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L’ambone della Cattedrale di Santa Maria Maggiore a Teggiano, di Elide Coiro per Vallo Più

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𝐿𝑖𝑏𝑒𝑟𝑖 𝑎𝑝𝑝𝑟𝑜𝑓𝑜𝑛𝑑𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑠𝑢𝑙 𝑃𝑎𝑡𝑟𝑖𝑚𝑜𝑛𝑖𝑜 𝑎𝑟𝑡𝑖𝑠𝑡𝑖𝑐𝑜 𝑙𝑜𝑐𝑎𝑙𝑒, 𝑎 𝑐𝑢𝑟𝑎 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑠𝑡𝑢𝑑𝑒𝑛𝑡𝑖 𝑑𝑒𝑙 𝐿𝑖𝑐𝑒𝑜 𝐶𝑙𝑎𝑠𝑠𝑖𝑐𝑜 “𝑀.𝑇. 𝐶𝑖𝑐𝑒𝑟𝑜𝑛𝑒”.

cura di Elide Coiro

L’ambone della Cattedrale di Santa Maria Maggiore di Teggiano, risalente al 1271, fu realizzato da Melchiorre da Montalbano, che lo autografò sul prospetto laterale, ed è ritenuto uno degli amboni più importanti del Meridione, per le sue raffinate e minuziose decorazioni e per gli intagli. Realizzato interamente in pietra di Teggiano, è caratterizzato da uno stile tardo romanico con riferimenti all’arte bizantina.

Il pulpito è sorretto da quattro colonne, ognuna delle quali è sormontata da un capitello, e da due archi trilobati in stile bizantino. Esso ha un significato fortemente allegorico: nel parapetto sono scolpiti in basso rilievo simboli dei quattro Evangelisti, mentre sul lato sinistro si nota la figura di Eva, che sembra tentare di nascondersi, e quella di Adamo, che la indica; tra di essi è presente l’iscrizione latina “decepit me”, che significa “mi ha ingannato”, l’espressione pronunciata da Eva nella Genesi.

Nei triangoli sottostanti, sono scolpiti un cervo, simbolo dell’uomo non ancora convertito al cristianesimo, e un leone, simbolo dell’uomo forte e potente dopo essersi convertito; come allegoria della potenza della Chiesa, è presente un altro leone che sorregge la quinta colonnina tortile (attorcigliata sull’asse verticale), simboleggiante l’umanità.

Sulla quinta colonna, il lettorino mostra un’immagine allegorica molto ricorrente nell’arte medievale: un’aquila che afferra tra gli artigli una lepre, mentre una figura umana cerca di trattenere la lepre.

Le interpretazioni di questa scena sono molteplici: secondo una prima teoria, rappresenta la lotta quotidiana al peccato tra il corpo e lo spirito, in cui la lepre simboleggia il peccato, l’aquila lo spirito e l’uomo il corpo; secondo un’altra ipotesi l’aquila è l’incarnazione della lussuria; infine, secondo un’ultima teoria la scena rappresenta l’eterna lotta tra il bene e il male, in cui l’uomo è un guerriero, incarnazione del bene, che difende l’uomo (la lepre) dal male (l’aquila).

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