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Profondo cordoglio per la scomparsa di Mario Trufelli, il cantore della Basilicata

di Renato Cantore

Questa mattina la Basilicata si è svegliata un po’ più povera e un po’ più sola. Si è spenta quella voce che tanto aveva contribuito a farla diventare qualcosa di più di un semplice puntino sulla carta geografica. Una voce che da decenni non si stancava di raccontare questa terra, mettendola al centro dell’interesse nazionale, e provando, spesso con successo, ad abbattere il muro del disinteresse e dell’oblio.

Mario Trufelli era arrivato, anzi era rientrato in Basilicata negli anni sessanta, dopo il tempo della giovinezza passato tra Tricarico e Matera, e quello della prima maturità vissuto a Roma al centro di una straordinaria avventura intellettuale, fianco a fianco con poeti, artisti, letterati.

Qui arrivò con la forza di un lampo, mettendo la sua spiccata, travolgente personalità al servizio di un disegno ambizioso: introdurre il giornalismo moderno dove fino a qualche anno prima le notizie le dava solo il banditore, portare la televisione in paesi grandi e piccoli, raccontare all’Italia il cuore vero di questa terra che lui tanto amava.

E già, perché per Mario il giornalista non doveva essere mai un freddo notaio della cronaca. Era chiamato a raccontare la vita che vedeva intorno senza paura di farsi coinvolgere anche emotivamente.

E dunque, sono stati anni di racconti, scoperte, visioni, immagini, sguardi, emozioni, parole, poesia. Perché Mario aveva questa grande capacità di continuare a stupirsi come un ragazzino anche dopo decenni di professione e tanti prestigiosi riconoscimenti ricevuti in tutta Italia.

Le grandi inchieste sulla Basilicata e il mezzogiorno, i reportage sui nostri paesi, e poi la nascita del Tg regionale, il racconto quotidiano della comunità, le grandi emergenze come il terremoto dell’80, e ancora uno dei primi riusciti esempi di divulgazione scientifica con la sua partecipazione, per molti anni, alla più importante rubrica di medicina della televisione italiana.

Giornalista di razza, si direbbe in questi casi. Ma è una definizione che a Mario starebbe stretta, perché accanto al fiuto del cronista erano sempre pronti a venirgli in soccorso la raffinatezza dell’intellettuale, le visioni del poeta, il rigore dell’amante del bello e del critico d’arte, lo stupore dell’eterno ragazzo sempre pronto a lasciarsi coinvolgere dalla vita.

Un maestro. Un maestro che sa esserti vicino senza prevaricare mai, sa godere sinceramente dei tuoi successi, che quando hai bisogno c’è sempre, che sa accompagnarti come farebbe solo un padre o un fratello.

Stamattina una piccola folla di colleghi, amici, autorità, semplici cittadini, si è data appuntamento nella Chiesa di Santa Croce a Potenza per rivolgergli l’ultimo saluto. È stata una cerimonia sobria e rigorosa, proprio come l’avrebbe voluta lui.

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