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Il mito di Spartacus da Capua ad Oliveto Citra

Di Gerarda Forlenza

Ad Oliveto Citra nell’ambito del Premio Sele d’Oro, giunto all’edizione XXIX, si è tenuto il convegno “Da Capua a Caput Silaris” che ha visto l’intervento di illustri relatori: Matilde Romito, già Direttrice dei Musei Provinciali, Giovanni Brizzi, docente emerito dell’Università di Bologna e di Carmine Carlone, storico.

L’incontro è stato coordinato dal giornalista Giuseppe D’Amico. A fare gli onori di casa il primo cittadino di Oliveto Citra, Mino Pignata, che ha salutato il numeroso pubblico di piazza Garibaldi.

Oltre a sottolineare il valore altissimo di seminare cultura, ponendo l’accento sul tema del Premio “Dissetarsi. D’acqua, di cultura, di Idee” l’occasione è stata anche per annunciare la riapertura del Bibliocafé, il bar che accoglie ed invita alla lettura.

Il primo intervento di Matilde Romito,La donna arcaica di Oliveto Citra“, ha da subito riportato i presenti indietro nel tempo con un inquadramento territoriale e delle maggiori vie di comunicazione dell’epoca ovvero i fiumi.

La dottoressa Romito ha contribuito alla realizzazione del Museo provinciale di Oliveto sin dal 1999 e dunque nella predisposizione ha avuto modo di toccare con mano l’evoluzione storica delle campagne di scavo del 1928 e del 1929: sono state rinvenute ben 65 tombe, grazie anche al diario di scavo di Venturino Panebianco è riuscita a ricostruire vari passaggi.

In particolare si è soffermata sull’ornamento della donna che in tempi antichi testimonia oltre all’eleganza della stessa anche la ricchezza della tribù di appartenenza. Una serie di oggetti rinvenuti proprio ad Oliveto ne conferma la preziosità e l’importanza del sito  attestando la vivacità degli scambi.

Tra gli oggetti rinvenuti una grattugia, simbolo dei banchetti, rimanda al mondo greco, il vaso con due anse ravvicinate, forse per evitare che si scaldassero a contatto con il fuoco, rimanda ad Elea; i cinturoni sannitici, simbolo di libertà, ne sono stati rinvenuti addirittura 2 in una tomba, vasi con decorazioni floreali rimandano alla Puglia, un’anfora con decoro a virgola ricorda la cultura presente a Sala Consilina, e ancora altri vasi di forma greca ma con disegni di Oliveto.

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Il professore Giovanni Brizzi, professore emerito di Storia romana dell’Università di Bologna e autore del libro “Ribelli contro Roma – Gli schiavi, Spartaco, l’altra Italia” edito da Il Mulino, ha tenuto una relazione dal titolo “Guerra di gladiatori o terza guerra italica?”.

Il professore Brizzi ha dapprima sottolineato come Spartaco rappresenti il riscatto dell’Italia appenninica, l’ultimo riscatto dell’Italia appenninica, smentendo in larga parte che si tratti  della guerra di schiavi.  

La maggior parte delle sue truppe è molto più dura, coraggiosa, risoluta e feroce; quella che fa parte della seconda Italia, quella che Brizzi appunto definisce l’Italia degli Appennini, l’Italia delle transumanze, l’Italia che a un certo momento si è contrapposta a Roma. 

Appiano di Alessandria è l’unico a dire la verità su Spartaco a differenza delle fonti romane che non dicono la verità in quanto hanno cattiva coscienza nei suoi confronti perché lo infamano da un lato e alla fine lo riscattano in morte. 


Lo Spartacus proposto da Stanley Kubrik nel film omonimo rappresenta una realtà non vera: il regista rappresenta un’armata di gladiatori che sconfigge le legioni romane e che non riescono a uscire perché vi sono le legioni romane a guardia dei passi delle Alpi in quanto le stesse, da Silla in poi, sono state trasferite fuori.

L’Italia in quel momento è una terra teoricamente smilitarizzata. Questa seconda Italia è stata a lungo opposta a Roma, intesa come civitas romana. Questa Italia contrapposta è rappresentata dal mondo delle transumanze, il mondo delle primavere sacre guidate da animali: questi popoli sono scesi prima dal nord verso il sud: Bojano è la città del bue, la capitale dei Sanniti, i Piceni o i Picentini sono il popolo del picchio, gli Irpini sono il popolo del cinghiale, i Lucani sono il popolo del lupo e non della luce.

E Roma alla fine ha sconfitto questa realtà che stava cominciando ad assimilarla quando in Italia è piombato un fulmine incontenibile, un cartaginese con un occhio solo, uno dei più grandi generali della storia, Annibale.

In Italia nel corso della seconda guerra punica ha fatto 200 mila morti, uomini adulti, spazzando via una intera generazione. Quelle popolazioni che hanno seguito Annibale –  i Sanniti, i Bruzi, i Lucani – sono tenute a margine; all’inizio Roma rimuove le popolazioni che l’hanno tradita, queste la aiutano e si dimostrano fedeli ma gradualmente vengono respinte e a loro volta si allontanano.


Ci sono due guerre molto pesanti che precedono la guerra di Spartaco, il Bellum sociale, cioè la guerra degli alleati, che Roma risolve con una serie di processi legislativi proponendo la cittadinanza che rimane solo sulla carta. Vengono spazzati da Lucio Cornelio Silla ma la rivolta non è ancora domata.

Appiano di Alessandria dice: “Mitridate sul punto di riprendere le armi contro Roma contava sull’Italia perché sapeva che quasi tutta l’Italia per odio si era ribellata ai Romani, e a lungo aveva fatto guerra contro di loro e contro di loro si era unita al gladiatore Spartaco”. Mitridate è un grande sovrano orientale.

Questa la verità. Non c’erano ancora i gladiatori veri e propri, la maggior parte erano schiavi. I duelli gladiatori sono stati in un primo momento duelli esorcistici in cui si costringe il nemico a combattere e si svolgono tra prigionieri di guerra; per loro è una forma di parziale salvezza, simbolicamente si lacerano le viscere del popolo nemico oppure vi era il duello sulla tomba, un duello nobile.

Tutto ciò costituiva una prassi. All’inizio è un fatto circoscritto, successivamente le persone abbandonano il teatro, come notò il commediografo Terenzio: se c’è una sua commedia lasciano per andare a vedere un duello funerario.

Così il duello è diventato un gioco, un ludus. All’inizio sono prigionieri e schiavi poi in età imperiale diventa uno spettacolo cruento, i gladiatori sono uomini di spettacolo e si arriva a morire solo se si paga, normalmente si fa un duello parziale.
Molto più vicino alla realtà il gladiatore di Ridley Scott che quello di Kubrik: è il combattente feroce, l’uccisore feroce, il legionario romano divenuto un gladiatore è un assassino.

Spartaco è uno dei primi gladiatori, il primo spettacolo privato è stato dato 15/20 anni prima, ci sono poche scuole tra cui quella di Capua da cui Spartaco è scappato. Ci sono in Italia un migliaio di gladiatori, a Capua sono 200; scappano in 70 e i capi all’inizio sono tre: Spartaco, Crisso ed Enomao e non sono degli schiavi.

Scappano dalle scuole, all’inizio c’è una confraternita di guerrieri, che inizia a liberare gli schiavi dagli ergastula della Campania, poi si apre la strada per reclutare sempre più uomini, non hanno un centro territoriale. Silla nel frattempo ha distrutto il sistema cantonale e ha riaperto le grandi vie della transumanza. Chi è Spartaco alla fine? Non lo sappiamo; alla fine può essere anche un nome d’arte. Intanto resiste il mito di Spartaco, anche per il fatto che viene ferito in battaglia e il suo corpo non viene trovato, facendo così il parallelo con altre figure mitiche di Roma come Enea e Romolo.

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A conclusione del convegno l’intervento del professore Carmine Carlone che ha ricordato l’importanza del mito di Spartaco come leva per lo sviluppo di un territorio ricco di peculiarità paesaggistiche e storiche, facendo leva su una rete di dialogo tra vari enti ed associazioni operanti in modo attivo e serio. Ha ricordato, inoltre, che Spartaco da Capua fa tappa per l’agro nocerino-sarnese, quindi si sposta verso i boschi di Eboli dove cattura un Piceno; si accampa presso le Nares Lucane, l’odierna piana di Galdo ai piedi dei monti Alburni, per poi dirigersi nel Vallo di Diano, a Polla dove i suoi seguaci compiono molti soprusi come forma di vendetta; infine, si dirige verso Metaponto per svernare per poi arrivare nei pressi dell’odierna Oliveto Citra dove, come sostenuto da alcuni storici successivi, si sarebbe svolta la battaglia finale.

La giornata dedicata a Spartacus si è conclusa con una esibizione dei gladiatori della scuola dell’Anfiteatro Campano di Santa Maria Capua Vetere, diretto da Ida Gennarelli, molto apprezzata dal folto pubblico presente. Al termine è stato consegnato a Mino Pignata, sindaco di lungo corso, l’attestato di “gladiatore honoris causa”. Del resto -ha affermato un olivetano presente- “anche lui è un gladiatore. Un gladiatore della Politica”.

GERARDA FORLENZA

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