Di Geppino D’Amico
Zohran Mamdani, immigrato dall’Uganda negli Stati Uniti all’età di 7 anni insieme ai genitori, è stato eletto un po’ a sorpresa, sindaco di New York, la più importante città del mondo, ritenuta tale proprio perché è una città multietnica. Il 34enne socialista democratico ha condotto una campagna alimentata in gran parte dall’energia della Gen Z, con l’obiettivo dichiarato di restituire alla città un volto più accessibile ed equo per tutti. Dopo aver ribaltato i pronostici già nelle primarie estive, Mamdani ha rovesciato nuovamente gli equilibri martedì, sconfiggendo anche l’establishment di Trump. Zohran Mamdani ha sconfitto il repubblicano Curtis Sliwa, e l’indipendente Andrew Cuomo, di origini italiane e figlio d’arte. Il grande sconfitto è comunque Donald Trump. Nel corso dell’ultimo intervento della sua campagna elettorale Zohran Mamdani ha ricordato ha affermato che dopo tre quarti di secolo si avvera il sogno di Vito Marcantonio”.

Ma chi era Vito Marcantonio? Di origini lucane, immigrato di origini lucane, dedicò la sua breve vita ai poveri e agli immigrati della città di New York, servendo gli Stati Uniti per sette mandati al congresso e provando anche ad arrivare da indipendente alla City Hall. Quindi, non è stato un caso che Mamdani abbia voluto citare Marcantonio come suo ispiratore nell’ultimo intervento della sua vincente campagna elettorale. Di Vito Marcantonio Vallopiù si è occupato nel 2022 in occasione della presentazione a Polla del libro del giornalista RAI Renato Cantore, “HARLEM, ITALIA”, Covello e Marcantonio, due visionari nel ghetto dei migranti”, pubblicato da Rubbettino. Al giornalismo Renato Cantore ha affiancato la ricerca storica ottenendo anche in questo campo ottimi risultati con i volumi “Lucani altrove, un popolo con la valigia” (Memori 2007, Premio Basilicata); ”La tigre e la luna” (Rai Eri 2009, storia di Rocco Petrone, un italiano di Sasso di Castalda che non voleva passare alla storia); “Il castello sull’Hudson, Charles Paterno e il sogno americano” (Rubbettino 2012) tradotto anche in inglese; “Dalla terra alla luna, Rocco Petrone, l’Italiano dell’Apollo 11” (Rubbettino 2019). Con “Harlem, Italia” Renato Cantore ricostruisce con la necessaria acribia le vicende di Leonard Covello e Vito Marcantonio, due lucani che hanno lasciato il segno negli Stati Uniti.

La loro storia inizia, sia pure con modalità diverse, in due minuscoli paesi della Basilicata, prosegue oltreoceano dove Vito Antony Marcantonio era nato nel dicembre del 1902 a New York da genitori originari di Picerno. In particolare, Vito Marcantonio, uno dei primi allievi di Leonard Covello, sfonda nell’avvocatura e nella politica, suo pane quotidiano fin da giovanissimo: a 17 anni guida la lotta degli inquilini contro i proprietari degli alloggi che avevano aumentato i fitti oltre misura. Inizia così la sua battaglia per i diritti dei migranti, il lavoro, la lotta alla povertà e altre battaglie sociali che lo rendono molto popolare specialmente tra i connazionali. Proprio grazie all’impegno di Leo e Marc nel 1922 la lingua italiana viene equiparata alle altre lingue che si studiavano negli USA. Sempre grazie a Leo, Vito conosce Fiorello La Guardia (originario di Cerignola) che lo inserisce nel suo team. Diventa uno dei suoi più stretti collaboratori e quando La Guardia viene eletto sindaco di New York, Vito ne prende il posto in Congresso a soli 32 anni. Il legame che sa creare con la gente va oltre la politica, e per questo riesce ad essere eletto per sette volte nonostante le sue idee radicali e la militanza nell’American Labour Party, minoritaria formazione di sinistra. Nonostante un breve declino causato dall’accusa di essere un infiltrato della propaganda comunista, nel 1941 Marc riesce a tornare nel Congresso. Purtroppo, la morte lo coglie a soli 51 anni, nel pieno del successo politico. “Harlem, Italia” è un libro la leggere perché consente di riflettere su diversi argomenti.

Al lettore non offre soltanto la storia di due Italiani che ce l’hanno fatta; c’è molto altro perché l’Autore ricostruisce anche alcune vicissitudini di coloro i quali, sbarcati oltreoceano, non hanno trovato l’accoglienza e il mondo migliore che avevano sognato. Ci sono anche storie tristi che inducono alla riflessione in un periodo, qual è quello attuale, in cui l’Italia da paese di emigrati è diventato un paese di immigrati le cui storie sono troppo simili a quelle dei nostri connazionali che hanno lasciato il paese in epoca remota sperando in un futuro migliore. Nel libro Harlem Italia c’è anche un altro argomento che Renato Cantore ricostruisce con particolare attenzione e dovizia di particolari: la devozione per la Madonna del Carmelo dei Pollesi prima e di tutti gli Italiani di Harlem in seguito, a cui è dedicato il capitolo “Nostra Signora della 115ma strada”. Afferma l’autore: “La Madonna arrivò da queste parti con i primi migranti: ha viaggiato insieme a loro in terza classe, ha sempre vissuto nel quartiere e ha condiviso la loro vita, a cominciare dalla povertà e dall’ostracismo dei primi anni. Quando gli italiani erano relegati negli scantinati delle chiese, perché motivo di imbarazzo e vergogna per la gerarchia cattolica, rimase accanto a loro.

E prese il posto che le spettava sull’altare maggiore solo quando gli italiani divennero protagonisti della vita politica, sociale e culturale, la loro lingua si insegnava nelle scuole, concorrevano ad eleggere il Sindaco di New York, e i leader della comunità conquistavano posti di prestigio nelle istituzioni”. Di questa storia parleremo nel consueto intervento video del sabato. In particolare ci occuperemo dello straordinario rapporto tra i migranti e le loro radici, sul filo della memoria e del culto della Madonna del Carmine, orgoglio della comunità pollese a New York perché la Chiesa della 115ma strada fu non soltanto un luogo di culto ma anche un centro di servizio sociale per i nostri connazionali che arrivavano a New York sprovvisti di tutto.


