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Con-Tatto – Lidia Poët, Matilde Serao, Maria Cioffi e l’avvocheria delle donne

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Il percorso per l’emancipazione della donna è stato particolarmente lungo e non privo di problemi. Non pochi, infatti, sono stati gli ostacoli da superare anche per accedere a determinate professioni che nei secoli passati erano prerogativa degli uomini. Oggi vogliamo occuparci della prima donna avvocato. Si chiamava Lidia Poët e la sua vicenda è tornata d’attualità grazie al romanzo di Ilaria Iannuzzi e Pasquale Tammaro, “Lidia Poët. La prima avvocata”, pubblicato dalla Casa Editrice “Le Lucerne” e presentato sabato scorso a Padula per iniziativa del Circolo Sociale Carlo Alberto 1886. Dopo una dura battaglia legale la Poët riuscì ad ottenere l’scrizione all’Ordine degli Avvocati.

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Il libro Lidia Poët. La prima avvocata”si avvale della prefazione di Simona Grabbi (Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Torino) e di un saggio di Clara Bounous (la prima ad impegnarsi in varie ricerche sulla vita di Lidia Poët).  Nell’incontro di Padula sono intervenute, oltre a Ilaria Iannuzzi, la presidente del Circolo, avvocata Rosanna Bove Ferrigno, la vice sindaca della città, avvocata Caterina Di Bianco, l’avvocata Pina Menafra, e gli avvocati Antonello Rivellese e Giuseppe Vollaro. Ricco di spunti il dialogo dell’autrice con Angelisa Rivellese, giurista, già vice presidente vicario del Tribunale per i minorenni di Roma. Nell’occasione l’avvocato Raffaele Melfi, che all’utilizzazione di codici e pandette affianca la passione per la pittura, ha esposto alcune sue opere e, in particolare, un ritratto di Lidia Poët che ha donato al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del Foro di Lagonegro nella cui sede sarà esposto. Naturalmente, la manifestazione ha offerto l’occasione per analizzare la difficile strada che le donne hanno dovuto percorrere per frequentare professioni in precedenza vietate senza dimenticare la lotta per il diritto all’elettorato attivo e passivo che otterranno dopo la proclamazione della Repubblica. 

Ilaria Iannuzzi e Pasquale Tammaro raccontano la storia di Lidia Poët.

Nata in Piemonte nel 1855 fu una delle prime donne a laurearsi, nel 1881, alla Facoltà di Legge dell’Università di Torino proprio con una tesi sul diritto di voto alle donne. Nel 1883, grazie alla straordinaria determinazione con la quale difese il diritto di esercitare l’Avvocheria e di far valere le sue scelte, la Poët riesce ad iscriversi per prima all’Albo degli Avvocati. Una conquista effimera in quanto il Procuratore del Re impugna la delibera e presenta ricorso alla Corte d’appello di Torino, che così sentenzia “l’avvocheria è un ufficio esercibile soltanto dai maschi e nel quale non devono punto immischiarsi le femmine”. Lidia Poët, però, non si arrese e presentò ricorso in Cassazione.  Continua a lavorare come avvocato nello studio legale del marito senza poter intervenire in udienza. Solo nel 1919 riuscì ad iscriversi all’Albo. Una vittoria importante non solo per lei ma per tutte le donne.Con la sua attività anche nel sociale ha reso importanti contributi per la realizzazione del diritto penitenziario e partecipò attivamente alla realizzazione del programma del primo congresso delle donne italiane tenutosi a Roma nel 1908. Morì ultranovantenne nel 1949, facendo in tempo a esercitare il diritto per il quale aveva combattuto per tutta la vita: il voto.

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Lidia Poët. La prima avvocata”è un romanzo che va letto perché insegna qualcosa. Perché ci sono alcune storie che è giusto conoscere. Non si tratta solo della descrizione di un’epoca difficile e contraddittoria ma, soprattutto, del ritratto di una donna straordinaria, che ha combattuto per se stessa e per tutte le donne, rompendo le pareti di quella gabbia soffocante entro la quale le donne sono state relegate per anni. Attraverso la presenza di documenti storici per la prima volta presentati al pubblico, come la Tesi di Laurea di Lidia e la presenza di vari atti giudiziari, il libro assume il valore di un manuale che, attraverso una polifonia di voci, dipinge l’incredibile realtà di una donna incredibile.

Per molti dei presenti a Padula non sono mancate sorprese; la più clamorosa ha riguardato la posizione assunta dalla nota giornalista e scrittrice Matilde Serao. La “signora” (così veniva chiamata la Serao) fu una donna talmente celebre in Italia e non solo al punto da essere considerata un mito già quando era in vita; ha scritto soprattutto delle donne e per le donne ma su certe tematiche femminili la sua posizione a molti è apparsa errata. “La donna -scriveva il 6 aprile 1887 la Serao su ‘Il Corriere di Roma’- non deve avere opinione politica; che può essere, al più, monarchica, così, per istinto di pace, per sentimento di devozione, ma che non deve permettersi professione di fede politica, in pubblico giammai”. Quello della Serao è stato definito un femminismo antiemancipazionista: una sorta di “sdoppiamento schizofrenico”. Lei si poneva, rispetto al panorama culturale e intellettuale italiano, con un conservatorismo esasperato. Nei suoi numerosi articoli giornalistici, esprime la sua posizione contro il divorzio, contro il diritto di voto alle donne, contro le suffragette (che tanto stavano lottando per vedersi riconosciuto il diritto di voto) e contro qualsiasi tipologia di diritto civile femminile. Eppure nei suoi romanzi e nelle sue novelle, invece, troviamo sempre personaggi femminili sofferenti a causa degli uomini e della società patriarcale nella quale esse devono crescere secondo i dettami imposti.

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E nel Vallo di Diano? Chi è la prima donna avvocato del nostro territorio ad essere ammessa a praticare l’attività forense? Ne ha svelato il nome l’avvocato Antonello Rivellese, Presidente della Fondazione Igino Cappelli, nel corso del suo intervento a Padula. Si tratta di Maria Cioffi di Sala Consilina, la cui iscrizione nell’elenco dei Procuratori presso il Tribunale di Lagonegro (quello di Sala Consilina era stato chiuso nel 1923) è datata 17 dicembre 1924.

Maria Cioffi era la consorte dell’avvocato Antonio Cappelli, futuro presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati del Tribunale di Sala Consilina che, come è noto, era stato riaperto dopo la caduta del Fascismo. Antonio e Maria Cappelli avevano ottimi rapporti di amicizia con l’avvocato Alfredo De Marsico che ospitavano ogni qualvolta il Maestro veniva a Sala Consilina per qualche processo.  L’occasione era particolarmente propizia per discutere di teatro, di prosa, di poesia, di letteratura con la signora Maria, donna di grande cultura umanistica. Maria Cioffi aveva respirato Cultura fin da piccola: era figlia di Emilio Baldassarre Cioffi, medico e scienziato, che fu assistente del professor Cantani al Laboratorio della Prima Clinica dell’Università di Napoli; nel 1891 analizzò a Sala le acque potabili delle sorgenti del Vivo e della Levata. Tenne per trent’anni la cattedra di Medicina interna all’Università di Napoli. Tra le moltissime opere nel vasto campo clinico si segnalano “La paura come causa di morte” e “Il vago in rapporto alla forma maligna e complicanze del morbillo”. Tornando all’attività forense, sono numerose le donne avvocato nel Vallo di Diano e sono determinate a battersi per la riapertura del tribunale di Sala Consilina, inopinatamente chiuso nel 2013.

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