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Giorgio Napolitano raccontato da Enzo Mattina

di Enzo Mattina

Incontrai per la prima volta Giorgio Napolitano nel 1963 (avevo 23 anni), dopo pochi giorni dalla sua elezione a Segretario della Federazione del PCI di Napoli.

Da qualche anno scrivevo su “DEMOCRAZIA SOCIALISTA” e gli chiesi l’appuntamento per un’intervista.

Più che un’intervista fu una lezione sulla storia operaia di Napoli, che mi consentì di scrivere un pezzo ricco di contenuti e sbloccò la diffidenza che i dirigenti della FIOM avevano verso di me, giunto nei metalmeccanici della UILM quasi per caso, proveniente da un paese del Vallo di Diano, dall’Università e da un impiego pubblico precario.

Dopo quella prima esperienza, di tanto in tanto mi adoperavo a cogliere le occasioni buone per scambiare qualche opinione.

Non posso dimenticare quella che si verificò nel 1965/1966, in presenza di un lungo periodo di sciopero alla Selenia del Fusaro con blocco dei cancelli. Per quanto avvertiti che quel tipo di protesta non potesse essere tollerato a lungo, rimanemmo fermi nella nostra posizione e fummo oggetto di una dura carica di Carabinieri e Celere, che lasciò segni di manganellate e di bandolierate sulle schiene di tutti gli scioperanti, in particolare di noi sindacalisti esterni.

Seguirono sui giornali locali e su quelli politici nazionali (Avanti e Unità) articoli, interviste e alla Camera vi fu un dibattito in cui in cui soprattutto Napolitano e Abdon Alinovi   furono molto duri nel giudicare le Autorità che avevano ordinato una reazione sproporzionatamente violenta.

Quando nel 1971 diventai segretario nazionale della UILM, portai a Roma la prima tessera unitaria FIM-FIOM-UILM emessa e distribuita a Napoli per scelta mia, di Michele Viscardi, di Silano Ridi, forti del totale appoggio degli iscritti e dei non iscritti e con l’orgoglio di aver messo la prima pietra di quella che sarebbe diventata la FLM (Federazione unitaria Lavoratori Metalmeccanici).

Gli anni “70 restano memorabili per la innovatività delle rivendicazioni che stimolarono la partecipazione attiva dei lavoratori nell’elaborazione delle rivendicazioni, il rinnovamento delle rappresentanze, la gestione corale delle lotte sindacali. E questo protagonismo sociale divenne anche la risposta dell’Italia democratica ai sanguinari tentativi di indebolire il suo assetto democratico attraverso il ricorso al terrorismo, fenomeno venuto alla ribalta in quasi tutti i Paesi europei, ma con particolare virulenza nel nostro Paese.

Quanto e come si sia discusso con Giorgio Napolitano di queste tematiche è difficile dirlo; con certezza posso dire che non vi è stata occasione rilevante negli accadimenti di quegli anni che non sia stato oggetto di qualche scambio di opinione; un approfondimento particolare lo compimmo nel 1980, in occasione della vertenza FIAT, quando non nascose la sua freddezza per le prese di posizione di Berlinguer dinanzi a Mirafiori e poi al Festival dell’Unità a Bologna, che indebolirono la forza negoziale della FLM e condizionarono l’esito della trattativa per non parlare dell’effetto negativo sul processo di riunificazione sindacale.

Nel 1984, quando feci la scelta di candidarmi alla Europee, mi dichiarò la sua soddisfazione e, ad elezione avvenuta, mi incoraggiò a stabilire un contatto stretto con Altiero Spinelli; suggerimento che seguii, appena messo piede in Rue Belliard a Bruxelles, entrando nel Movimento europeo e poi partecipando alle riunioni del club del Crocodile, nome del ristorante, in cui, in occasione delle sessioni mensili a Strasburgo, ci si incontrava, si discuteva e si predisponevano iniziative volte a far decollare l’Europa politica e sociale.

Nella campagna elettorale per le europee del 1989 ci ritrovammo in competizione nel collegio meridionale; lui nella lista del PCI io in quella del PSI. Partecipammo a dei dibattiti televisivi, che toccarono il merito di problemi aperti, ma si svolsero senza eccessi di aggressività.

In privato, mi espresse la sua sorpresa per il l’orientamento positivo che aveva riscontrato sul mio nome in alcune riunioni cui aveva partecipato a Bagnoli.

Sapeva che mi ero esposto per la chiusura dello stabilimento, ma convenne che il nostro Paese avrebbe portato a casa importanti compensazioni, se avesse fatto quadrato con Francia, Germania, Gran Bretagna, Lussemburgo per individuare nuovi campi di investimenti in grado di compensare i posti di lavoro perduti e di proiettare verso il futuro territori che avevano ospitato la prima e la seconda rivoluzione industriale.

Lo straordinario romanzo/verità “La dismissione” di Ermanno Rea, pubblicato nel 1990, diede conto di una vicenda piena di contraddizioni tra l’autentica e giustificata resistenza dei lavoratori, la doppiezza di molti esponenti politici, la scarsa lucidità dei sindacalisti nazionali e locali, la debolezza della dirigenza aziendale.

Il destino di un’area di più di 2.000.000 mq è ancora da definire.

La frequentazione tra di noi durante la terza legislatura del Parlamento europeo non fu particolarmente intensa un po’ perché le responsabilità che avevo nella Presidenza del Gruppo Socialista mi assorbivano molto, un po’ perché l’affiancamento a Giorgio Benvenuto nella gestione della crisi del PSI, dopo le dimissioni di Craxi, mi imposero maggior presenza in Italia.

Nel 1994 rinunciai alla ricandidatura alle elezioni europee e scelsi la candidatura alla Camera sotto il simbolo dei Progressisti. La legislatura durò poco a causa della rottura tra Forza Italia e Lega, ma fu, da un lato, l’occasione per mettere in campo qualche iniziativa innovativa anticipatrice rispetto ai mutamenti che già si intravedevano nel futuro prossimo del mercato del lavoro, da un altro, il momento dell’incontro tra eletti di nuovo conio che seppero misurarsi con proposte di leggi innovative.

Nel primo caso, rientra sicuramente la proposta di legge a firma di Gino Giugni e mia sull’ingresso nell’ordinamento italiano del lavoro tramite agenzia, diventato poi legge nel 1997 per merito del Ministro del lavoro Tiziano Treu; nel secondo, vi è la proposta di legge contro l’usura, con primo firmatario Tano Grasso e seguito da molti altri deputati tra cui me stesso, che fu approvata e porta il n° 108 del 7 marzo 1996.

Nel 1995 Napolitano pubblicò il saggio “Dove va la Repubblica” e accettò di venire nel Vallo di Diano a presentarlo.

Fu un successo e a sera fu ospite a casa mia per la cena e il pernottamento. Quell’avvenimento è rimasto memorabile tanto che nel luglio 2011, in un momento di degenerazione del dibattito politico, avvertii il bisogno di ricordare quella ospitalità con una targa affissa sulla facciata della mia casa di Buonabitacolo.

Ciao, Giorgio, e grazie per quanto mi hai insegnato fin dalla lontana gioventù con il tuo garbo e l’equilibro del tuo impegno politico.
Sono onorato di poter esibire nel mio studio il diploma di conferimento dell’onorificenza di Grande Ufficiale al merito della Repubblica del 9 settembre 2009.

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