Di Giuseppe Geppino D’Amico
La scala esterna sul muro della Certosa? È brutta e inutile; un mostro, un pugno nell’occhio; una vergogna; uno scempio da rimuovere; un’offesa alla storia del cenobio. Sono questi solo alcuni dei commenti letti sulla stampa o ascoltati su radio e tv locali sulla scala in ferro realizzata su un muro esterno della Certosa di Padula, monumento simbolo del Vallo di Diano. Un fatto è certo: a seguito dell’interesse degli organi di informazione la scala è diventata un caso nazionale.
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È balzata agli onori della cronaca il 31 ottobre scorso a seguito di una conferenza stampa indetta dal presidente dell’Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino, Angelo Paladino, che comunicava di avere chiesto alla Soprintendenza Regionale l’accesso agli atti e, dopo averne preso visione, con una nota inviata alla Soprintendenza, alla Direzione Nazionale dei Musei dello Stato e al Ministro per la Cultura, Gennaro Sangiuliano, ne chiedeva la rimozione. La scala è stata realizzata con fondi Pon “Cultura e sviluppo Fers 2014/2020: interventi di restauro e di fruizione innovativa per la valorizzazione del sito Unesco e per uno sviluppo sostenibile del territorio di riferimento”, lavori per un importo di 8,5 milioni di euro, poi scesi a 5,8 milioni. Il 7 novembre scorso durante una visita al museo archeologico di Buccino il ministro Gennaro Sangiuliano, rispondendo a una domanda di Vallopiù, non solo annunciava una visita in Certosa ma prometteva il suo interessamento per la rimozione scala. Da allora si apriva un periodo di silenzio senza alcuna reazione da parte di quei politici che sono soliti inondare le redazioni di comunicati stampa su qualsiasi argomento, magari per elogiare le cose fatte da sodali o per denunciare errori ed inerzia degli avversari.
In verità, qualche tentativo di denigrare l’iniziativa, sottovoce, bollandola come “un’operazione politica”, c’è stata. In attesa che emerga in modo ufficiale è preferibile ricordare le reazioni di quelle persone che (come dire?) ci hanno messo la faccia. Il 30 novembre scorso la vicenda è finita sulle pagine nazionali del quotidiano “Il Mattino” con un articolo a firma di Erminia Pellecchia, a cui ne è seguito un altro il giorno successivo. Interpellato dalla giornalista il direttore generale dei Musei dello Stato e attualmente, ad interim, anche dei Musei della Campania, Massimo Osanna, ha affermato: “Sto cercando di capire cosa si può fare. Condivido il giudizio su quella scala che non andava fatta. E francamente non capisco come sia venuto in mente di farla. Purtroppo, l’ho appreso quando già era stata messa in opera…ora devo capire che margini di azione abbiamo”.
Gridava all’orrore l’ex soprintendente di Salerno, Gennaro Miccio, che con Vega de Martini e Mario De Cunzo contribuì già negli anni ’80-’90 del secolo scorso alla riqualificazione e alla riscoperta di questo luogo unico d’arte e devozione: “Mi sono battuto per lasciare intatte le pareti della Passeggiata coperta di metà ‘700, architettonicamente superba contro chi la riteneva a rischio sismico; ora quella dell’ala più lunga è stata gravemente danneggiata da un’apertura a servizio di una scala che più orrida non si può. Sangue e fatica buttati al vento”.
Durissimo il commento di Vega de Martini: “A chi può essere venuto in mente di allestire a ridosso del muro del chiostro grande della Certosa di Padula quella orribile scala di emergenza? Tutta di ferro, un pugno nello stomaco! E come è possibile che la Soprintendenza competente per territorio ne abbia autorizzata la costruzione? Una scala completamente fuori conteso, mastodontica, pesante, altissima. Una scala, inoltre, completamente inutile in quanto una scala di emergenza a servizio della passeggiata coperta già esiste, larga, comoda, ed è perfettamente funzionante. Comunque, una intollerabile ferita inferta al secolare complesso monastico certosino, il più grande d’Europa, per di più dichiarato dall’Unesco negli anni ‘90 Patrimonio dell’Umanità”.
Ad esprimere una ferma condanna e dure critiche a chi ne ha consentito la realizzazione è anche Alfonso Andria, attualmente Presidente del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali di Ravello, e nel 1998 (anno in cui la Certosa fu inserita nel patrimonio Unesco) presidente dell’Amministrazione Provinciale di Salerno. Prendeva le distanze Giovanni Villani, uno dei progettisti: “I lavori, appaltati da Invitalia, sono iniziati subito dopo la mia pensione”.
Nei giorni scorsi è arrivato il commento della sindaca di Padula, Michela Cimino: “Per rispetto istituzionale, ho atteso le decisioni del Ministero della Cultura. Se Osanna, ha dichiarato che quella scala non andava fatta, non posso far altro che condividere pienamente il suo pensiero”. Ritornando sull’argomento dopo le dichiarazioni di Osanna, Angelo Paladino, che per primo ha sollevato il problema, ha affermato: “Prendo atto con soddisfazione delle dichiarazioni rese dal direttore Osanna dopo il silenzio della direzione regionale dei musei. Spero che si decida subito per la rimozione della scala-mostro, evitando che andiamo noi con pinze e chiavi inglesi”. Sulla vicenda è intervenuta anche Raffaella Di Leo, presidente della sezione salernitana di Italia Nostra con un breve commento riportato da Il Mattino: “Secondo il concetto della riforma Franceschini, valorizzazione significa fare eventi per portare pubblico, e questo vuol dire non solo mostre e convegni, ma anche feste, matrimoni. Il restyling della Passeggiata coperta va in questo senso e, quindi, per le norme di sicurezza occorre una scala esterna. Però va considerato prima di tutto il decoro del monumento”.
E l’Unesco? Interpellati sulla vicenda i vertici dell’Ufficio italiano hanno fatto sapere che l’Unesco decide soltanto sull’inserimento del bene nell’elenco del Patrimonio da salvaguardare e sulla eventuale revoca. La tutela spetta al Ministero. Chiudiamo con un’ultima annotazione sulla situazione in cui versa la Certosa a prescindere dalla scala: i problemi si sono aggravati con la riforma Franceschini che, nel caso della Campania, ha accentrato tutto a Napoli. La Certosa soffre di una notevole carenza di personale e della mancanza di una direzione in loco. Purtroppo, con gli enormi problemi di gestione di un patrimonio storico e culturale straordinario qual è quello di Napoli, la Certosa può attendere. Riteniamo, quindi, che tutti i politici rimasti finora silenti sulla vicenda di Padula farebbero cosa buona e giusta ad impegnarsi per ridare alla Certosa una direzione in loco. Altrimenti, parafrasando Massimo Troisi, “non ci resta che piangere” e continuare a rimpiangere i tempi d’oro degli anni ’80.