Per dare continuità a investimenti e servizi è importante che i fondi europei e nazionali per la coesione 2021-2027 operino in complementarità con le azioni del Pnrr. Questo significa introdurre nel dibattito di politica economica la possibilità di utilizzare i fondi per la coesione anche per finanziare servizi di rilevante utilità sociale.
Il Rapporto Svimez evidenzia i limiti, oramai strutturali, dell’attuale modello, la cui programmazione si fonda su obiettivi tematici generici e non adattabili alle diverse priorità e fabbisogni dei territori, secondo un criterio imperniato sulla rendicontazione della spesa e non legato al raggiungimento di precisi obiettivi di crescita o di riduzione dei divari.
Al contrario, l’applicazione di un metodo Pnrr adattato alle politiche di coesione, che subordini l’erogazione delle risorse al raggiungimento di precisi obiettivi, piuttosto che alla semplice rendicontazione delle spese, potrebbe rappresentare una proposta di riforma concretamente percorribile e in grado di condurre a un sostanziale miglioramento dell’efficacia di queste politiche. L’Accordo di partenariato dovrebbe contenere precisi target quantitativi, fissati a livello quantomeno regionale, accompagnati da milestone che presentino una connotazione anche territoriale, soprattutto in tema di riforme della regolazione dei servizi pubblici locali, di prestazione dei servizi essenziali (in primis istruzione e salute), e di rispetto delle direttive europee.
DA ELIMINAZIONE DECONTRIBUZIONE SUD IMPATTI SUL PIL DEL MEZZOGIORNO (2 DECIMI DI PUNTO) E SULL’OCCUPAZIONE (25MILA POSTI DI LAVORO A RISCHIO)
Con riferimento agli interventi per il Mezzogiorno, va segnalata l’abrogazione dal 2025 della misura di parziale decontribuzione a favore delle imprese private che operano nel Mezzogiorno (Decontribuzione Sud), introdotta dalla Legge di Bilancio 2021, che ha svolto un ruolo importante in questi anni, prima nel favorire la tenuta dell’occupazione nella crisi e poi per sostenerne la dinamica nella ripresa.
L’eliminazione della Decontribuzione Sud dal 31 dicembre 2024 comporta impatti significativi su crescita e occupazione. Nel 2023, ha riguardato mediamente più di 2 milioni di lavoratori per una spesa di oltre 3,6 miliardi e lo stanziamento cancellato per effetto dell’abolizione dell’agevolazione è pari a 5,9 miliardi per il solo 2025. Secondo stime Svimez, l’abrogazione comporterà una riduzione di due decimi di punto della crescita del Pil del Mezzogiorno e di tre decimi dell’occupazione, con circa 25 mila posti di lavoro a rischio.
La Legge di Bilancio 2025 prevede, a compensazione, il finanziamento di un nuovo Fondo per interventi al Sud, con una dotazione di 2,4 miliardi nel 2025 e ulteriori 4,4 nel successivo biennio. Si tratta tuttavia di uno stanziamento che, oltre ad avere una dotazione pari a circa la metà di quanto tagliato, non ha ancora una chiara destinazione né uno strumento attuativo, con il conseguente rischio di essere ridotto in corso d’anno per far fronte ad esigenze congiunturali.
PER CRESCITA DEL SUD DECISIVA L’ATTUAZIONE DEL PNRR: BENE I COMUNI DEL SUD
Le analisi Svimez confermano il ruolo determinante di stimolo del Pnrr alla crescita dell’area, ma evidenziano anche la necessità di accompagnare il ciclo di investimenti in infrastrutture economiche e sociali con un rilancio delle politiche industriali volte al rafforzamento del tessuto produttivo locale.
La maggior parte dei progetti risultano in corso (105 su 140 miliardi di euro), e le diverse aree del Paese sembrano sostanzialmente allineate nel percorso attuativo. Bene i comuni, che gestiscono progetti Pnrr per circa 30 miliardi. Un terzo delle risorse risulta ancora da avviare, ma la maggior parte dei progetti hanno partenza tra autunno/inverno 2024, vale a dire che la partita si sta giocando proprio in questi mesi. Al Sud spetta uno sforzo attuativo sicuramente maggiore; i comuni rispondono bene specialmente sulla realizzazione di investimenti connessi alle infrastrutture sociali con un importo avviato pro capite maggiore rispetto al dato del Centro-Nord. A rilento invece le infrastrutture più complesse, come quelle di trasporto, che vedono una percentuale di cantieri aperti inferiore al 20% e leggermente più elevata, per i progetti superiori ai 5 milioni di euro, al Sud (27% contro la media del 26%).
AUTONOMIA DIFFERENZIATA DA FERMARE: SOSPENDERE TRATTATIVE TRA GOVERNO E REGIONI
La Svimez in questi anni non ha mancato di far sentire la sua voce, con studi e audizioni parlamentari, sui rischi di frammentazione delle politiche pubbliche e di ampliamento dei divari di cittadinanza che sarebbero derivati dall’attuazione dell’autonomia differenziata. I rilievi della Corte Costituzionale confermano molte delle critiche avanzate in questi anni e colpiscono di fatto i punti cruciali della Legge 86/2024: possibilità di devolvere intere materie; derubricazione dei Lep a meri adempimenti amministrativi; svilimento del ruolo del Parlamento.
La Svimez riconosce nelle osservazioni della Corte la contrarietà a una idea divisiva del Paese, incurante dei divari di cittadinanza e basata sulla conflittualità tra Stato e Regioni e tra cittadini dei diversi territori. Il richiamo della Corte non può rimanere inascoltato, le trattative con le Regioni richiedenti maggiori autonomie andrebbero sospese. Il percorso verso una maggiore autonomia deve essere riportato all’interno di un’ordinata attuazione del federalismo simmetrico, basato sui princìpi, inderogabili, della sussidiarietà verticale e orizzontale e della solidarietà nazionale. Un percorso che deve necessariamente partire dal superamento delle iniquità della spesa storica, attraverso una compiuta assicurazione di livelli essenziali delle prestazioni basati su fabbisogni e costi standard, e dalla garanzia di un fondo di perequazione in grado di rimuovere i divari territoriali nella dotazione di infrastrutture economiche e sociali.