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“Miliu, nu guzzìnu e na valiggia ri cartònu”… L’ultimo merciaio ambulante nell’emozionante ricordo di Cono Cimino

Di Cono Cimino

Scrivere di Emilio mi ha emozionato. Infatti scrivere e quindi descrivere Emilio coi versi della parlata del mio paese Teggiano mi ha davvero gratificato, giacché a Lui questo ricordo, questo affetto, seppure insufficiente e modesto, è dovuto!

Emilio è stato, a mia memoria, l’ultimo merciaio ambulante. Girava i paesi e le contrade di buona parte del Vallo di Diano con il suo inimitabile, inconfondibile e prezioso “Itom 48 cc” colore rosso, che aveva doviziosamente attrezzato a merceria itinerante. Era presente ai mercati e alle feste paesane. Vendeva tutti quegli articoli minuti di esiguo valore, ma di necessaria e irrinunciabile importanza per la casa, la vita domestica e le esigenze personali. Infatti nei contenitori a scomparti posizionati e ricavati sul telaio del ciclomotore portava articoli per l’igiene personale, aghi, fili, bottoni, ditali, fettucce elastiche, pettini, fermacapelli, forbicine, articoli per ricamo, sartoria, pennelli, rasoi lamette e quant’altro attinente.  

Emilio Cuomo, foto fornita dalla famiglia

Si chiamava Emilio Cuomo originario di Tramonti nella Costa d’Amalfi, viveva Polla di carattere mite, perseverante, oggi avremmo detto “resiliente”, si perché la sua modesta personale “impresa” richiedeva anche la capacità di affrontare e superare le perturbanti condizioni del frenetico cambiamento della società e delle inevitabili esigenti spinte delle mode consumistiche, ovvero della fine del riuso/riutilizzo e dell’avanzare, preponderante, dell’usa e getta.

Passerà ai posteri la cara memoria di Emilio anche per l’inconfondibile camicia rossa e il vissuto cappello scuro. Caratteristiche che ancora oggi sono vive reminiscenza di chi lo ha conosciuto e lo ricorda.

äMiliu 
Mìliu vinìa ra la Pòlla, 
girava li pàisi e tutti li stràti 
minàva nu guzzìnu a mènza sèlla, 
spissu lu truvàvi a li fèsti e li mircàti, 
Lu menzu l’avìa ‘ngiarmàtu ccù jurizìu 
arrètu ‘ng’era na valiggia ri cartònu, 
annàndi àti fringùli e pocu spazìu, 
e si ‘ng’assittava ri peru a pinzulònu. 
L’aspittàvani sotta li ccàsi e a li pindùni, 
ch’avìa accattà n’acu ccù la spagnulètta, 
chi na fittùccia ri molla e quàtti bbuttùni, 
o na spingùla e la tiralàmbu a la vrachètta. 
Lu chiamavani baffònu e tinìa lu mustàzzu 
vinnìa rrobba minuta e nù tàndu ģròssa, 
lu cundu lu facìa a mendu sinonga ìja ‘a mùzzu, 
e sèmbu era vistùtu ccù quera cammìsa ròssa. 

(ringrazio per la la foto la famiglia Cuomo Gerardo)

Cono Cimino

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