Search

L’incanto della Certosa e il senso d’infinito di Teggiano nelle opere d’arte e negli scritti di Mario Carotenuto

di Giuseppe D’Amico

Nella giornata conclusiva della mostra dedicata a Mario Carotenuto nel centenario della nascita curata da Massimo Bignardi e allestita nella Pinacoteca Provinciale di Salerno, è stato presentato il libro “Mario Carotenuto, La compagna della pittura”, curato da Corradino Pellecchia, con postfazione dello stesso Bignardi.

Nel libro, del quale ci siamo già occupati, ci sono due capitoli (“Disegni del Cilento 1946-1948” e “Ricordi cilentani”) dedicati a Padula e Laurino, paesi nei quali Mario Carotenuto aveva iniziato l’attività di docente. Annotava tutto su un taccuino per poi trasferire gli appunti su un quaderno. Nel febbraio 2002 così commenta gli anni vissuti a Padula e Laurino: “Mi resi conto, raccogliendo i miei pensieri ed i miei disegni che il Vallo di Diano ed il Cilento sono elementi importanti e basilari per comprendere l’anima del Sud, con i suoi ristagni e le sue infinite possibilità, la sua forza e il suo coraggio, la profonda filosofia del vivere in una natura difficile ed ostile, spesso avara e povera”. Una testimonianza importante a conferma che nessuno può conoscere il Sud meglio di chi vi è nato o vi è vissuto.

Padula fu la sua prima sede di insegnamento, cattedra di Disegno e Calligrafia presso la scuola media. La chiamata arrivò dopo un periodo difficile dovuto alla scomparsa della madre, ad una malattia che lo aveva colpito seguita da una profonda crisi economica (“…Avevo vinto un premio nazionale di pittura ma non vendevo neanche un quadro, ero stato impiegato per due mesi al comune di Salerno, avevo passeggiato per giorni e giorni sul lungomare, disoccupato e senza un  soldo, finalmente avevo sostenuto l’esame di maturità artistica ed attendevo la chiamata per un incarico annuale nelle scuole della provincia”). Nel paese della Certosa aveva trovato un territorio con larghi spazi, campi estesi e coltivati, ulivi sul pendio e querce cariche di corvi, al posto delle foglie nel freddo immobile dei mesi invernali: “A Padula ero stato per due anni ed avevo dipinto molto, spesso interni scuri, illuminati dalla fioca luce della lampadina a prima sera o la sagoma nera della Certosa in certe ore del primo mattino. Avevo anche disegnato tante figure accanto al fuoco, nelle ore pomeridiane e serali che allora sembravano interminabili senza la radio e la televisione di adesso”. Solo nel secondo anno di permanenza riuscì a fare dei ritratti: un fraticello del vicino convento, un cacciatore e Maria, la figlia della padrona, piccola e bruna, con gli occhi vividi e neri.

A Padula fece conoscenza con la superstizione mentre era intento a realizzare un dipinto con un vecchio contadino osservato dagli altri ospiti della trattoria: “Quando il vecchio si rese conto di ciò che stavo facendo, si alzò di scatto, imprecò e tentò di colpirmi con il bastone su cui, sedendosi, aveva poggiato le mani. Tutti si lanciarono a trattenerlo ed io dovetti smettere di lavorare al dipinto, che rimase allo stato di abbozzo… Alla sera, quando tutti furono andati via, domandai alla padrona che cosa volesse dire quella strana imprecazione che il vecchio aveva gridato alzandosi dalla sedia: «Mi rubi l’anima, arretra demonio!», mi disse Angiolina. Era lo scongiuro contro la magia dell’antica cultura popolare che temeva il ritratto o la fotografia come un messaggio di morte”.  Indubbiamente, una convinzione arcaica che ritroviamo anche nel libro di Arthur John Strutt Passando per il Cilento. In una lettera agli amici, datata Sapri 20 maggio 1838, il viaggiatore inglese annota: “Invano feci il tentativo di ritrarre una donna che indossava un magnifico costume, seduta davanti la porta di casa. Alla mia richiesta di permettermi di ritrarla, ella rispose che cose del genere non si potevano fare nel suo paese. Temo che ella abbia pensato che nelle mie intenzioni vi fosse qualcosa di molto misterioso e sinistro. So che in alcuni di questi paesi gli abitanti credono che la morte colpisce la persona che si è fatta ritrarre. Ma è veramente irritante perdere un bel ritratto per una superstizione così assurda”. La ritrosia a farsi ritrarre era presente in molte zone del Sud anche nella prima metà del secolo scorso. Ne parla anche Carlo Levi nel Cristo si è fermato ad Eboli”, ricordando che gli abitanti di Aliano, specialmente le donne, rifiutavano di farsi ritrarre in quanto credevano che insieme ai loro tratti somatici anche l’anima sarebbe stata catturata e trasferita su carta o su tela.

Dopo i due anni vissuti a Padula arrivò la nomina annuale per insegnare disegno nella scuola media di Laurino. L’artista così ricorda quel periodo: “Quando la corriera si fermò, dopo un viaggio interminabile tra paesi arroccati, monti, campagne e tante fermate, nella piazzetta di un posto sconosciuto, ebbi la sensazione di essere capitato in una realtà diversa ed assolutamente imprevedibile. La leggerezza e la purezza dell’aria mi diedero un forte senso di vertigine”. Non avendo la possibilità di viaggiare ogni giorno da e per Salerno per mancanza di adeguati collegamenti fu costretto a trovare una stanza dove soggiornare e quella prima notte ebbe la prima sorpresa: “Verso tardi, sotto il balcone che dava sulla strada, sentii strumenti suonare ed una voce che mi invitava a scendere giù. Mi vestii in fretta e senza chiedere spiegazioni, mi unii alla piccola comitiva che mi fece fare il giro di tutto il paese tra canti e solenni bevute ad ogni casa in cui ci fermavamo. Il mattino dopo seppi che quella era l’antica usanza dei Laurinesi di dare il benvenuto al forestiero che veniva per fermarsi nel loro paese”. A Laurino, al termine dell’anno scolastico l’artista allestì una mostra dei quadri realizzati lasciandone molti in paese.

Mario Carotenuto tornerà nel Vallo di Diano nel 1982 per “Estate a Teggiano”, la manifestazione organizzata dall’Amministrazione Comunale e dalla Pro Loco Teggiano, su invito del direttore artistico Massimo Bignardi. Realizzerà una cartella contenente sei disegni di altrettanti scorci o edifici e offrirà un contributo in un’altra cartella, “In viaggio per il Vallo di Diano”, sempre curata da Massimo Bignardi, con disegni di De Falco, Di Fiore, Petti, Ruotolo, Signorino e Viggiano.

Nel testo allegato al suo Omaggio a Teggiano Carotenuto ricorda anche il periodo vissuto a Padula: “Il Vallo appariva enorme e disteso ai piedi di strane montagne grigio-rosa prive di verde…Allora andavo a Padula e l’incanto della Certosa non mi faceva vedere nulla di quanto c’era intorno”.  Teggiano, invece, la descrive così: “Case bianche dal tetto rosso punteggiano il verde della vallata; ovunque c’è fervore di attività e bisogno di ammodernamento. Un’aria linda e pulita dà sapore nuovo a cose più moderne, sorte a violentare l’antico, ad imporre il segno di un sognato benessere. È il tempo inesorabile che corre. Tutto può sembrare inevitabilmente perduto…Ho camminato a lungo, ho guardato molto: ho cercato di capire. Ho disegnato per tre giorni tentando di esprimere tutto quanto il paese mi diceva”.

Dopo tre giorni, a lavoro finito, avverte il rimpianto di quanto avrebbe potuto disegnare e commenta così il lavoro realizzato. Definisce Teggiano un paese da studiare e da amare e così conclude: “Mi sono ritrovato nelle vecchie pietre, negli archi dei portali, nei campanili, negli angoli remoti che ancora conservano u a prospettiva di spazi a misura d’uomo, armoniosi e raccolti…Porto con me immagini incancellabili: il senso d’infinito che dà la vista dal paese alla vallata, la corsa delle nuvole sull’ondulata linea di montagne, il colore prezioso del verde di San Michele, il buio tiepido del muto del Castello coperto di edera sullo sfondo di finestre illuminate e le mille luci che punteggiano il piano lontano nella notte pungente dei primi giorni di ottobre”.

Un’ultima annotazione: tra le opere esposte a Salerno vi erano due opere realizzate dall’artista durante il soggiorno a Padula, foto allegate al presente articolo unitamente a due disegni realizzati a Teggiano e alla foto di un’opera su tavola con dei fiori che donò alla famiglia che lo ospitò nell’immediato dopoguerra quando soggiornò a Padula. In pratica è un inedito e di questo sono grato all’amico Alfonso Monaco che ha chiesto alla proprietaria di metterla a disposizione.

Condividi l'articolo:
Write a response

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Close
Magazine quotidiano online
Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
Close