Di Giuseppe Geppino D’Amico
Il 2 febbraio scorso, a Parigi, il presidente del Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, Giuseppe Coccorullo, il Direttore Gregorio Romano ed il responsabile dell’Ufficio UNESCO dell’Ente, Aniello Aloia, hanno incontrato i vertici dell’UNESCO ai quali hanno presentato la bozza del piano di gestione integrata dell’area, che annovera ben quattro riconoscimenti UNESCO: Riserva MAB (programma UNESCO Man and the Biosphere) dal 1997; sito del Patrimonio Mondiale dal 1998 (Paestum, Velia e Certosa di Padula); Geoparco (Rete Globale UNESCO dei Geoparchi) dal 2010 e elemento del Patrimonio Immateriale dal 2013 per la Dieta Mediterranea. La trasferta parigina dei vertici del Parco va considerata in modo positivo ma c’è qualche piccola osservazione da fare su quel che succede in loco.
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L’incontro di Parigi, si legge in una nota del Parco, “non sarebbe stato possibile senza la preziosa e importante opera dell’ambasciatore Liborio Stellino e di tutto il suo staff, a cui va un grande ringraziamento da parte del Parco. Naturalmente questo rappresenta l’inizio di un percorso che dovrà continuare con la costante partecipazione e condivisione da parte dei ministeri italiani interessati, quali il Mic, il Mase e il Mipaaf (sigle che indicano i ministeri della Cultura, dell’Ambiente e Sicurezza Energetica e delle Politiche Agricole, Ambientali e Forestali). Da questi incontri si raccoglieranno importanti indicazioni e suggerimenti per il miglioramento della strategia intrapresa”. Fin qui la nota del Parco che impone qualche considerazione. Lunedì scorso il TG 1 Mattino ha proposto un ottimo servizio audio-video curato dalla corrispondente Rai da Parigi, Nicoletta Manzione, dedicato al Parco, definito nel titolo “Patrimonio mondiale dell’umanità dal 1998, esempio di gestione unica integrata di ben quattro riconoscimenti dell’UNESCO”. Questo il testo dattiloscritto del servizio: “Non esistono altri luoghi al mondo che racchiudono tanta bellezza, cultura e storia. Il Parco del Cilento è un territorio di straordinari paesaggi, cerniera tra Adriatico e Tirreno, di tesori archeologici, acropoli millenarie fondate dai greci, di edifici, chiese, espressioni sublimi di arte barocca. Ma non è tutto. È da questa terra che ha origine e arrivano gli elementi della dieta mediterranea. L’UNESCO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura, che ha sede a Parigi, ha riconosciuto nei decenni il valore del Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Nel logo dell’organismo internazionale (c’è) il richiamo, non formalmente indicato, proprio alla facciata del tempio di Paestum. Sono ben quattro i riconoscimenti arrivati negli anni; Patrimonio mondiale dell’umanità, Riserva di biosfera, Dieta Mediterranea e Geoparco. E un solo ente che li gestisce, una buona pratica che dal Sud Italia verrà rilanciata nell’incontro mondiale delle riserve di biosfera previsto a luglio in Marocco”.
Un ottimo servizio, certamente utile per promuovere le bellezze del territorio per cui i vertici del Parco lo hanno opportunamente postato sul sito dell’Ente. Perché ricordare il testo del servizio del TG1? È molto semplice: perché oltre al panorama ha proposto le splendide immagini di Paestum, Velia e anche della Certosa di Padula. Certosa che non pare essere nei pensieri del presidente del Parco. Infatti, al ritorno da Parigi, intervistato per 105 TV dalla giornalista Antonietta Nicodemo nel corso della consueta rassegna stampa del mattino, non c’è stato nessun accenno alla Certosa; anzi, ad una precisa domanda sulla querelle relativa alla richiesta di rimozione della bruttissima scala esterna del monumentale complesso, il presidente ha glissato limitandosi a dichiarare che “il Parco non ha le competenze per intervenire”.
Noi riteniamo che le cose non stiano proprio così: anche da Parigi ci hanno ricordato che la Certosa è patrimonio UNESCO per cui rientra nel Parco che ha l’obbligo di tutelarla! Una presa di posizione sarebbe stata particolarmente opportuna. Coccorullo avrebbe potuto scegliere tra due cose: dire “mi piace” oppure, ispirandosi a Tommasino (il popolare Nennillo di Natale in Casa Cupiello) avrebbe poruto dire “ ‘A scala nu’ me piace”!”. Nessuno si offenderebbe anche perché il Direttore dei Musei Nazionali del Ministero della Cultura, Massimo Osanna, l’ha pubblicamente definita “un obbrobrio da rimuovere”.
Se il presidente del Parco è stato in Certosa dovrebbe aver visto l’enorme targa Unesco collocata all’ingresso. Forse era distratto? Ed era distratto anche a Parigi? Sull’argomento un arguto osservatore, utilizzando una delle eleganti frasi che hanno reso celebre Giulio Andreotti, ha scritto: “Forse, quando a Parigi si è parlato della Certosa il presidente del Parco si era allontanato per …funzioni non delegabili”.
Comunque, accertato che il Parco non può dirsi estraneo alle vicende della Certosa un modo per rendersi utile c’è: sembrerebbe (in assenza di notizie ufficiali il condizionale è per prudenza) che la Soprintendenza sia intenzionata ad aumentare il costo del biglietto di ingresso alla Certosa portandolo dagli attuali 8 euro (2 sono per la eventuale visita alla sale delle derrate) a 10 euro in un momento in cui, peraltro, diversi ambienti non sono visitabili. Se così fosse, l’aumento del biglietto di ingresso, unitamente alla paventata soppressione della biglietteria per utilizzare il biglietto elettronico assesterebbe il colpo decisivo alla Certosa che, nonostante le notevoli potenzialità, da qualche anno non sembra suscitare interesse in chi dovrebbe tutelarla e riportarla ai fasti di un recente passato. Se è vero che la decisione spetta alla Soprintendenza è pur vero che il Parco può intervenire almeno per spiegare che la decisione non favorirebbe quel turismo che, a parole, tutti dicono di voler incrementare. E c’è ancora un’altra azione che il Parco potrebbe intraprendere: sollecitare Soprintendenza e Ministero a coprire i vuoti in organico e a dotare la Certosa di una direzione in loco sottraendola a Napoli che ha già i suoi problemi nel tutelare gli straordinari monumenti di cui dispone. Parafrasando un antico proverbio figlio della cultura contadina, osiamo dire “l’occhio del padrone ingrassa il cavallo”.