Di Giuseppe Geppino D’Amico
Il rapporto Censis, pubblicato a con cadenza annuale, è una guida fondamentale per comprendere come stanno l’Italia e gli italiani. Si tratta di un’analisi che va oltre i numeri e gli scenari attuali e futuri, e ci dice in modo profondo come gli italiani si vedono, cosa vorrebbero faree perché. Questa è la terza edizione di Radar, dopo i rapporti 56 e 57, e fornisce una visione chiara dello stato attuale del Paese. Il dato più clamoroso del 58esimo Rapporto Censis 2024, presentato recentemente a Roma, denuncia un’ignoranza funzionale sempre più profonda e le difficoltà dell’economia.
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I dati che emergono dal 58° Rapporto Censis sono preoccupanti ma, se pure impietoso, va letto per capire a che punto siamo e dove potremmo andare a finire. Il Rapporto 2024 denuncia un’ignoranza sempre più profonda. L’analfabetismo funzionale avanza (quello reale è stato debellato). L’infodemia, l’invasione di informazioni dai social, confonde le idee, invece di chiarirle. L’ignoranza diffusa è una realtà, in crescita. Che cos’è l’analfabetismo funzionale? La definizione fu individuata dall’UNESCO nel 1984 come “la condizione di una persona incapace di comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere da testi scritti per intervenire attivamente nella società, per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”.
Per Antonio Polito, editorialista del Corriere della Sera: “L’ignoranza è ormai anche uno “status”, che si esibisce in tv, inorgoglisce i tanti leoni da tastiera nella giungla del web, alimenta gli odiatori nel dibattito pubblico e i demagoghi in quello politico. Viene persino esaltata da un certa polemica contro gli intellettuali e contro le élite, da sempre parte integrante della storia della nazione”.
Per quanto riguarda la cultura generale, il 50% degli italiani non conosce correttamente il secolo della rivoluzione francese; il 30% non conosce l’anno dell’unità d’Italia o l’entrata in vigore della Costituzione, o la caduta del muro di Berlino; il 42% non sa quando l’uomo è sbarcato sulla Luna e il 13% cosa fosse la guerra fredda; il 41% crede che Gabriele D’Annunzio sia l’autore de “L’infinito”; il 35% pensa che Eugenio Montale è stato “un autorevole presidente del Consiglio degli anni ‘50”; il 18,4% non esclude che Giovanni Pascoli sia l’autore de I promessi sposi e il 6% non pensa che Dante Alighieri abbia scritto “La divina commedia”; infine, il 35,9% ritiene Giuseppe Verdi il compositore dell’inno nazionale, mentre il 32,4% che la Cappella Sistina sia stata affrescata da Giotto o Leonardo da Vinci, ma non da Michelangelo. Ancora, il 55,1% dei giovani non conosce Giuseppe Mazzini (che per il 19,3% fu un “parlamentare della prima repubblica”), il 43,5% dei diplomati stenta a capire l’italiano scritto (che diventa l’80% negli istituti professionali), il 12,9% degli italiani 7 per 8 “non fa necessariamente 56”; per l’11,8% “io correrò” non è una declinazione al futuro del verbo “correre” (bensì l’indicativo o il congiuntivo), mentre il 53,4% non sa cosa sia il potere esecutivo, né quale sia la capitale della Norvegia o il capoluogo della Basilicata, per il 5,8% il “culturista” sarebbe una “persona di cultura”.
Il livello della scuola non è sceso solo negli ultimi due anni, ma in maniera (bipartisan) negli ultimi 30 anni. E’ stato creato un liceo scientifico senza il latino e si va verso la quadriennalità. Il tradimento dell’umanesimo e del rigore sull’acculturazione delle masse è stato sostituito con programmi sempre più scarni, l’alternanza scuola-lavoro e la guerra alle “bocciature”. Ha giovato oppure no all’istruzione? Ognuno è libero di pensarla come meglio crede.
Purtroppo, il Rapporto del Censis presenta dati poco incoraggianti anche per quanto riguarda l’aspetto economico dell’Italia. Negli ultimi vent’anni (2003-2023) il reddito disponibile lordo pro-capite si è ridotto in termini reali del 7,0%. E nell’ultimo decennio (tra il secondo trimestre del 2014 e il secondo trimestre del 2024) anche la ricchezza netta pro-capite è diminuita del 5,5%. La sindrome italiana nasconde non poche insidie. L’85,5% degli italiani ormai è convinto che sia molto difficile salire nella scala sociale”.
Come ha scritto su Vallopiù.it Cesare Damiano, ex sindacalista ed ex Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, “Competenze scarse e formazione deficitaria, inevitabilmente, si traducono in un Paese declinante e ne sono, a un tempo, lo specchio”. D’altronde, è già ben noto che l’ascensore sociale, per gli italiani, nel Paese post boom economico, si è fermato ai nati nel 1971. La fuga dei giovani più preparati verso altri Paesi che assicurano un futuro più stabile e prospero è, allo stato dei fatti, inevitabile. In pratica, senza un cambio di passo per il futuro c’è poco da stare allegri.