di Andrea Spiri
Pubblichiamo, per gentile concessione di Andrea Spiri, due lettere inedite di Francesco Cossiga e Giulio Andreotti a Bettino Craxi, in occasione del 25 esimo anniversario della morte del leader socialista.
I testi sono tratti dal libro di Andrea Spiri “Lettere di fine Repubblica”, edito da Baldini e Castoldi e in uscita in questi giorni.

Francesco Cossiga a Bettino Craxi
«Cosa si direbbe se la DC andasse all’opposizione e chi va al potere organizzasse una milizia clandestina per impedire che i democristiani tornassero al governo? Nell’Italia repubblicana si è costituito un esercito segreto assolutamente incompatibile con il nostro ordinamento, una milizia illegale per contrastare l’arrivo dei comunisti al potere». Il 3 dicembre 1990, un’intervista rilasciata dal ministro delle Finanze Rino Formica al settimanale «Panorama» fa infuriare il presidente della Repubblica Francesco Cossiga, che di “Gladio” (la struttura di difesa parallela organizzata nell’ambito dell’Alleanza atlantica durante la Guerra fredda, di cui per primo Giulio Andreotti svela l’esistenza in un discorso alla Camera il 24 ottobre) ha rivendicato la «legittimità istituzionale». Il ministro socialista poi rincara la dose, sottolineando che se un capo dello Stato è interventista deve anche essere oggetto di «critica radicale fino all’iconoclastia» e di «critiche spietate persino sulla sua vita privata». Cossiga si rivolge allora indignato proprio ad Andreotti, reclamando una presa di posizione che coinvolga tutti i partiti della maggioranza. Il presidente del Consiglio gli risponde a sua volta con una lettera nella quale definisce «incredibile» l’intervista di Formica e aggiunge: «Ѐ assurdo che un ministro si esprima su argomenti caldi e delicati in un modo che già sarebbe poco obiettivo per un oppositore». Anche Craxi testimonia in forma scritta il proprio sostegno a Cossiga, cui alla fine deve indirizzarsi lo stesso Formica, spiegando di essere stato frainteso. A via del Corso, sede nazionale del PSI, prevale dunque l’esigenza di evitare che sul partito ricada la responsabilità di una crisi di governo. Da qui, il passo chiarificatore verso il Quirinale, compiuto tenendo fermo il principio che «non si può pretendere che i socialisti accolgano ad occhi bendati spiegazioni e giustificazioni sulla vicenda Gladio», di cui, mette in chiaro Craxi, «noi fummo sempre tenuti rigidamente all’oscuro e persino quando assumemmo la guida dell’esecutivo ce ne fu data un’informazione assolutamente inadeguata».

Roma, 4 dicembre 1990
Caro Bettino,
ti ringrazio per la tua lettera.
Io sono debitore a te ed al Partito Socialista di molte cose, che io non dimentico, antiche e recenti: e non è mio costume essere un ingrato. Ti debbo molte cose, e quindi anche la franchezza. Per questo ti debbo dire che non concordo con la tua lettera; ma penso che il dissenso sia dovuto ad una diversa angolatura con cui si affronta il problema posto dalle dichiarazioni di Rino Formica.
Che un parlamentare, un cittadino, un segretario di un partito, anche della maggioranza, possa criticare il Capo dello Stato, quando questi si avvale del “potere di esternazione”, è pacifico. Ciò che non è assolutamente pacifico è che lo faccia un Ministro in carica: questo io non lo posso ammettere, per non dare mano all’ulteriore sfascio delle istituzioni. E men che mai posso ammettere che mi si rivolgano neanche tanto velate minacce, rivolte perlopiù alla mia vita privata. Tirato per mano ho reagito con il discorso di Torino.
Questo sul piano della correttezza costituzionale, della decenza politica e del rispetto che il governo (i partiti, i privati, le associazioni sono un’altra cosa!) mi deve.
Sul piano personale però, non sono disposto, per nulla, dico per nulla, a sopportare le ingiurie e le minacce di Rino Formica. Ci mancherebbe anche questo!
Per quanto riguarda il tuo giudizio su “Stay-Behind” – per il quale siamo ormai un punto di ilarità degli alleati, avversari, amici, neutrali ed ex-nemici! – chiunque può dare il giudizio che vuole: tu lo hai dato critico, non sulla cosa in sé, ma sui modi concreti del suo possibile essere, non formulando peraltro accuse forsennate come fa il Formica.
Ma tu sei un politico, non un membro di un governo il cui Presidente del Consiglio si è pronunziato, insieme al Ministro della Difesa, per la legittimità politica, internazionale, costituzionale della struttura nazionale di “Stay-BehindNets”.
Chi dichiara le cose forsennate che il Formica ha dichiarato, se ne assume la responsabilità e lascerà, prima o dopo il governo: si aggiunga che il giudizio di Andreotti e Rognoni è da me avallato e sarà da me confermato.
Qui non è in gioco la mia persona, che è cosa davvero modesta, ma la struttura portante di ciò che rimane delle istituzioni. Ciò che è in gioco non è Francesco Cossiga – desideroso quantomai di ritornare ai suoi privati studi! – ma il prestigio, il decoro, l’autorità e l’autorevolezza del Presidente della Repubblica, già “ferito” dagli incompiuti attacchi di una torbida manovra.
A chi serve un Capo dello Stato “a brandelli”? E se ci troveremo in difficili passaggi di politica interna ed internazionale, come farà il Capo dello Stato a svolgere un ruolo di qualche autorevolezza, in modo credibile?
Io ho servito per quarant’anni lo Stato, come ho saputo e potuto fare; ma non voglio chiudere la mia attività politica con atti di viltà e di acquiescenza alla prepotenza che non tocca me, ma le istituzioni. Un Capo dello Stato che si lasci “ridurre a brandelli” ha un solo dovere: andarsene; un Capo dello Stato che non voglia essere complice di un dissennato disegno e di una irresponsabilità sconfinata ha una sola via: andarsene. Io non lascerò fare a brandelli né l’istituzione Capo dello Stato né il nostro ordinamento; e non intendo rimanere neanche un’ora in più, se questo è il prezzo che mi si chiede per una certa tolleranza politica. Io prezzi non ne pago.
Per maggiore chiarezza ti allego, confidenzialmente la lettera formale – in copia – da me inviata al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Questa è la mia posizione: e da essa io non mi muovo. Il tuo dissenso eventuale certo mi dorrà; ma non intaccherà né la mia riconoscenza per la solidarietà tante volte espressami, né tantomeno la nostra amicizia.
Tuo affezionatissimo, Francesco Cossiga