di Elia Rinaldi
Cinquant’anni di sacerdozio non sono solo un traguardo anagrafico o liturgico: sono mezzo secolo di vita condivisa con una comunità, giorno dopo giorno, senza risparmiarsi. È questo il senso più profondo della festa che la comunità di Montesano sulla Marcellana ha voluto dedicare a Don Mimì Tropiano, parroco delle località di Tardiano e Magorno, figura amata e radicata nella memoria collettiva del paese.

Domenica scorsa, tra affetto sincero e gratitudine diffusa, l’intera comunità si è stretta attorno a lui per celebrare un cammino sacerdotale iniziato cinquant’anni fa, e che da allora non ha mai smesso di intrecciarsi con la vita quotidiana della gente.

A raccontare la profondità di questo legame è il sindaco Giuseppe Rinaldi, che con parole cariche di stima ha voluto rendere omaggio non solo al sacerdote, ma soprattutto all’uomo: “La storia umana, di fede, di pastore di Don Mimì è, oramai, indissolubilmente legata alla storia della nostra comunità”. E quella di Don Mimì, in effetti, è una presenza che si è fatta costante, vicina, familiare.
Non è raro che i cittadini di Montesano ricordino le sue richieste di passaggi in auto, su e giù per le strade del paese, gesto semplice ma eloquente: “Chi di noi non gliel’ha mai dato?”, si chiede il sindaco, sottolineando come, soprattutto nei diciannove anni trascorsi anche a Montesano Scalo e Prato Comune, Don Mimì abbia “consumato le scarpe per restare sempre vicino a tutti, nei momenti lieti ma anche tristi di ogni famiglia”.
Quella di Don Mimì è una pastorale fatta di presenza concreta, di ascolto, di partecipazione silenziosa ma costante. Non si è mai chiuso dentro le mura della canonica o della chiesa, ma ha scelto di vivere “fuori”, tra la gente, come ha sottolineato Rinaldi: “Con la sua umiltà e spontaneità, si è distinto per essere un sacerdote che mi piace definire extra moenia, fuori le mura… un parroco capace di entrare in tutte le case, vicino al fuoco, insieme, per condividere, per esserci… ed è stato presente con tutti!”.
Don Mimì ha saputo incarnare un modo diverso di essere pastore: discreto ma presente, umile ma solido, capace di parlare il linguaggio della semplicità e della vicinanza. Il suo cinquantesimo anniversario diventa così un momento di riflessione e riconoscenza collettiva, in cui un’intera comunità si riconosce e si ritrova.