelle parole, dopo un momento di perplessità Gualberto rinfoderò la spada. Dopo breve tempo Gualberto entrò in una chiesa per pregare e decise di entrare nell’abbazia di S. Miniato.

Il padre infuriato corse al convento per strapparlo di là, ma Giovanni superò quello che riteneva un grave pericolo e vestì l’abito di S. Benedetto, divenendo ben presto un monaco modello. Con un suo compagno visitò S. Romualdo per essere guidato nelle vie del Signore, poi si recò in Vallombrosa e per continuare la sua vita di preghiera gettò a Vallombrosa le fondamenta di una nuova famiglia monastica. La sua fama di santità si sparse rapidamente nei territori limitrofi e da ogni parte accorrevano uomini che chiedevano d’essere ammessi a vestire il suo saio. Trovandosi quindi attorniato da numerosi figli ed avuto in dono quel luogo dalla contessa Matilde, vi eresse un grande monastero. Eletto abate, si adoperò con ogni cura perché i suoi monaci osservassero fedelmente quella regola che egli dettava e che per primo praticava.

Ma S. Giovanni Gualberto, oltre che curare la pace dei suoi monasteri, cercò anche di combattere i mali che affliggevano la Chiesa, specialmente la simonia, divenendo, per questo, oggetto di fierissime persecuzioni. Una volta, fra le altre, entrarono gli eretici in un suo monastero ed assalirono i monaci a mano armata. S. Giovanni, saputa la cosa, li raggiunse e li guarì miracolosamente. Tanta era la stima che questo Santo aveva degli ordini sacri che non volle mai ascendere l’altare e si reputava molto onorato di poter aprire, al mattino, le porte della chiesa ai fedeli. Si spense nel 1073, nel monastero di Passignano Val di Pesa e nel 1193 Celestino III lo canonizzò. Nel 1951 Pio XII lo proclamò patrono del Corpo Forestale Italiano.

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Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
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