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Con-Tatto – Dimensionamento scolastico, il Tar Campania promuove De Luca, quello del Lazio boccia Emiliano: “Del doman non v’è certezza”

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Il Tar del Lazio boccia il ricorso della Regione Puglia e il ministro dell’Istruzione e del merito, il leghista Giuseppe Valditara, a sua volta bocciato sul medesimo argomento dal Tar Campania, stavolta esulta. Chi non è addentro alle vicende giudiziarie rimane disorientato quando legge che Vincenzo De Luca a Napoli suona le trombe perché il ricorso della Campania è stato accolto dal Tar, mentre solo pochi giorni dopo a Roma Valditara suona le campane perché il ricorso sullo stesso argomento presentato dalla Regione Puglia è stato respinto. Sembra di essere tornati a fine ‘400 allorquando, durante il tentativo di invadere Napoli, Carlo VIII chiede aiuto a Piero de’ Medici; al diniego minaccia di invadere Firenze per cui Pier Capponi senza scomporsi di fronte alle minacce del re di Francia pronuncia la fatidica frase “Voi suonerete le vostre trombe; noi suoneremo le nostre campane”. Ed è quello che hanno fatto i duellanti di oggi.

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La domanda nasce spontanea: non è avesse ragione il grande Francesco Carnelutti, avvocato e giurista di chiara fama, quando sosteneva (scherzando ma forse non troppo) che “La legge per i nemici si applica e per gli amici si interpreta”? Ricapitoliamo in rapida sintesi la vicenda dimensionamento scolastico di cui ci siamo già occupati. In merito al decreto dimensionamento adottato dal ministro Valditara, il presidente della Campania, Vincenzo De Luca, ritenendolo incostituzionale oltre che dannoso, ha presentato ricorso al Tar di Napoli chiedendone la sospensione con invio degli atti alla Suprema Corte perché ne accertasse la costituzionalità; i giudici gli danno ragione. Pochi giorni dopo lo stesso decreto viene impugnato per le medesime ragioni evidenziate da De Luca dal suo collega governatore della Puglia, Michele Emiliano, dinanzi al Tar del Lazio e i giudici negano la sospensiva rinviando la discussione al 21 novembre prossimo.

A questo punto, disorientamento dei cittadini poco avvezzi ai codici a parte, bisognerà attendere in entrambi i casi la decisione nel merito sia dei giudici napoletani che di quelli romani magari con la speranza che la prossima volta il giudizio sia unanime. L’argomento non è di poco conto perché c’è in gioco il futuro della scuola e della stessa società del domani, un futuro che desta non poche preoccupazioni. In pratica la Campania, la Puglia, la Toscana e l’Emilia Romagna (guidate da giunte di centrosinistra) contestano la norma statale da cui è scaturito il decreto interministeriale impugnato dinanzi ai giudici dei Tar. Le regioni ricorrenti considerano la disposizione del ministro una invasione di campo rispetto alle competenze regionali; una disposizione con molta “tara” ma zero sostanza utile a risolvere i problemi della scuola.

C’è, però, un altro aspetto non meno importante da considerare: il Tar Campania si è già rivolto alla Corte costituzionale cui ha inviato gli atti sulla norma statale. Anche i giudici campani intravedono il rischio che il parlamento statale possa aver invaso le competenze regionali. Infatti parlano di una disposizione che elide “in toto ogni spazio di concorrente intervento del legislatore regionale che finisce per essere esautorato in quanto la legge prima e il decreto interministeriale poi, hanno eliminato le prerogative regionali in tema di organizzazione del sistema scolastico”.

C‘è poi un altro aspetto di cui, al momento, quasi nessuno sembra farsi carico e che, comunque, investe il futuro della scuola: se è vero che il dimensionamento è dettato dallo spopolamento dei centri medio-piccoli, è altrettanto vero che il tutto è legato alla denatalità e le cifre ipotizzate per i prossimi dieci anni in Campania non inducono certo all’ottimismo perché la Campania vedrà diminuire sensibilmente il numero degli abitanti. È quanto denuncia in una lettera inviata alla nostra redazione Rosa Mega, insegnante presso la scuola primaria di Sala Consilina.  A suo giudizio di sicuro il succitato decreto lede il diritto all’istruzione dei giovani, viola le identità culturali e sociali dei territori interessati ma soprattutto aumenta le disuguaglianze fra Nord e Sud, fra aree interne e metropolitane penalizzando, in particolare, un’utenza con minori opportunità di partenza quale quella dei piccoli comuni. Il focus della questione è certamente legato alla questione della denatalità, fenomeno ormai mondiale. Nelle nostre aree interne questo aspetto incontra, inoltre, un fenomeno da decenni sempre più crescente che è quello relativo allo spopolamento: si abbandonano i nostri territori per andare a studiare fuori senza avere una prospettiva per il ritorno, si va via per cercare lavoro e fortuna.

Va da sé, dunque, che questi fenomeni sono strettamente correlati alla questione del dimensionamento degli istituti scolastici e che bisogna affrontare lo spopolamento dei nostri territori con un progetto ad ampio raggio. Nelle aree interne c’è quindi necessità di rilanciare con forza una strategia che punti allo sviluppo locale e che passi attraverso tutela e sostenibilità ambientale, valorizzazione del capitale umano e del turismo, attivazione delle filiere delle energie rinnovabili e promozione dell’artigianato locale. Bisogna incentivare il ritorno dei giovani nei nostri comuni che in sé hanno potenziale e capitale umano elevato e che purtroppo continuiamo a cedere altrove perché solo se i giovani resteranno invece di partire potremo costruire il futuro. Ma per fare questo occorre che tutti gli attori presenti sul territorio costituiscano una rete dialogante: politica, imprese, banche locali, associazioni, forum dei giovani. Diversamente continueremo a subire tentativi di destrutturazione dei servizi fondamentali quali istruzione e sanità soggetti impietosamente alla vuota e sterile politica dei numeri con scelte che avranno ricadute fortemente penalizzanti per le future generazioni. Fin qui Rosa Mega.

Indubbiamente, accanto a un problema ci deve essere una soluzione. Il problema che oggi interessa la scuola, inciderà su altri importanti settori quali la Sanità e i Trasporti, settori vitali per lo sviluppo del territorio. Il problema è circolare nel senso che non interessa un singolo settore ma vari settori. Per quanto strano possa sembrare il problema natalità è causa ed effetto del futuro del territorio ed è influenzato da una serie di fattori strutturali, culturali, sociali ed economici. Sono questi gli argomenti che politici ed amministratori locali dovranno affrontare.  In che modo? Studiando e adottando a livello nazionale norme che contrastino la denatalità e, dall’altra, attivando politiche regionali che migliorino quei fattori e, quindi, aiutino le donne e i giovani. Altrimenti, l’anno prossimo, saremo al punto di partenza.

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