di Giuseppe D’Amico
Presentato a Teggiano il libro di Cono Cimino “Ni sìmu rufriscati a la cìbbia ri la Sinacòca! Cundi e versi in vernacolo teggianese”.Versi che confermano la validità di un dialetto in cui è ben presente la connessione con altre lingue, frutto delle varie dominazioni (Greci, Lucani, Romani, Arabi, Spagnoli, Inglesi, Francesi) che il Sud, compresi il Vallo di Diano e il Cilento, hanno subito nel corso dei secoli. E questa connessione esiste e resiste anche a Teggiano dove parole di origine greca e araba sono ben presenti. Fortunatamente, nel Vallo di Diano non sono mancati autori che hanno utilizzato il vernacolo. Di Teggiano ricordiamo nella seconda metà dell’800 Nicola Marmo, autore di una celebre Storia ri Santu Conu, e Gaetano D’Elia che ci ha lasciato i famosi Friseddi in carajesima, particolarmente indigesti per i destinatari. In epoca contemporanea, Arturo Didier, Vincenzo Andriuolo, Rocco Cimino, Enza Morena e lo stesso Cono Cimino.
Grazie ai loro scritti è stato evitato quello che con una felice espressione viene definito “il genocidio dei dialetti a causa della globalizzazione”. Non dobbiamo dimenticare che oggi il vernacolo è utilizzato sempre meno, mentre nell’800 veniva parlato dal contadino ma anche dal notaio, dal medico e da altri professionisti. Oggi, invece, racchiude una separazione di ceto sociale e la sua area si va restringendo sempre di più. Nel libro di Cono Cimino troviamo aspetti e personaggi diversi della vita del passato. Di rilievo è l’aspetto antropologico delle storie in dialetto, tra il sacro e il profano, legate a riti antichi, superstizioni, incantesimi e scaramanzia. Nel corso del suo intervento il consigliere regionale Corrado Matera, ricordando la Legge Regionale n. 14 del 2019 (“Norme per la salvaguardia e valorizzazione del patrimonio linguistico napoletano”) ha annunciato un’iniziativa tendente alla valorizzazione del patrimonio culturale dell’intero territorio regionale per promuovere e favorire la conservazione e l’uso sociale dei beni culturali etno-musicali e linguistici trai quali va incluso lo studio del dialetto. Naturalmente seguiremo con interesse l’iniziativa di Corrado Matera anticipata a Teggiano.
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Di genere diverso le poesie di Antonella Caggiano. Un talento sbocciato già alle scuole medie: i primi versi a 11 anni, la prima raccolta a 19 anni. Quindi, insegnante per professione, poetessa per passione. Antonella è originaria di Polla, nel Salernitano, ma vive nelle Marche. Per lei vale il verso dell’oracolo virgiliano ad Enea: “antiquam exquirìte matrem” (ricercate l’antica madre) che anche dopo duemila anni, più che il desiderio ci ricorda l’esigenza, che è propria di chi si è allontanato dal proprio paese, di tornare alle radici per abbracciare la terra che gli ha dato i natali!
Questo perché Antonella Caggiano cammina nelle strade dell’amore: memoria, radici, vicende vissute, amore per la famiglia (commovente il ricordo del fratello Giosy, troppo presto strappato all’affetto dei suoi cari: “Biondo era bello e di gentile aspetto”). Ma anche amore per la scuola a cui ha consegnato la propria anima. Il suo è un canto dell’anima in cui le parole acquistano un significato più ampio, nel senso che vanno oltre il consueto e si arricchiscono di ulteriori suggestioni. Va evidenziato, inoltre, l’accostamento inconsueto che segue il flusso della coscienza per trasferirsi nella mente del lettore. L’ultima pubblicazione si intitola “Dolce di Sale. Ovvero il mare davvero”. “Ciò che mi ha affascinato maggiormente della poesia di Antonella Caggiano –si legge nella prefazione di Dante Maffia– è la sua perizia, mai artificiosa o di maniera, di aver saputo amalgamare nel suo percorso la vita quotidiana, nei suoi vari aspetti, e il lirismo dolce, delicato ma fermo e deciso, spesso illuminante, con metafore ben dotate, ricche ed inedite”.
Oltre alle pubblicazioni dedicate alla poesie merita di essere segnalato il libro “Cronaca di uno Zen annunciato” in cui l’Autrice ha ripercorso la sua esperienza di insegnante in una scuola dello Zen, un quartiere di Palermo dove la povertà si intreccia con la microcriminalità”. Antonella Caggiano ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Recentemente a Reggio Calabria è stata premiata al concorso nazionale di poesia “Rhegium Julii – Premio Letterario 2022 Nella sezione “Silloge – Premio Gilda Trisolini” per la poesia inedita “Dove vanno a morire le viole” con la seguente motivazione “…Antonella Caggiano suggerisce che la bellezza può illuminare la realtà. L’autrice svolge temi profondi, intessuti di metafore ardite tra ‘io’ e il mondo”. Non ci rimane che attendere la prossima pubblicazione.