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Turismo e Territorio, le riflessioni di Michele Albanese e l’amarezza per quell’intuizione sulla Certosa di Padula ignorata dalla politica

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Un proverbio africano ci ricorda che “da soli si va veloci, ma insieme si va lontano”. In pratica, è un invito a camminare insieme scegliendo, però, compagni di viaggio adeguati. E questo vale soprattutto per chi è chiamato, a qualsiasi titolo, a guidare un territorio e ad operare per migliorarne le condizioni socio-economiche e culturali.

Del vecchio adagio africano c’è una traccia precisa negli esiti del convegno sul tema “CineTurismo e Territorio”, patrocinato dal Senato della Repubblica Italiana e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che si è tenuto recentemente a Roma presso la Sala Capitolare del Convento di Santa Maria sopra Minerva che ha visto, altresì, la collaborazione organizzativa di Dlivemedia e del DITAS dell’Università degli Studi di Salerno. Un convegno che non è passato inosservato anche perché ha interessato da vicino il nostro territorio. Al convegno di Roma è intervenuto, infatti, anche il Direttore Generale della Banca Monte Pruno, Michele Albanese, che ha tenuto un’apprezzata relazione sull’importanza che il turismo potrebbe avere per le zone interne che da tempo sembrano essere state abbandonate al proprio destino. A qualche giorno di distanza, abbiamo voluto approfondire l’argomento, che sta tornando di strettissima attualità.

Direttore Albanese, Lei è da anni in prima linea per contribuire al miglioramento socioeconomico dei nostri territori. Cosa è scaturito dal convegno di Roma?

“L’evento al Senato rappresenta solo un esempio di come è importante provare a costruire delle “reti”, sviluppando discussioni e confronto intorno ad alcuni temi fondamentali che possono essere da volano per un territorio. Fare “rete” è un concetto che, da sempre, cattura le attenzioni della nostra Banca per una serie di ragioni. È diventato un modus operandi preciso, un percorso comune, dove ognuno possa esprimere le proprie conoscenze, le abilità, i ruoli, determinando un risultato complessivo migliore rispetto alle opere dei singoli. Da questi presupposti nasce un grande interesse verso un ambito che riteniamo rappresenti un’occasione enorme per il vasto territorio in cui la nostra BCC opera perché una banca locale deve ascoltare quelle che sono le opportunità e avviare le sfide per poter immaginare un’idea di sviluppo territoriale vera”.

Dall’ascolto alle iniziative da intraprendere…

“Il convegno sul tema “Cine-Turismo e Territorio”, ha rappresentato, per l’appunto, un ottimo esempio di come riuscire a mettere a fattore comune delle esperienze, provando a trarre un vantaggio d’insieme. I relatori di questo importante appuntamento non hanno fatto altro che confermare come quest’azione possa essere intrapresa, con decisione, non solo dalla nostra BCC, ma da tanti operatori pubblici e privati che credono in un territorio, come quello in cui è presente ed opera la nostra BCC. In pratica, i lavori hanno fatto emergere, con chiarezza, che ci troviamo di fronte a qualcosa di talmente interessante che va osservato, studiato, analizzato e pianificato con la dovuta attenzione, come qualcuno ha già fatto in altri territori, magari anche in Campania stesso”.

Qualche esempio?

“Un esempio importante scaturisce proprio dal Cine-Turismo che, è stato dimostrato, può risvegliare, come accaduto in tante altre zone d’Italia, un grande interesse per la promozione turistica del nostro territorio: studi affermano che ben 100 milioni di viaggiatori, principalmente inglesi ed americani, hanno abbinato la loro vacanza ad una visita ai set cinematografici. Il trend, da come è emerso durante i lavori, è fortemente in crescita in Italia e dimostra che il cinema può dare una forte spinta al turismo di territori spesso dimenticati, ma che rappresentano luoghi unici e possono diventare, per le straordinarie caratteristiche naturalistiche, set per film o fiction”.

In quest’ottica la spinta da dove può venire?

“In Italia, un motore centrale è rappresentato dalle Film Commission, altra tematica affrontata con dovizia di particolari durante i lavori: per il loro decisivo ruolo che hanno nel mondo dell’arte cinematografica e non solo, rappresentano, perché sostengono economicamente tali produzioni. Senza possibilità di smentita, un film girato su di un territorio determina un indotto non indifferente, dal momento che, attrae tecnici, operatori e attori già in fase di lavorazione, rappresentando un’opportunità economica. Si immagini, a tal proposito, l’impatto sulle strutture ricettive, per esempio; si pensi all’indotto che, di conseguenza, si determina, ma anche alle nuove opportunità di lavoro per i giovani che si possono avvicinare a professioni collegate a questo settore, generando quell’occupazione che scarseggia nelle zone interne”.

C’è, quindi, un grosso lavoro da fare…

“…Certamente; ma a determinate condizioni. C’è tanto, anzi tantissimo, su cui lavorare ma occorre pensare in grande. Numerosi territori l’hanno già fatto e come il regista Vanzina ha raccontato durante il Convegno, la Versilia e Forte dei Marmi, così come Cortina d’Ampezzo hanno ricevuto tanto dai film girati anni fa in quelle zone e, forse, anche grazie a ciò, sono diventate mete di un turismo ormai d’élite, invidiate e conosciute in tutto il mondo. I presupposti non mancano per cui mi sono posto, da subito, una domanda: cosa hanno in meno i luoghi turistici dei nostri territori? E penso alle Grotte di Pertosa-Auletta, a Roscigno Vecchia, alla Certosa di Padula, alla città d’arte di Teggiano, a tutto il territorio del Parco nazionale e alle altre bellezze storico-artistiche e ambientali. Soco certo che le nostre zone siano nella condizione di poter diventare particolarmente attrattive per questo mercato. Manca forse un discorso d’insieme, prima fra tutte la “rete” tanto auspicata; mancano obiettivi e strategie comuni che spesso vengono affidate ad iniziative sporadiche, anche apprezzabili, ma insufficienti. Manca chi guida la macchina, forse perché tutti abbiamo la presunzione di essere ottimi piloti. Latita uno sforzo comune, dove ognuno possa dare qualcosa per la comunità, con meno egoismo e tanto amore per un territorio che sta soffrendo parecchio”.

Si può essere ottimisti?

“Credo che passo dopo passo, con le giuste sinergie, la dovuta attenzione e tanto impegno da parte di tutti, anche le nostre zone interne (mi preoccupo tanto proprio dell’entroterra) possano diventare luoghi per catturare questi interessi. Non possiamo farlo da soli, ma attraverso una rete di soggetti che spingano in questa direzione nulla è impossibile. Dal canto nostro, metteremo a disposizione, oltre alle nostre potenzialità economiche, un circuito di contatti che a Roma ci hanno fatto capire tanto e, soprattutto, acceso una speranza nuova. Noi ci crediamo e pensiamo che questa sia la strada percorribile per la creazione di una “rete” tra pubblico e privati, che debba valorizzare il territorio e la nostra comunità e, di conseguenza, la promozione turistica. Per fare ciò, però, dobbiamo, tutti, smettere di pensare di essere gli unici, i migliori e i più bravi a svolgere una determinata attività o realizzare un progetto. Questa convinzione, spesso, è uno degli ostacoli principali per raggiungere qualsiasi accordo, a qualsiasi livello. Raggiungere un’intesa comune vuol dire mettersi in gioco, confrontarsi, ascoltare l’altro e accordare fiducia alle sue idee. Questo è quello che dovremmo imparare a fare, tutti”.

Per quanto propositive le parole di Michele Albanese, sempre alla ricerca della pax sociale nel territorio, per chi segue da anni le vicende del nostro territorio, come cronista o come semplice osservatore, nascondo un malcelato rammarico. Come dimenticare, infatti, la reazione proveniente da certi ambienti politici quando lo stesso Albanese (nel corso di un convegno presso la Certosa di Padula) propose una Fondazione comporta da pubblico e provato (banche e imprenditori) per rilanciare la Certosa? Allora non se ne fece nulla. Forse è il momento di riprovarci.

Proprio nei giorni scorsi Francesco Sisinni  (indimenticato Direttore Generale del Ministero dei Beni Culturali), protagonista indiscusso del rilancio della Certosa negli anni ’80 del secolo scorso (insieme al Soprintendente Mario De Cunzo e alla direttrice Vega De Martini) ha lanciato un grido d’allarme sulla situazione in cui versa il cenobio cartusiano: il numero dei visitatori si è assottigliato in modo pauroso; il personale che ha maturato la quiescenza non è stato sostituito; iniziative di livello culturale come quelle ricordate da Sisinni organizzate negli anni “80/”90 sono solo un ricordo. Ma all’epoca alla guida della Certosa c’era la Cultura che oggi è scarsamente considerata.

I dati delle presenze in Certosa negli ultimi 25 anni sono impietosi. Certo, richiedono un’analisi particolareggiata per cui ci limitiamo a riportare solo due numeri che, però, dicono molto: nel 1996 tra paganti e non paganti, hanno visitato la Certosa 128.878 persone: nel 2021 i visitatori sono stati, complessivamente 42.732. Il che significa 86.346 visitatori in meno. È vero: nel 2021 c’era il Covid ma nel 2019 comunque il numero dei visitatori (87.451) è stato inferiore rispetto al 1996. Ma di questo parleremo in un apposito servizio.

Un fatto è certo: la creazione di una Fondazione che veda insieme pubblico e privato potrebbe contribuire al rilancio della Certosa e dare nuova linfa non solo alla città di Padula ma a tutto il territorio circostante.

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