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Geolier, il rapper della generazione Z che smaschera il razzismo del Nord

di ANGELA D’ALTO

Geolier vuol dire secondino in Francese. Emanuele Palumbo, napoletano di Secondigliano, classe 2000, ha voluto omaggiare già col nome le sue origini. I suoi numeri sono impressionanti: 85 mila copie di dischi venduti nel 2023, 6 milioni di ascolti mensili su Spotify; sold out ovunque ai suoi concerti; 784 milioni di visualizzazioni su Youtube e un fatturato aziendale.

Al momento è sicuramente il trapper più seguito dalla gen Z, dopo Sfera e al pari di pochi altri. Eppure il suo prevedibile successo sanremese sta facendo rumore: un rumore fatto di fischi, di indignazione, ma anche di stupore e meraviglia.

Larga parte del pubblico estraneo alle gen Z ignorava completamente, fino a pochi giorni fa, Geolier. E ignorava, probabilmente, la forza del sound urban che, bene o male da anni sta spopolando tra i fruitori di musica, che sono appunto i ragazzi coetanei di Geolier. Un genere che può non piacere, come è legittimo, ma i cui numeri sono un fatto oggettivo.
Eppure sono giorni che si è scatenato un vero proprio linciaggio nei confronti di questo ragazzo, definito ‘cafone’ nella migliore delle ipotesi (come se gli altri trapper italiani fossero un inno alla classicità e alla sobrietà), con malcelati intenti razzisti.

Il napoletano non è italiano, dietro ci sta la camorra, al sud pagate i voti col reddito di cittadinanza” sono solo alcuni tra i luoghi comuni più beceri utilizzati da chi non comprende il fenomeno. E un fenomeno, come si sa, non deve necessariamente piacere a tutti. Ci si limita a prenderne atto.

Ma a Napoli non è consentito far parte di un fenomeno. Se riguarda Napoli, è uno scandalo. Una cafonata. Un furto.
E si, è vero che Napoli è Di Giacomo ed Eduardo, Totò e Pino Daniele, ma se uscite dai salotti di casa e vi fate un giro, capirete che Napoli è anche Geolier. Che forse quella è la Napoli più vera. Che è fatta di periferie, di un folklore malinconico, di un sentimento diverso, che non è ignoranza, che non è sottocultura. È la vita di tanta gente.

A me non piace Geolier, però capisco. Non mi indigno e non ho paura. Provo a capire, a conoscere, ad ascoltare. Poi mi rimetterò le cuffie e tornerò ad ascoltare De Gregori o Bruce Springsteen. Ma senza odiare nessuno, e senza pretese di superiorità intellettuale.

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