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Dalle “brutte persone” di Michele Albanese agli “ignavi” del Padre Dante passando per “la riconoscenza della vigilia” del Presidente De Nicola

di Giuseppe D’Amico

Ho letto e più volte riletto, come tanti, la lettera aperta pubblicata alcuni giorni fa su Linkedin da Michele Albanese nella quale fa riferimento a “brutte persone che esistono. E fanno pure male…Quelle persone che non trovano mai soddisfazione nella propria vita, se non vedendo crollare quelle degli altri, soprattutto se questi ultimi sono minimamente persone in vista”.

Michele Albanese

Come tutti ho cercato di coglierne il senso e, soprattutto, ho provato ad individuare, senza riuscirci, i destinatari di quelle parole intrise di amarezza anche perché Michele Albanese, che ho il piacere di conoscere da oltre 40 anni, non si è mai lasciato andare ad un simile sfogo. Evidentemente, a giudicare dai toni usati, la lettera è la diretta conseguenza della delusione provata a seguito del comportamento di una o più persone.

Ma perché scrivere e pubblicare quella lettera? A chi o a cosa si riferisce? Ha a che fare con la sua funzione di Direttore Generale della Banca Monte Pruno e, in tal caso a qualcosa che si è verificata dopo il 1° gennaio di quest’anno, cioè da quando ha lasciato l’incarico?

Se è così, è lecito riflettere sul noto aforisma reso celebre dal primo Presidente della Repubblica Italiana, Enrico De Nicola: “La riconoscenza è il sentimento della vigilia”. E se è così, in base al Dna tipico delle “brutte persone” alle quali Michele Albanese ha fatto riferimento è lecito pensare che, in caso di necessità, tempo una decina di giorni, quelle stesse “brutte persone” non esiteranno a bussare alla stessa porta di quello stesso ufficio. Purtroppo, nella vita spesso succede anche questo.

Una breve riflessione, seppure diversa, va fatta anche sul contenuto finale della lettera che contiene un consiglio a chi ha incontrato brutte persone nella vita: “Ricordati che il loro veleno non parla di te, para di loro. Della loro miseria interiore, della loro incapacità di amare, della loro paura di guardarsi davvero allo specchio. Non rispondere. Non spiegare. Non odiare. Semplicemente cammina oltre perché non meritano il tuo dolore…Loro resteranno esattamente dove meritano: nel vuoto che si sono creati perché chi gode del dolore altrui non unisce: si condanna”.

Un consiglio da tenere nella giusta considerazione. Ci riporta al Padre Dante: quando nel 3° Canto dell’Inferno incontra persone che si disperano il Sommo Poeta chiede a Virgilio di sapere chi siano. Virgilio risponde che “sono gli ignavi, anime senza ‘nfamia e senza lodo”. Nei loro confronti Dante esprime disprezzo definendoli “sciagurati che mai non fur vivi”.

Merita particolare attenzione l’invito che Virgilio rivolge al poeta: “Non ragionar di loro ma guarda e passa!”. Da allora sono trascorsi 700 anni ma le parole di Virgilio meritano la massima attenzione. Soprattutto, nella società odierna mantengono intatta la loro validità.

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Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
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