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La “pinacoteca sospesa” del Santuario francescano di Sant’Antonio a Polla – a cura del 𝐿𝑖𝑐𝑒𝑜 𝐶𝑙𝑎𝑠𝑠𝑖𝑐𝑜 “𝑀.𝑇. 𝐶𝑖𝑐𝑒𝑟𝑜𝑛𝑒”

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𝐿𝑖𝑏𝑒𝑟𝑖 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑓𝑜𝑛𝑑𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑢𝑙 𝑃𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑎𝑟𝑡𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑙𝑜𝑐𝑎𝑙𝑒, 𝑎 𝑐𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑠𝑡𝑢𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝐿𝑖𝑐𝑒𝑜 𝐶𝑙𝑎𝑠𝑠𝑖𝑐𝑜 “𝑀.𝑇. 𝐶𝑖𝑐𝑒𝑟𝑜𝑛𝑒”.

di Alessia Carmen Morrone

Le quaranta tele incastonate nel soffitto del Santuario francescano di Sant’Antonio a Polla: una “pinacoteca sospesa”.

Il soffitto del Santuario di Sant’Antonio a Polla è impreziosito da quaranta tele, realizzate da Michele da Ragolia, che rappresentano scene dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Si tratta di un viaggio tra i misteri della religione rappresentati in una “Bibbia per i poveri”, aperta sul soffitto.

Era proprio attraverso le immagini vivide che anche gli analfabeti potevano conoscere, vedendole concretizzate davanti ai loro occhi, le scene descritte dalle Sacre Scritture.
Michele Ragolia nasce a Palermo, ma le informazioni biografiche che ci sono pervenute sono relative all’ambiente napoletano.

La sua produzione artistica risulta fortemente permeata da influssi di Caravaggio e di Lanfranco. Egli viene chiamato dai frati del Santuario di Sant’Antonio a Polla per dipingere la quadreria del soffitto, la sua opera più importante, consegnata nel 1666, come testimonia il quadro firmato e datato. L’opera è un inno all’Immacolata, la cui immagine sfolgorante emerge al centro della composizione.

Verso la figura convergono, secondo uno schema simmetrico, le tele, disposte parallelamente all’asse maggiore della navata. Esse sono incastonate nel soffitto con cornici intagliate e dorate.

Le scene rappresentano antefatti biblici e scene relative alla vita terrena della Madonna, con Gesù e Giuseppe. Si tratta di una “pinacoteca sospesa”, che trasporta il fedele in una specie di “itinerarium mentis in deum” figurativo alla scoperta di verità di fede, tra barlumi d’oro e blu.
Al pagamento dell’opera parteciparono anche alcune famiglie pollesi, i cui stemmi figurano in alcuni dipinti. Si ha una commistione tra il realismo quotidiano pollese del tempo e le scene religiose. Nella “Natività di Maria”, infatti, la levatrice, intenta a lavare la neonata, prende spunto dal volto reale di una popolana e presenta il costume pollese, caratterizzato dall’ampia gonnella blu.

Nel ritratto di Salomè e nella figura di Giuditta, che regge la picca con la testa mozzata di Oloferne, si individuano visi che presentano acconciature spagnolesche, portate da qualche ragazza dell’epoca.

Non è improbabile che nel volto di Oloferne Ragolia abbia condensato tratti del proprio volto, che sono presenti anche nell’adiacente quadro centrale, che raffigura l’Eterno che crea la luce sul mondo.

Questo imponente ciclo include l’Immacolata, il Transito di San Giuseppe e la scena di San Francesco confortato dagli angeli, negli scomparti centrali, mentre, nei riquadri laterali, si dispongono figure di santi e scene evangeliche.

Fra’ Domenico Marcigliano fornisce una puntuale interpretazione mariano-cristologica della narrazione, che parte dalle immagini centrali dell’”Immacolata”, rappresentata anche nei quadri cruciformi, dalla costruzione larga e luminosa, influenzata dai criteri decorativi di Lanfranco, della “Nascita” e dell’”Assunzione”.

L’episodio di “Giuditta che uccide Oloferne” alluderebbe alla vittoria di Dio sulle forze irrazionali del male. Si sottolinea, inoltre, l’importanza delle figure angeliche, messaggere della volontà celeste ed intermediarie tra la “divina potestate” e la debole fragilità umana.
Vi sono poi immagini riferite a Cristo, nella “Circoncisione” e nel “Gesù fra i Dottori”.

In questo capolavoro di pittura barocca Ragolia rielabora e fonde prototipi stanzioneschi, con input di Angelo Solimena e il tardo Francesco Guarino. Essi possono essere ritenuti un omaggio al modus operandi artistico stanzionesco, eclettico e talvolta monumentale, con influenze narrative ancora tardo manieriste, in un’esplosione di colori vivaci e sfondi splendidi.

Nella chiesa “tutta d’oro” di Sant’Antonio è possibile immergersi, alzando gli occhi al soffitto, in un viaggio tra immagini, che, oltre ad avere un significato spirituale, sono vivificate da una voce capace di raccontare Polla, non a caso definita “la città del libro”, e brani di vita della sua gente.

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