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Anche Padula piange Antonio Paolucci, l’ex Ministro e storico dell’arte che tanto amava la Certosa di San Lorenzo

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Anche Padula e la sua Certosa sono stati toccati dal lutto nel mondo della Cultura causato dalla scomparsa del prof. Antonio Paolucci, uno degli storici dell’arte più noti e apprezzati in Italia all’estero, morto lunedì a Firenze a 84 anni. Tra i tanti ruoli ricoperti nella sua lunga carriera, Paolucci è stato Soprintendente a Venezia, a Verona, a Mantova e nel Polo Museale Fiorentino. Fu anche Ministro per i Beni Culturali dal gennaio del 1995 al 1996, e nel novembre 2007 Benedetto XVI lo aveva nominato Direttore dei Musei Vaticani, incarico che ricoprì fino al luglio del 2016. In un messaggio inviato alla famiglia Papa Francesco, tramite il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, lo ha definito “un apprezzato cultore dell’arte, che ha svolto un servizio generoso e competente ai Musei Vaticani”.

Personalmente ho avuto il piacere e l’onore di conoscerlo ed interloquire sia pur brevemente con lui  nel dicembre del 2015 a Roma, nei Musei Vaticani, in occasione della presentazione del libro intervista di Tiziana Lupi realizzata con Papa Francesco, pubblicato da Mondadori, “La mia idea di arte”, in cui il Santo Padre commenta undici capolavori tra i quali sono inserite due opere alte circa quattro metri realizzate in ferro battuto dallo scultore italo-argentino originario di San Rufo, Alejandro Marmo: il “Cristo obreros” e la “Madonna di Lujan”, che per volontà del Papa sono state collocate nei giardini vaticani. Alla presentazione del libro era presente anche Alejandro Marmo, autore del disegno di copertina, che vediamo nella foto insieme a Tiziana Lupi, Licia Colò e lo stesso Paolucci. L’allora direttore dei Musei Vaticani così commentò il volume: “Papa Francesco è un pastore che si mette al livello visuale del suo popolo e da quel punto di vista parla dell’arte in modo molto poetico e toccante, perché dice che l’arte è “speranza” ed è “consolazione”. Dice che l’arte deve essere aperta a tutti, ma soprattutto ai poveri, gli emarginati, i diseredati… E c’è, nella sua riflessione sull’arte, una cosa che a me personalmente piace molto e che coincide poi con la sua più generale riflessione sulla “teoria degli scarti”. È un Papa venuto dall’America e non dimentichiamo che in America è nata la “Pop Art”: un’arte, cioè, che cercava di dare dignità e significato estetico ai detriti della civiltà industriale e alle icone consumate dall’uso”.

Ma c’è un altro avvenimento che merita di essere ricordato; nel 2016 Antonio Paolucci e Vittorio Sgarbi, aprirono il loro personale e coltissimo scrigno delle meraviglie, tracciando una personale “mappa della Bellezza” proponendo tre mete a loro avviso imperdibili: a Nord, al Centro e nelSud dello Stivale. Il mio consiglio –scriveva Paolucci- porta nella parte più meridionale di Salerno, là dove la Campania si protende verso la Basilicata: la Certosa di Padula, vera e propria città monastica, oggi affidata allo Stato, uno dei più sontuosi complessi monumentali barocchi del Sud con i suoi archi seicenteschi, ci parla di un territorio magico e lussurioso”. Vittorio Sgarbi visitò la Certosa nell’agosto dello stesso anno. Purtroppo, pare che oggi la Certosa interessi a pochi. 

Una vista “inusuale” della Certosa di Padula

Lo stesso Vittorio Sgarbi, appresa la notizia della scomparsa di Paolucci si è così espresso: “Antonio Paolucci è stato il più politico degli storici dell’arte, meglio dei soprintendenti. Non perché è stato ministro dei beni culturali, esercitando una funzione politica, ma perché, come nessuno degli studiosi, ha inteso la storia dell’arte non come una ricerca estetica o di approfondimento critico, ma come una esperienza di storia civile, di educazione. Il suo obiettivo era quello di raccontare l’arte, come conoscenza necessaria per la formazione civile. Nulla di più lontano da lui dell’idea d’intendere l’arte e i musei come fonte di profitto, come valori economici. La bellezza è impagabile e non si paga”.

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Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
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