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“Diritto al viaggio e all’ospitalità”: a Polla l’esperienza di Fabrizio Carucci, medico senza frontiere (VIDEO)

Di Giuseppe Geppino D’Amico

Quando si parla di viaggi non si può che partire da Ulisse, mito e simbolo dell’umanità in cammino. Attorno alla figura dell’eroe greco si raccoglie da sempre l’andare dell’uomo.

Oggi, però, non tutti possono viaggiare liberamente e spesso il pericolo è in agguato, perché il viaggio può essere svago, ma anche ricerca di libertà o fuga per salvarsi la vita.

Sono stati questi i punti salienti emersi dal convegno “Diritto al viaggio e all’ospitalità. L’esperienza di Fabrizio Carucci, medico senza frontiere”, svoltosi nei giorni scorsi a Polla, presso il convento di Sant’Antonio.

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Ha introdotto i lavori, coordinati da Pasquale Sorrentino, la giornalista freelance Sara Manisera, esperta di Medio Oriente: “La percezione delle migrazioni – ha affermato – passa anche attraverso le parole che usiamo ogni giorno. Non tutti possono viaggiare liberamente, per cui si è costretti ad affidarsi a gente poco raccomandabile con risultati che sono sotto gli occhi di tutti: dal 2013 oltre 40.000 persone di ogni età sono morte nel Mar Mediterraneo (ma è solo una stima, non un numero certo). E quando arrivano nel nostro Paese, solo perché non hanno un documento, finiscono in veri e propri lager”.

Di particolare rilievo la testimonianza di Fabrizio Carucci, da pochi giorni tornato a Polla da una missione a Lesbo. Laureato in Psicologia presso l’Università “La Sapienza” di Roma, con specializzazione all’Università Cattolica, ha iniziato collaborando con una cooperativa sociale del Vallo di Diano. A cambiargli la vita è stato un viaggio in Senegal: “Ci ero andato per il desiderio di conoscere culture diverse, ma è lì che ho deciso di intraprendere il lavoro che faccio. Nel 2016 ho collaborato per un anno con Emergency; dal 2017 lavoro con Medici Senza Frontiere ed ho partecipato a importanti missioni in Sud Sudan, Sudan e due volte in Libano e nello Yemen prima di passare a Lesbo”.

Parlando del diritto al viaggio e all’ospitalità, Carucci (v. intervista) ha sottolineato che esistono profonde differenze: “Per alcuni il viaggio è svago, libertà; per altri è una fuga per salvarsi la vita, l’unico modo per sopravvivere”. Ha poi ricordato i drammatici sbarchi in Sicilia negli anni 2015-2016: “Storie drammatiche, con persone che di fronte all’impossibilità di avere un visto sono state costrette a scegliere la via dell’illegalità. E quelli che frequentano corsi di formazione in Europa si vedono bloccare il viaggio verso la meta prescelta”. Particolarmente significativa l’esperienza maturata nello Yemen, dove ha coordinato un ospedale pediatrico di emergenza, “dove arrivavano bambini dopo aver attraversato zone di guerra”, e nel Sud Sudan, “un Paese devastato dove ho incontrato i bambini soldati. In duecento furono rilasciati e messi in salvo dopo un breve viaggio”. Altra missione importante quella del 2023 in Sudan, dove non sono mancate le difficoltà.

Particolare attenzione hanno suscitato anche le testimonianze di due immigrati che vivono a Polla da diversi anni: Mustafà (fuggito dal Gambia) e Diakitè (Guinea), entrambi costretti non solo a rischiare la vita per lasciare il loro Paese d’origine, ma anche a subire la schiavitù.

Altro tema affrontato nel corso del convegno è stato quello dell’asilo politico, su cui Sara Manisera ha osservato: “È regolato da leggi ingiuste: per chi lo riceve significa non poter più tornare nel proprio Paese. Bisogna spiegare bene le situazioni reali in cui si trovano certi Paesi e perché le persone partono. Le loro storie vanno raccontate perché rendono umane le persone”.

Al termine dell’incontro, a nome dell’Associazione “I Ragazzi del Ponte”, Gerardo Esposito ha consegnato a Fabrizio Carucci un riconoscimento riservato ai giovani pollesi distintisi per la loro attività e che Carucci non aveva potuto ritirare nel luglio scorso perché impegnato all’estero.

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Direttore responsabile: Giuseppe Geppino D’Amico
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