Search

Una mostra e un libro per ricordare Mario Carotenuto, pittore e scrittore

Cento anni fa nasceva a Tramonti Mario Carotenuto. Salerno, la “sua” città, lo ha ricordato con alcune manifestazioni, tra le quali merita di essere ricordata la mostra curata da Massimo Bignardi e ospitata presso la Pinacoteca provinciale in via dei Mercanti a Salerno. Nel corso della giornata conclusiva della mostra è stato presentato in anteprima il volume “Mario Carotenuto, La compagna della pittura curato da Corradino Pellecchia per Francesco D’Amato editore. A dialogare con il curatore del libro il senatore Alfonso Andria e il professore Massimo Bignardi.

Il libro colpisce fin dalla lettura dell’epigrafe scelta dal curatore, una frase di Eugenio Montale che richiama in Carotenuto sia la sua pittura sia i suoi scritti: “In linea di principio non siamo tra coloro che diffidano dei pittori che scrivono o dei letterati che dipingono”. Nella nota introduttiva Corradino Pellecchia, ricordando alcuni importanti pittori che, oltre a dipingere, si sono dati anche alla parola scritta, afferma che “la pittura e la scrittura sono fatiche d’essere a cui non si può rinunciare, un mestiere di vivere, come avrebbe detto Cesare Pavese, per liberarsi dell’angoscia del vivere”. Ed è quello che nella sua lunga attività ha fatto anche Mario Carotenuto: “Scrivo e disegno. Descrivo con le parole ciò che non posso esprimere con la linea, disegno ciò che non posso o non so dire con le parole”.

Nel volume sono stati inseriti brani scelti tra quelli meno conosciuti compresi quelli apparsi sulla rivista Salerno-Quadrante nel 1955 unitamente ad altri scritti sulla pittura che rendono possibile     la ricostruzione delle stagioni culturali nelle quali ha colloquiato con figure cardini della letteratura e dell’arte del Novecento. A giudizio del curatore, “attraverso gli scritti è possibile ricostruire le stagioni culturali nelle quali Carotenuto ha colloquiato con figure cardini della letteratura e dell’arte del Novecento. La sua scrittura è essenziale, telegrafica, notarile, incredibilmente moderna. Mario non scrive per diletto ma per necessità, per ricercare possibilità inesplorate: scrivere è una pratica affine alla pittura, un modo per affogare l’angoscia della solitudine”.

Il libro è diviso in due sezioni. La prima, La memoria del pittore, comprende il racconto delle sue mostre e le recensioni per gli amici. La seconda, Scritti vari, è una raccolta di articoli apparsi su riviste e cataloghi, alcuni dei quali inediti, e pagine dei suoi diari, “pagine fitte di osservazioni, considerazioni, riflessioni, dalle quali emergono le sue debolezze, l’ansia, la preoccupazione di non essere all’altezza delle aspettative, anche la malinconia”.

Per Corradino Pellecchia “Mario Carotenuto ha segnato il rinnovamento culturale di Salerno nel secondo dopoguerra, attraversando il Novecento con curiosità e senza pregiudizi, mantenendosi fedele a sé stesso e al suo ideale di arte senza però sottrarsi ai richiami dell’avanguardia e delle ricerche new-dada di Rauschenberg. Nella sua vita, infatti, pittura e scrittura, si confrontano e s’intrecciano, camminano di pari passo; anzi, ci sono state molte giornate in cui la tela è rimasta bianca, ma non un solo giorno in cui non abbia appuntato sui suoi quadernoni a righi qualche pensiero… Quindi pittura o scrittura? L’importante è che “tutto nasca prima dalla mente”.

Nel corso del suo intervento Alfonso Andria, dopo avere ricordato che Mario Carotenuto “ha scritto tanto per gli amici ma tanti amici hanno scritto di lui” ha sostenuto l’importanza dell’artista sia come pittore che come scrittore ed ha poi dato voce ad alcuni ricordi personali e familiari difficili da dimenticare.

Nella postfazione al libro Massimo Bignardi, curatore della mostra, scrive: “la pittura era per Mario tutto quello che non riusciva a scrivere. Il libro non lo restituisce alla città ma all’Italia perché era dotato di una cifra nazionale ed internazionale che va ben oltre Salerno”. Per Bignardi gli anni ’60 hanno segnato la modernità di Salerno ed assume grande rilievo “il confronto con il contesto culturale italiano del dopoguerra, aperto al dialogo, dapprima con la città e, questo negli anni di maggiore sviluppo del dibattito sull’arte, registrato tra gli anni Sessanta e Settanta, e con gli intellettuali che in quegli anni contribuirono a segnare un nuovo passo alla cultura italiana: penso a Filiberto Menna, Aldo Falivena, Alfonso Gatto, Paolo Ricci, Vasco Pratolini, Eduardo Sanguineti, Rafael Alberti, Michele Prisco, figure che hanno condiviso le atmosfere dei suoi studi, da quello di via Matteo Ripa all’atelier della Torretta, a via san Benedetto, ove approda nella prima metà del decennio Settanta”. Tra le sue tante opere si ricordano il grande pannello per la sede dei Monopoli di Stato a Roma, la Via Crucis per la Chiesa del redentore a Salerno, i pannelli ceramici per l’Arciconfraternita del SS. Sacramento di Minori e il presepe dipinto per la Sala San Lazzaro del Duomo di Salerno.

Condividi l'articolo:
Write a response

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Close
Magazine quotidiano online
Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
Close