Di Giuseppe Geppino D’Amico
L’ultimo Con-tatto del 2024, ci ritroveremo a gennaio, è dedicato alle feste e agli auguri per un sereno Natale e un prospero anno nuovo. Ogni paese ha le sue tradizioni e i suoi riti a cominciare dalla scelta tra la magia del presepe al fascino dell’albero di Natale senza dimenticare Babbo Natale. Per Luciano De Crescenzo “la suddivisione tra quelli a cui piace l’albero di Natale e quelli a cui piace il presepe, tra alberisti e presepisti, è tanto importante che dovrebbe comparire sui documenti di identità. Il primo tiene in gran conto la Forma, il Denaro e il Potere; il secondo invece pone ai primi posti l’Amore e la Poesia. Tra le due categorie non ci può essere colloquio, uno parla e l’altro non capisce. Quelli a cui piace l’albero di Natale sono solo dei consumisti. Il presepista invece, bravo o non bravo, diventa creatore e il suo Vangelo è “Natale in casa Cupiello”, il capolavoro di Eduardo De Filippo.
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Quest’anno, però, Babbo Natale ha portato agli Italiani il nuovo Codice della strada che presenta non poche sorprese. Il testo del nuovo Codice detta le nuove regole di circolazione stradale. Tolleranza zero su chi guida in stato d’ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti e la sanzione scatterà subito. A questo punto sorge spontanea una domanda: che fare soprattutto nel periodo delle festività di fine anno quando, è notorio, si alza maggiormente il gomito? La risposta è semplice è: evitare di bere alcolici. C’è, però, una soluzione che viene dai Paesi anglosassoni dove è in atto una rivoluzione silenziosa durante incontri a pranzo o a cena. Sempre più persone abbracciano uno stile di vita “sober-ish”, semi astemio; riducendo drasticamente il consumo di alcol. Si tratta di un fenomeno sociale che nasce da motivazioni precise: le nuove ricerche mediche hanno definitivamente sfatato che il mio del bicchiere di vino quotidiano sia salutare. Oggi anche quantità moderate di alcol fanno aumentare i rischi di malattie serie. E così cambiano anche le dinamiche sociali. Si esce prima, si chiacchiera di più, ci si confronta con maggiore lucidità. Questo è il consiglio degli esperti che ognuno è libero di seguire o disattendere.
Ma nel Vallo di Diano come ci si avvicinava al Natale? L’argomento è stato studiato dall’antropologo Antonio Tortorella che ne ha parlato nel libro “A l’us anìcu. Le tradizioni nel Vallo di Diano”, pubblicato dalla Comunità Montana del Vallo di Diano nel 1982.
A Padula la sera della vigilia di Natale si recitava in ogni famiglia il Rosario, inginocchiati davanti al “ceppone”, il grosso pezzo di legno che si era conservato per questa ricorrenza, guidati nella preghiera dal capofamiglia. Nella parrocchia a mezzanotte, e poi il giorno di Natale alla messa di mezzogiorno, si “buttava” la stella, una grossa sagoma di legno con ceri accesi (poi sostituiti con lampadine elettriche) fatta scorrere per mezzo di una carrucola lungo una corda che va dall’organo alla grotta della Natività, preparata in fondo alla navata sinistra della Chiesa.
A Sala Consilina il lancio della stella si faceva al Santuario di San Michele. In tale occasione, come in tutto il periodo natalizio, si cantava in rigoroso dialetto salese l’incontro della Madonna con la zingara che cominciava così: “Ddiu ti salvi, bbèlla Signùra, // e fazza ri ti bbòna vindùra // – Ben trovata Sorella mia, // tièni la facci ri la bbundà//.
La recita del Rosario sul “ceppone” era consuetudine anche di San Rufo e Sassano, dove presso alcune famiglie venivano pure letti passi delle Sacre Scritture.
A Padula e in altri paesi si usava decorare l’albero, un grosso ramo di ulivo, con frutta (arance, mandarini e mele), cioccolatini, caramelle, torroncini, che erano acquistati poco alla volta, coi piccoli risparmi, dai ragazzi e venivano poi consumati durante le feste: una versione tutta mediterranea della nordica tradizione natalizia.
A San Pietro la vigilia si annunziava con scoppi fragorosi, animati in particolare dai ragazzi che adoperavano, oltre ai mortaretti, i maschètti, ingegnosi giocattoli di acciaio con una lunga impugnatura di legno, che esplodevano percossi sugli scalini delle abitazioni e agli angoli delle strade. I fidanzati si recavano a sparare colpi di fucile sotto le finestre delle promesse spose.
A Monte San Giacomo di buon mattino si celebrava la novena di Natale e i giovani del luogo, a ricordo della luce apparsa nella notte di Betlemme, usavano illuminare la piazza cittadina con grandi fiaccole di “mazzuoccoli” pazientemente raccolti sui monti.
A Casalbuono si metteva al fuoco un ceppo tanto grande in grado di durare per tutte le feste. La cenere veniva raccolta e si depositava nei campi seminati a grano, per purificarli e assicurarsi un buon raccolto.
A San Pietro ugualmente il ceppo di Natale, spento, veniva portato sui campi, per preservarli dalla tempesta.
A Sassano la sera della vigilia dell’Epifania, si accendevano ceri sui davanzali delle finestre e sui balconi.
Dopo questa rapida carrellata sulle tradizioni del passato, torniamo al presente per proporvi gli auguri del nostro Vescovo, Padre Antonio De Luca (GUARDA IL NOSTRO VIDEO). Agli auguri di Padre Antonio De Luca aggiungiamo quelli della redazione di Vallopiù a quanti ci seguono e, in particolare, alla redazione e allo staff tecnico di 105 TV che ci ospitano. Auguri per un sereno Natale ed un prospero anno 2025.