di Giuseppe D’Amico
“Cosa resta della vicenda umana, politica e familiare di Bettino Craxi nella mente della figlia Stefania? Lei non ha dubbi e così ha risposto alla domanda rivoltale da Angelo Raffaele Marmo al termine dell’intervista di presentazione del libro “All’ombra della storia” presso la sala cultura della Banca Monte Pruno a Sant’Arsenio: “Rimane il senso di una profonda ingiustizia con l’angoscia che la storia non sia stata scritta bene”.
Va precisato subito: attualmente Stefania Craxi è presidente della Commissione Esteri e Difesa del Senato, ma non si è parlato della politica di oggi bensì dell’intreccio tra la politica degli ultimi 30 anni del secolo scorso, di memoria e memoria e affetti. Tutto, quindi, sull’onda dei ricordi e delle emozioni, analizzando avvenimenti dei quali è stata testimone.

Rispondendo alle domande precise e puntuali di Raffaele Marmo, Condirettore del Quotidiano Nazionale, Stefania Craxi ha proposto un viaggio personale e intimo ripercorrendo la propria vita tra legami familiari e grandi eventi che hanno segnato l’Italia: dagli anni dell’euforia politica ed economica di fine ‘900 alla vicenda Sigonella per finire al dramma di Tangentopoli e all’esilio in Tunisia, offrendo una prospettiva privilegiata e toccante su un’epoca che continua a interrogare il presente. “La mia prima vita –ha affermato – non contemplava il palcoscenico, ma piuttosto il dietro le quinte. Nessuno ci chiede cosa vogliamo: la volontà si scontra con il senso del dovere. È questo l’insegnamento che ho tratto vivendo all’ombra della Storia. Non ne ho fatto parte in prima persona, ma ne sono stata testimone, mio malgrado perché anche quando mio padre era a casa la Politica era una “signora” che si sedeva a tavola con noi. Non ho mai celebrato il mio compleanno in famiglia e per farlo insieme a mio padre dovevo raggiungerlo là dove, in Italia o all’estero, era impegnato”.
Non potevano mancare domande sul caso Moro e sui rapporti con il PCI di Berlinguer: “ Sul caso Moro sono state scritte molte inesattezze: DC e PCI sposarono la linea della fermezza; Craxi era convinto della possibilità di poter trattare come del resto è stato fatto per altre situazioni successive. Si è detto che la sua posizione fosse dettata da convenienza politica ma niente di tutto questo: voleva solo salvare un uomo. Un fatto è certo: ancora oggi la verità non la conosciamo”.
I rapporti con il PCI e Berlinguer? “Craxi era un anticomunista della ragione, diventato tale dopo i fatti del 1956 in Ungheria. Lui era un riformatore e il processo di socialdemocrazia al quale lavorava fu bloccato dalla caduta del muro di Berlino. Un grande errore Craxi lo commise quando portò i comunisti italiani nell’Internazionale Socialista perché fu tradito dal PCI”.
Altro elemento di analisi è stata la vicenda di Sigonella nell’ottobre del 1985 quando il leader socialista era presidente del Consiglio: “Anche in questo caso sono state scritte molte inesattezze perché l’azione di Craxi non era una sfida agli Stati Uniti ma voleva soltanto fosse rispettato il diritto internazionale. E Regan lo capì benissimo al punto che l’Italia entrò nel G/7 grazie all’appoggio del presidente USA”.
Tra i meriti di Craxi vanno ricordati gli aiuti concessi a quei paesi dove si lottava per la libertà, in Europa (Spagna e non solo) e in altre parti del mondo (Cile). Senza dimenticare che fu lui a convincere il leader palestinese Yasser Arafat ad abbandonare la lotta armata “che non porta da nessuna parte. E questo vale anche oggi”.
Molto triste la vicenda di Tangentopoli che portò ad uno scontro tra il potere della finanza e i partiti con conseguente privatizzazione dei beni dello Stato; su queste vicende ebbero un ruolo importante i quattro maggiori quotidiani (Corriere, Repubblica e Stampa, con l’aggiunta de l’Unità).
I rapporti con Berlusconi? “Era un amico di famiglia e Craxi capì che le televisioni private avrebbero portato dei cambiamenti nel campo dell’informazione e, quindi, della politica. Berlusconi, però, non ha avuto nei confronti di Craxi quel coraggio che Craxi ebbe nei confronti di Berlusconi”.
Alla domanda su Hammamet, dove Craxi è morto 25 anni fa, il volto di Stefania Craxi non nasconde emozione e delusione perché molti si dimenticarono di lui. Ne parla al presente a dimostrazione del fatto che la vicenda è ben presente nella sua mente: “Quando Craxi muore ricevo la telefonata di Minniti, principale collaboratore del primo ministro Massimo D’Alema che proponeva funerali di Stato. No, grazie; perché a Craxi non è stato consentito di curarsi in Italia da uomo libero. Non a caso, Craxi volle che sulla tomba fosse incisa la frase “La mia libertà equivale alla mia vita”. Sono trascorsi troppi anni ma nessuna commissione di inchiesta è stata decisa su Tangentopoli e su Craxi”.
Le parole intrise di commozione di Stefania Craxi spiegano un passato che non passa e questo spiega perché “rimane il senso di una profonda ingiustizia con l’angoscia che la storia non sia stata scritta bene”.
All’inizio dell’incontro sono intervenuti per un breve indirizzo di saluto i presidenti della Fondazione e del Circolo Monte Pruno, Michele Albanese e Aldo Rescinito, sostenendo che “questa iniziativa non ha alcuno scopo politico. L’argomento della memoria e della riconoscenza è un tema molto sentito, che ritroviamo fortemente nelle pagine del volume scritto da Stefania Craxi. Riteniamo che offrire uno spazio di dialogo e riflessione significa rendere un servizio alla comunità, mantenendo vivi i valori della storia e del ricordo, che sono patrimonio comune e radici di identità per le nuove generazioni”.
In margine al convegno va evidenziata la notizia che Stefania Craxi prima di raggiungere la sede del convegno si è recata presso il cimitero di San Pietro al Tanagro accompagnata dall’assessora Elena Fiordispina, per rendere omaggio al Sen. Enrico Quaranta che di Bettino Craxi fu compagno di partito e, soprattutto Amico. Proprio su richiesta del Sen. Quaranta nel dicembre del 1981 Bettino Craxi riunì nella Certosa di Padula la direzione nazionale del PSI.















