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Campania in ripresa: la spinta degli investimenti pubblici accende la crescita regionale

C’è un Sud che corre, e la Campania ne è il motore. In un’Italia che cresce poco e a macchia di leopardo, la regione campana mostra segnali di vitalità economica non banali. Nel 2024, secondo le stime della Svimez, il PIL regionale è aumentato dell’1,3%, superando non solo la media nazionale (+0,7%), ma anche quella del Mezzogiorno (+1%). Una performance trainata soprattutto da un settore: le costruzioni, che hanno registrato un aumento del valore aggiunto del 5,9%.

Una cifra che dice molto. Perché in Campania, più che altrove, l’effetto del PNRR ha trovato sponda nelle amministrazioni locali, con progetti che si sono finalmente trasformati in cantieri, scuole, infrastrutture e servizi. Gli investimenti comunali sono cresciuti in due anni di quasi il 67%, passando da poco più di un miliardo di euro nel 2022 a oltre 1,7 miliardi nel 2024. Un salto che ha dato ossigeno all’economia locale, in un contesto nazionale ancora appesantito dal rallentamento dell’industria e dalla flessione dell’export.

Edilizia e servizi: il binomio vincente

Non solo cantieri. La crescita della Campania è sostenuta anche dai servizi, in particolare nei comparti legati al turismo e al terziario avanzato. Il valore aggiunto dei servizi è salito dell’1,1%, uno dei dati più alti del Sud. A Napoli, Salerno, Caserta e nei piccoli centri dell’interno, si avverte una vitalità nuova: il turismo è tornato ai livelli pre-Covid, con numeri in crescita sia sul fronte delle presenze che su quello dell’occupazione nel settore dell’accoglienza e della ristorazione.

La Campania beneficia anche dell’espansione delle attività immobiliari e dei servizi professionali, trainati dalla vivacità del mercato edilizio e da un tessuto imprenditoriale che, pur tra mille difficoltà, ha ricominciato a investire.

Luci e ombre dell’industria

Meno brillante il quadro industriale. La produzione manifatturiera in Campania ha registrato un calo del 1,9% nel 2024, in controtendenza rispetto a una ripresa moderata in alcune altre aree del Sud. Un dato che riflette le fragilità strutturali di un comparto ancora troppo esposto ai venti esterni, poco innovativo e con scarsa capacità di generare occupazione stabile.

Anche le esportazioni segnano il passo: -2,5% rispetto al 2023, con un peso dell’export sul PIL regionale fermo al 15,7%. L’automotive resta il settore più in difficoltà, colpito dal rallentamento europeo e dal ridimensionamento della produzione locale. Resiste invece l’agroalimentare, che continua a rappresentare uno dei punti di forza dell’export campano, con una crescita costante e una domanda internazionale in aumento.

Occupazione in crescita, ma non basta

Sul fronte del lavoro, la Campania mostra un aumento dell’occupazione trainato soprattutto dai settori a basso valore aggiunto. Le costruzioni sono in testa, ma crescono anche turismo, commercio e servizi alla persona. Tuttavia, la qualità del lavoro resta una criticità. Il fenomeno del lavoro povero è in peggioramento: oltre 600 mila lavoratori campani – secondo le stime Svimez – vivono sotto la soglia di povertà lavorativa, con redditi inferiori a 7.300 euro annui.

I salari reali, pur in lieve recupero, non hanno ancora colmato il gap pre-pandemico. Il potere d’acquisto in Campania resta inferiore di circa sei punti percentuali rispetto al 2019. A pesare è soprattutto l’alta incidenza di contratti a termine, part-time involontari e impieghi nei settori meno produttivi.

Una sfida aperta: rendere strutturale la ripresa

Il dato positivo del 2024 è, dunque, il segnale che qualcosa si sta muovendo. Ma perché la crescita della Campania non resti un episodio isolato, occorre consolidare quanto di buono è stato fatto. La spinta del PNRR si esaurirà nei prossimi due anni: senza un rafforzamento delle competenze amministrative, un rilancio industriale vero e politiche per il lavoro stabili e durature, il rischio è di ricadere in vecchi squilibri.

La Campania ha dimostrato di sapere reagire. Ora serve visione: investimenti produttivi, valorizzazione del capitale umano, lotta al lavoro povero e attenzione ai giovani. Solo così la ripresa potrà trasformarsi in sviluppo.

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