Di Giuseppe Geppino D’Amico
Da trent’anni con la manifestazione “Alla tavola della principessa Costanza” Teggiano ricorda e celebra, dall’11 al 13 agosto, l’arrivo nella “Diano” medievale di Costanza da Montefeltro (figlia del duca di Urbino), sposa di Antonello Sanseverino, principe di Salerno, signore di Diano e dell’omonimo feudo che comprendeva i casali di Sassano, Monte San Giacomo, San Rufo, San Pietro e Sant’Arsenio. Una festa particolarmente costosa come tutte quelle organizzate dal principe.
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Un volume superstite del disperso archivio dei Sanseverino di Marsico, scritto in volgare, custodito a Napoli nell’Archivio di Stato, fornisce un quadro parziale ma importante delle rendite di Antonello Sanseverino, per lo più in natura, percepite a diverso titolo dal principe, e delle spese sostenute. Antonello non trascurava le occasioni per manifestare la sua autorità di capo della Casa ed esponente di maggiore rilievo della feudalità ponendo ogni cura per la più felice conclusione delle feste organizzate nelle sue residenze. Così il 29 maggio del 1485 a Salerno, in una fastosa cerimonia alla quale era stata invitata anche la famiglia reale, veniva festeggiato il battesimo del conte di Marsico, Roberto II, primogenito di Antonello e di Costanza, nato il primo giorno di quel mese.
A Diano, se la principessa Costanza era stata accolta magno cum gaudio e con una grande quanto costosa festa di popolo, non mano sfarzoso fu, nel 1484, il matrimonio della sorella del principe, Giovanna Sanseverino (soprannominata madama Ilaria), da poco vedova di Ferrante d’Aragona (figlio naturale del re di Napoli, Ferdinando I d’Aragona, che aveva sposato nel 1480). In seconde nozze Madama Ilaria sposa Luise Gesualdo, conte di Conza. Il numero dei convitati fu talmente elevato da richiedere il consumo di una enorme quantità di prodotti alimentari.
Per far fronte alle ingenti spese Antonello, che aveva voluto il matrimonio della sorella per motivi politici, impose alla città di Diano e agli altri paesi del feudo una tassa speciale, detta del maritagio. Dal Liber rationum del principe, custodito nell’Archivio di Napoli, apprendiamo che furono acquistati moltissimi animali bovini e caprini, notevoli quantità di caciocavalli del Vallo, farina per il pane e pezze di cacio. Dall’erario di Polla si rileva che per la festa de madama Ilaria furono inviati a Diano: 2 cantaia di caciocavalli (equivalenti a 180 Kg), 125 tomoli di farina, 65 pezze di cacio e 333 tomoli di orzo per i cavalli dei partecipanti alla festa. Ancora: crapecti L, galline L, peczuni (piccioni) et pollastri LXXVII, ova M, et per thomola XXIII scolle de penne per li cossini(cuscini) dela contessa …, mandate in Diano, oncia 1, tarì 25 e grana 15. Altri tomoli di orzo inviava a Diano l’erario di Atena spendeva più di 3 once “per l’acquisto di anatre, pullastre et altre cose menute”.
Non mancarono le spese per acquisti di generi di vestiario “per uso della casa” e per dotare di abiti eleganti le dame invitate allo sfarzoso ricevimento. Giovanna fece arrivare a Diano da Salerno e da Napoli un grande assortimento di stoffe preziose acquistate da mercanti nostrani e forestieri: stoffe in “tela de Lando” e “de Cambraya”, “de Londres”, “de Verronese”, “taffectà” ed altro. Inoltre, il principe aveva dovuto provvedere pure per la dote, che era stata in deposito presso il mercante-banchiere Battista Pandolfino. La somma necessaria per la festa fu imposta dal principe agli abitanti delle sue terre. La storia, però, è piena di capovolgimenti. Fu così anche per Antonello Sanseverino che dopo il fallimento della “congiura dei baroni”, ordita nel 1485 proprio a Diano contro il re Aragonese, riuscì a fuggire in Francia per ritornare dopo qualche anno insieme a Carlo VIII ed al suo esercito. Nel frattempo, mentre Antonello era in Francia, era stato disposto il recupero di parte delle spese sostenute per “per lo maritagio de la contessa de Consa” Madama Ilaria. L’erario dei Sanseverino aveva ricevuto dall’Università di San Giorgio(l’odierna Castel San Giorgio)3 once e 20 tarì. Il 16 ottobre 1487, quando ormai era tramontato l’astro di Antonello, la Regia Camera della Sommaria ordinava al capitano del Cilento di rimborsare ad alcuni feudatari le somme da loro versate in occasione dello sfarzoso matrimonio di Madama Ilaria.
Rientrato nel regno dopo una periodo di tregua, nel 1497 Antonello torna a tramare contro il nuovo re Federico d’Aragona. Il castello di Diano fu assediato dal re Ferdinando, venuto nel Vallo di Diano con un esercito di 20.000 soldati. Il 17 dicembre del 1497 dopo una eroica resistenza Antonello è costretto a capitolare con onorevoli condizioni e si ritira a Senigallia, ospite del duca di Urbino, fratello di Costanza. L’odio nei confronti degli Aragonesi non si attenua per cui convince il re di Francia, Luigi XII, ad invadere il regno di Napoli con l’appoggio di Ferdinando il Cattolico. Gli Aragonesi vengono cacciati dal regno ma Antonello non riesce ad assaporare la rivincita: mentre si sta disponendo la restituzione dei beni che gli erano stati sottratti nel 1504, il principe di Salerno si spegne esule e povero in Senigallia. Fin qui la vicenda di Antonello Sanseverino.
Concludiamo con i versi che, al momento di lasciare Diano dopo l’assedio, Antonello incise con la punta della spada sopra lo scudo con le insegne di famiglia: “Il color di mia speranza – non è verde come fu. E l’antica mia possanza – conosciuta non è più. Ahi che dire ben mi lice // poco dura il gioir dell’infelice”. Questo l’amaro sfogo del principe. Come scriveva nel I secolo a.C. Marco Terenzio Varrone nel proemio al De Rustica, “Sic transit gloria mundi”.