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Sanremo e la Certosa di Padula, dallo scalone monumentale alla scala della vergogna

di Giuseppe D’Amico

Sanremo è Sanremo. Quasi tutti lo guardano ma pochi lo ammettono. Però, basta una frase sul festival e l’argomento trattato diventa virale. Quest’anno anche la Certosa di Padula ha vissuto un momento di celebrità e di pubblicità a costo zero grazie al festival. Non proprio all’Ariston ma durante i commenti di sabato mattina negli studi di Rai 1 per merito del saggista e storico dell’arte Costantino D’Orazio il quale, commentando nel corso di Uno Mattina la coreografia di Gaetano Castelli, l’ha paragonata allo scalone della Certosa di Padula:

“Quest’anno -ha affermato- Castelli ha giocato con forme sinuose, curve che si intrecciano con le luci. Il riferimento immediato riporta ad una scenografia barocca, non solo del teatro ma anche delle architetture barocche”. A conferma delle sue parole D’Orazio ha poi mostrato una foto del monumentale scalone della Certosa in cui “il modo di intrecciarsi delle scale con le curve che entrano l’una nell’altra, è molto simile alle scale che entrano all’interno della scenografia del Teatro Ariston”.

I social si sono scatenati: tutti ad elogiare (giustamente orgogliosi) la bellezza dello scalone della Certosa, monumento UNESCO. Nessuno, però, ha speso una parola per ricordare un’altra scala, quella esterna appoggiata sul muro esterno del cenobio, realizzata nell’estate dello scorso anno. Ironia della sorte, la scala è stata realizzata nell’ambito del piano “valorizzazione della Certosa”. Il proponimento è meritevole di consensi; il risultato certamente no. Non a caso, in una dichiarazione rilasciata alla giornalista del quotidiano IL MATTINO, Erminia Pellecchia, in merito alla denuncia del presidente dell’Osservatorio Europeo del Paesaggio di Arco Latino, Angelo Paladino, l’attuale direttore dei Musei dello Stato, Massimo Osanna, ha commentato con una frase che non ammette repliche: “E’ assurdo, bisogna rimediare. Sto cercando di capire cosa si può fare. Condivido il giudizio su quella scala che non andava fatta”. Non ci resta che attendere.

Chi ama la Certosa non può non auspicarne la rimozione.

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Il monumentale scalone, a doppia rampa, è l’ultima opera che i padri certosini riuscirono a vedere realizzata prima delle soppressioni francesi. Unisce i due livelli dei chiostro grande. L’opera appare come un maestoso elemento scenografico illuminato dai suoi sette grandi finestroni che spaziavano sul paesaggio circostante. Rispetto all’ingresso principale al chiostro la scala è situata sul lato opposto.  Chiuso all’esterno da una torre ottagonale, lo scalone conduce al primo piano del chiostro dove si trova il lungo corridoio della passeggiata coperta dove negli anni ’80 sono state allestite mostre di straordinario valore che, più passano gli anni, più appartengono ai ricordi. 

Questa monumentale opera architettonica èfrutto di Gaetano Barba, architetto allievo di Luigi Vanvitelli che operò dagli anni settanta del Settecento in Certosa per compiere la galleria al primo piano del chiostro grande. Non manca chi attribuisce il progetto a Ferdinando Sanfelice, maestro napoletano ideatore di questo tipo di architettura a doppia rampa.

Lo scalone della certosa di San Lorenzo ècostruito con la pietra di Padula. La torre ottagonale che chiude dall’esterno la scala è caratterizzata da sette finestroni aperti verso il giardino all’italiana, di rifacimento settecentesco che utilizzavano i monaci di clausura per le loro uscite durante le festività.

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Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
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