
La “Lettera aperta al Governo e al Parlamento”, sottoscritta da 139 tra Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e Abati a conclusione dell’annuale convegno dei Vescovi delle Aree interne, tenutosi nel mese di agosto a Benevento e inviata all’Intergruppo Parlamentare Sviluppo Sud, Isole e Aree Fragili, continua a far discutere. Sull’argomento abbiamo intervistato l’on. Tino Iannuzzi, recentemente eletto dal Consiglio regionale componente della Consulta di Garanzia statutaria della Campania, organismo di alta consulenza giuridica. Avvocato amministrativista e cassazionista, deputato Pd per quattro legislature, Iannuzzi ha fatto parte delle Commissioni parlamentari Ambiente e Territorio e, in particolare, della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti in Campania.
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Come è noto, il Piano strategico nazionale per le aree interne (Psnai), firmato dal ministro per le Politiche di coesione, Tommaso Foti, si basa sulla convinzione che “la popolazione può crescere solo in alcune grandi città e in specifiche località particolarmente attrattive”. In particolare, sotto accusa è l’Obiettivo 4 della Strategia nazionale, che così recita: “Accompagnamento in un percorso di spopolamento irreversibile”. In definitiva, un invito a mettersi al servizio di un “suicidio assistito” di questi territori. Si parla, infatti, di struttura demografica ormai compromessa, “con basse prospettive di sviluppo economico e deboli condizioni di attrattività. Queste aree non possono porsi alcun obiettivo di inversione di tendenza ma non possono nemmeno essere abbandonate a sé stesse”. In sintesi, il sostegno per una morte felice. Eppure, in questi luoghi in cui la vita rischia di finire, essa può assumere una qualità superiore. Guardarli con lo stesso spirito con cui ci si pone al capezzale di un morente sarebbe – oltre che segno di grave miopia politica – un torto fatto alla Nazione intera. Un territorio non presidiato dall’uomo è infatti sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio, tutt’altro che ipotetico, di favorire nuovi e sempre più vasti disastri ambientali, senza contare la perdita di parte di quell’immenso patrimonio artistico e architettonico che fa dell’Italia un museo a cielo aperto.

Secondo Iannuzzi “i piccoli comuni sono un punto qualificante del sistema Italia e non possono essere abbandonati a loro stessi. Invece, il Piano varato dal Governo con il Dipartimento per le Politiche di coesione nel maggio scorso, si basa su un presupposto che non condivido e che trovo sbagliato. I problemi esistono e sono pesanti e complicati; non vanno sottovalutati, ma affrontati con politiche mirate e coraggiose perché i Piccoli Comuni sono un punto qualificante del sistema Italia”. A giudizio dell’ex parlamentare è ancora possibile applicare la legge 158 del 2017, frutto di una precisa scelta politica.

Di quella legge, di cui fu primo firmatario l’on. Ermete Realacci, Iannuzzi fu relatore alla Camera: “La legge nasceva da una chiara consapevolezza e da un valore fondamentale: i piccoli comuni sono una realtà preziosa da salvaguardare e valorizzare. La legge 158 prevede incentivi economici e fiscali per favorire il recupero di popolazione e l’insediamento di nuove iniziative produttive, semplificazione amministrativa, diffusione della banda ultra-larga, promozione delle tipicità locali, filiere corte e a km zero, riqualificazione dei centri storici. Invece, il Piano strategico del ministro Foti va in tutt’altra direzione, in quanto afferma una logica di rassegnazione e di inerzia, antitetica rispetto alla legge del 2017 che, invece, andrebbe attuata in tutti i suoi principi, destinando risorse ogni anno a progetti di qualità anche e soprattutto fra più comuni”.