
Un convegno che non ha deluso le aspettative della vigilia. Questo il commento unanime ascoltato sabato scorso nella Certosa di Padula al termine della tre giorni durante i quali è stato affrontato il tema “La Certosa di San Lorenzo. Istituzioni, arte, potere e religione in sette secoli di storia del Mezzogiorno e d’Europa”. Un appuntamento di alto profilo culturale e scientifico che ha registrato la partecipazione di studiosi provenienti da università e istituzioni italiane ed europee. Trenta le relazioni proposte da docenti provenienti da varie Università italiane, da dirigenti e funzionari del Ministero della Cultura: contributi che andranno ad impreziosire gli atti del convegno, che saranno pubblicati dalla casa editrice Rubbettino.
Sui risultati del convegno abbiamo intervistato Carmine Pinto, Direttore del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Salerno, e Luigina Tomay, Direttrice Regionale dei Musei della Campania.
GUARDA IL VIDEO

L’iniziativa è stata voluta dall’Amministrazione comunale di Sant’Arsenio, in particolare dal sindaco Donato Pica, per ricordare Mons. Antonio Sacco nel centenario della scomparsa. Oltre al convegno sono state messe in palio due borse di ricerca che hanno consentito a Miguel Sormani e Francesca Pia Di Grucci di portare alla luce nuovi documenti rinvenuti in vari archivi della Campania e non solo. Le riflessioni scientifiche proposte dai relatori possono contribuire alla definizione di una visione condivisa per il futuro del sito, riconoscendo nella conoscenza storica una risorsa essenziale per orientare le scelte di tutela, valorizzazione e progettazione. Anche in vista dell’ipotesi di un grande Museo della Certosa, la sfida sarà quella di costruire un modello capace di rendere visibile, leggibile e trasmissibile la complessità di un organismo storico che continua a interrogare il presente.
Mons. Sacco ancora oggi viene ricordato per i suoi numerosi scritti sulle aree archeologiche di Cosilinum e Marcellianum, e per gli studi e rilievi sulla Certosa di Padula, sulla Badia di Cadossa, sulle grancìe di Sala Consilina e Buonabitacolo, sui conventi e sulle chiese di Padula, Teggiano e dintorni. La sua fama è legata soprattutto alla Certosa di Padula, che egli studiò e descrisse in una splendida opera di altissimo pregio letterario e architettonico in quattro volumi, stampati in folio, inserendovi rilievi di estrema precisione e consultando archivi ecclesiastici dell’intera penisola, estendendo le sue ricerche a tutto il territorio e in particolare ai punti nevralgici del percorso della via consolare Regio-Capua. L’iniziativa si è avvalsa del contributo della Regione Campania, del Ministero della Cultura, della Direzione Generale dei Musei (nazionale e regionale), del Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Salerno, del Centro Studi e Ricerche del Vallo di Diano “Pietro Laveglia”, della Società Salernitana di Storia Patria, del patrocinio del Comune di Padula e della collaborazione dell’Associazione Calamo di Padula e di Lucia Cataldo. L’organizzazione scientifica è stata curata da un apposito comitato, coordinato da Rosanna Giudice e composto da Enrico Coiro, Paola D’Agostino, Giuseppe D’Amico, Francesco Fanoli, Carmine Pinto, Luigina Tomay e Brunella Velardi. Il progetto grafico è stato curato da Domenico Priore.

Tutte degne di attenzione le relazioni ascoltate. Una citazione particolare merita la tavola rotonda sul futuro della Certosa, coordinata da Enrico Padula (Consigliere d’Ambasciata al Ministero degli Esteri), che ha registrato la partecipazione di Massimo Osanna, Direttore Generale dei Musei del Ministero della Cultura, Luigina Tomay, Direttrice Regionale dei Musei della Campania, Virgilio D’Antonio, Rettore dell’Università degli Studi di Salerno, e Carmine Pinto. Dal dibattito sono emersi diversi spunti importanti, sintetizzabili in tre parole chiave: recupero, tutela, valorizzazione. Al termine del convegno sono state consegnate due targhe ricordo agli architetti Gennaro Miccio e Vega de Martini che, nella rispettiva qualità di Soprintendente ai BAAAS di Salerno e di Direttrice della Certosa, unitamente al compianto Soprintendente Mario De Cunzo, per vent’anni hanno dato un contributo notevole per ridare vita al cenobio certosino dopo anni di abbandono.

Gli argomenti trattati nel corso delle quattro sessioni e nella tavola rotonda sono stati sintetizzati per Vallo Più dalla coordinatrice del Comitato Scientifico, Rosanna Giudice: “Con l’età moderna, la Certosa assume pienamente il profilo di un centro di potere territoriale. La sua organizzazione giurisdizionale la avvicina alle signorie laiche, configurandola come un vero feudo ecclesiastico dotato di prerogative significative: gestione delle terre, relazioni con comunità soggette, controllo delle risorse. Un ruolo di grande peso, confermato dal fatto che la Certosa fu per secoli uno degli attori più ricchi e influenti a sud di Napoli; un potere che trova espressione anche nella maestosità architettonica del complesso, testimonianza duratura della sua forza economica e della sua capacità di rappresentarsi nello spazio. La contemporaneità introduce una cesura profonda. Le soppressioni napoleoniche e post-unitarie dissolvono la comunità monastica e interrompono la continuità gestionale del complesso. Ne derivano dispersioni materiali significative e, soprattutto, la frammentazione dell’archivio. La memoria scritta della Certosa si spezza, lasciando agli studiosi un patrimonio disomogeneo che richiede un lento lavoro di ricomposizione. Solo nella seconda metà del Novecento la Certosa trova una nuova identità pubblica. Le campagne di restauro restituiscono leggibilità agli spazi e tentano di ricomporre le stratificazioni storiche. I primi allestimenti museali e le esperienze più recenti collocano la Certosa in un panorama culturale dinamico, aperto alla sperimentazione e al dialogo con il contemporaneo. Ciò che emerge è l’immagine di un’istituzione che non può essere compresa se non nella sua dimensione dinamica: un organismo che ha costruito nel tempo la propria identità, attraversando processi di perdita e riplasmazione. La Certosa, dunque, non è solo un monumento, ma un archivio vivente di relazioni, pratiche e significati”.


