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“L’anno di Grazia sia un esodo che ci permetta di liberarci dalle nostre catene”. La Lettera Pastorale di Mons. De Luca (PARTE 3)

La realizzazione dell’Anno di grazia del Signore nell’incarnazione del Verbo di Dio

Il Giubileo, anno santo della memoria esodale e della misericordia di Dio, ricorda a tutti i cittadini del mondo la necessità di condonare per uscire da una logica di autoreferenzialità smodata e di possesso sfrenato. Le istanze giubilari ci interrogano soprattutto sulla nostra capacità di attivare un reale processo di liberazione dalle nostre piccole o grandi catene. L’anno comandato da Dio conserva la memoria viva e vivificante dell’incontro avvenuto tra la sua Signoria e le fragilità umane, salvate dall’opera di liberazione di Jahvè. A ben riflettere, l’annuncio stesso del giubileo, attraverso il suono del corno, apre alla speranza, alla liberazione. Il suo annuncio obbedisce al comando del Signore, è il giorno della richiesta di perdono giacché si riconosce che, comunque, ogni restituzione di terreni, di proprietàe di persone suppone la violazione della legge fondamentale secondo la quale la terra e l’uomo appartengono a nessun altro, per quanto siano ricchi, ma solo al Signore. L’annuncio dell’anno di grazia del Signore è testimoniato anche nel Nuovo Testamento, un annuncio che fa incontrare nuovamente Dio con l’umanità nella storia, grazie all’incarnazione del Verbo in Gesù di Nazaret. L’evento dell’incarnazione è esso stesso un processo di uscita missionaria, perché la Seconda Persona della Trinità si porta fuori dal seno di Dio e per amore assume la carne umana (cfr. Gv 1). Gesù stesso presenta la sua condizione esodale: «Sono uscito dal padre e sono venuto al mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre» (Gv 16,28; 17,8; 16,30). Nel Nuovo Testamento tale dimensione è ribadita con consapevolezza. Gesù infatti è colui che non ha ritenuto un previlegio di essere Dio, ma si è perfino “svuotato” per comunicare agli esseri umani l’Amore che è Dio. Cristo realizza la kenosis pur di testimoniare all’umanità l’essenza vera dell’esistenza umana, delle relazioni, del creato (cfr. Ef 2, 6-9). Quest’esodo del Verbo di Dio insegna la corretta modalità di essere discepoli-missionari, proprio perché palesa la logica divina, che sceglie la debolezza alla forza, la povertà alla ricchezza, l’amore al possesso. Infatti, Gesù è coerente nell’amore alla logica della donazione fino alla morte. Nella prospettiva di Cristo, l’evento giubilare si colora di novità. Proprio nella dimensione della donazione, il Verbo di Dio incoraggia i suoi discepoli a fare una scelta di totale offerta, «perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Mt 16,25). Nel Vangelo secondo Luca, la persona e l’opera di Gesù hanno una chiara dimensione profetica con un’accentuazione sociale. Questa “epifania” è data in modo esplicito dal terzo evangelista in un determinato momento della narrazione. Gesù si reca di sabato nella sinagoga e come un rabbi autorevole si propone per leggere la Scrittura. La sua scelta capita su un brano specifico dell’AT, ovvero su un testo del profeta Isaia (cfr. Lc 4, 16-21). Ecco il passo profetico letto dal Nazareno:

Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore (Is 61, 1-2).

Tale “scrittura”, secondo il redattore del Vangelo di Luca, si è adempiuta nell’hodie della storia. Gesù legge la Parola e mentre la proclama hic et nunc si è realizzata: il Nazareno è totalmente pieno dello Spirito di Dio, l’unico capace di rendere testimonianza all’annuncio del Regno di Dio, grazie anche a gesti che dimostrano “virtù esodali”. Nel testo profetico di Isaia sono esplicitati aspetti che definiscono il ruolo del Messia: innanzitutto alla consacrazione da parte di Dio è legata la dimensione della speranza di chi come i poveri e gli oppressi si sono affidati a Dio e alle sue promesse di riscatto; poi sono annunziate due liberazioni imminenti che riguardano le limitazioni della libertà personale per lo stato carcerario e quello della cecità; ci sono ancora i compiti operativi del Profeta, che riguardano la libertà degli oppressi e l’annuncio dell’anno di grazia che è l’anno giubilare durante il quale Dio concede ai pentiti il suo perdono. La prospettiva di redenzione/liberazione inaugura
il “nuovo” esodo, come inaugura la “nuova” Alleanza. In Cristo, il Giubileo vuole operare una più radicale spinta verso l metanoia sia nella vita del singolo credente sia nella vita comunitaria. Gesù Cristo è l’incarnazione della Parola di salvezza/riscatto perché con il suo esodo dalla Trinità alla carne umana ha mostrato la bellezza della più radicale donazione e si è fatto dono per tutti. Infatti, «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini» (Ef 2, 6-7). Quest’esodo di Dio rinnova in ogni momento il senso e lo scopo della vita umana e della creazione tutta, perché in Cristo l’umanità non spera restando vincolata alla terra, ma confida nell’avvento di Dio. In Gesù sappiamo che le promesse di Dio sono state realizzate propter nos homines et propter nostram salutem e il suo “uscire” è quasi come un “perdersi” per ritrovarsi e farci ritrovare in lui, chicco di grano caduto in terra, che rende feconda anche la morte attraverso la sua morte (cfr. Gv 12,24). Sorelle e fratelli, il Giubileo cristiano, quindi, chiama ogni persona battezzata a vivere in modo più intenso questa dinamica di rinnovamento e aiuta tutti noi a scoprire il senso e la rotta di una comunità invitata a sperimentare la vera speranza, quella dell’esodo, dalle logiche umane, dai fardelli del possesso, dalla bramosia del potere, dalle pressioni del profitto materiale, dalla malattia e dal sopruso. È tempo ora, con questo Anno di grazia, ormai incipiente, di « spalancare ancora la Porta Santa per offrire l’esperienza
viva dell’amore di Dio, che suscita nel cuore la speranza certa della salvezza in Cristo». La dimensione terrena è la condizione nella quale lo “spirito incarnato”, qual è ogni persona umana, invita tutti i credenti ad aderire con fermezza alla vocazione di stare nella storia e nel mondo, avendo piena consapevolezza che Dio ci sprona a una nuova vita già nel tempo storico (cfr. Gv 17,14) per fare della nostra esistenza sale della terra e luce del mondo (cfr. Mt 5, 13-16) quando impariamo dalla vera Luce la via del ritorno a Dio. Il Giubileo cristiano, illuminato dal principio di incarnazione, insegna a riscoprire in modo forte la novità di essere figli di Dio, ma senza cedere alla tentazione di vedere in questa condizione un privilegio. Infatti, come Cristo insegna, la vocazione cristiana è un impegno a convertire il mondo e ad aiutare l’opera di redenzione di Dio, che vuole trasformare i nostri cuori di pietra in cuori di carne (cfr. Ez 36, 26-27)! Alla luce di Cristo, la Chiesa vive in modo intenso nell’Anno giubilare la profezia realizzata dell’Amore che è Dio, realizzazione piena dell’esodo del Verbo di Dio. Quell’uscita si fa carne umana e mette tenda in mezzo all’umanità per insegnare la liberazione da ogni asservimento e umiliazione, che calpestano la dignità umana e ci impegna quotidianamente ad essere costruttori di un mondo più giusto. Quella profezia realizzata ci impegna a collaborare con Dio, grazie alla missione affidata alla Chiesa. L’azione del Profeta di Nazaret ha attivato un nuovo processo di consapevolezza e ha compiuto le Scritture: «i ciechi ricuperano la vista e gli zoppi camminano; i lebbrosi sono purificati e i sordi odono; i morti risuscitano e il vangelo è annunciato ai poveri» (Mt 11, 5). L’esodo pasquale e trinitario insegna alle battezzate e ai battezzati la bellezza del pellegrinaggio come modalità di interpretare la ricerca di Dio in ogni cosa, ma soprattutto per evitare la smania del possesso, quella che ammazza il senso del peccato e dunque ciò che silenzia la richiesta di perdono e di riconciliazione. Cristo è il redentore e in lui ogni peccato è perdonato. Egli vuole provocare un cambiamento del cuore della persona e lo fa invitandola ad un pellegrinaggio spirituale ed esistenziale, grazie al quale
l’incontro con lui diventa un evento trasformante. Tutte le iniziative dell’Anno Santo 2025 rimettono al centro il capovolgimento operato da Gesù e sono orientate alla riscoperta della soteria, della salvezza, realizzata in Cristo, quando accoglie i peccatori, risana le fragilità e le ferite, perdona i peccati, condona i debiti, apre alla speranza della conversione permanente. Il Giubileo è anche il momento del giubilo, della gioia, come farebbe intendere la traduzione latina (iubilum) del termine yobhel. Lo è perché l’incontro con il Cristo risorto e vivente è esperienza con la misericordia dell’Amore trinitario. Questa consapevolezza deve essere testimoniata ed annunciata al mondo da parte dei cristiani, che sono chiamati alla conversione continua per credere al Vangelo della misericordia, come Gesù stesso comanda: «Va’ nella tua casa, dai tuoi, annuncia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ha avuto per te» (Mc 5, 19).

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